Intervista a Marco Dellino, il "compagno di merende di Rossi"

Intervista a Marco Dellino, il "compagno di merende di Rossi"
E' stato pilota ufficiale Cagiva Lucky Explorer nel 1994 – 1996 e parte del 1997, partecipando allo sviluppo della Mito EV oltre ad avere avuto come compagno di team Valentino Rossi
27 novembre 2014

Marco Dellino è stato pilota ufficiale Cagiva Lucky Explorer nel 1994-1996 e parte del 1997, partecipando allo sviluppo della Mito EV e dei suoi componenti speciali, oltre ad avere avuto come compagno di team Valentino Rossi.


Dopo questa breve introduzione, in una piovosa giornata di Novembre, provo a contattare Marco telefonicamente. Sono agitato, ma preparato mentalmente, perché i piloti sono generalmente “gente strana”… Non mi risponde, riproverò. Dopo cena, mi squilla il telefono, ed è lui, Marco Dellino! A differenza di altri piloti da me intervistati in passato, Marco è “uno di noi”, un caloroso e solare ragazzo di Bari che, a fine intervista (ve lo giuro!) mi ha invitato a bere qualcosa con lui a casa sua, per farmi vedere le tute Cagiva Lucky Explorer e altri cimeli del tempo.
 


Chi era Marco Dellino pilota?
«Ho iniziato per caso, una storia veramente da film. Avevo una Honda NSR-F 125 (modello con cerchi arancioni) ed un giorno andai a Bari, sul circuito di Binetto (dove si svolgeva il prestigiosissimo Trofeo Inverno) e con la mia Honda ben figurai in una giornata di prove libere. Non ci capivo niente di moto, sapevo dare solo il gas. Fortuna vuole che quel giorno c’era un ragazzo che mi vide e mi disse, in sintesi, che avevo talento e che ero sprecato per strada e così… dopo poco mi trovai pronto a partecipare al campionato Sport Production con un’ Aprilia RS 125 Extrema».


Dellino si presenta quindi al via con una RS 125 Extrema preparata, all’altezza dei rivali?
«Preparata!? Ho un’impresa edile, non sapevo e non so nemmeno smontare una vite della moto. Il giovedì sera con mio fratello Paolo pulivamo il furgone dalla polvere e dai residui del lavoro, caricavamo la moto e partivamo alla volta delle gare. Stop. La moto era quella del concessionario, avevo solo verniciato i parafanghi fluo come usava fare Biaggi all’epoca. Sta di fatto che con quella moto, senza mai cambiare nulla (mentre tutti gli altri piloti erano sempre lì dietro a getti, spilli, alza o abbassa..) ben figurai, tanto che Guidotti di Aprilia si accorse di me e mi fornì materiale “ufficiale” Aprilia, così che nel Vallelunga “corto” (il Colosseo lo chiamavamo) arrivai terzo nella prova dell’italiano; mentre vinsi quella a Binetto. Non capivo assolutamente nulla di moto, diciamo che avevo solo del talento. Pensa che un giorno Stefano Bungaro provò la mia moto; tornò ai box e mi disse: “Ma come fai a guidare così!? La moto non sta dritta nemmeno sul rettilineo…».
 


Perché sei passato alla Cagiva, Team Lucky Explorer?
«Le Mito ufficiali sono sempre state molto competitive. Mi era stato proposto un contratto direttamente da Lusuardi (e moglie) in persona, mi ero messo in luce ed è stata proprio la Cagiva a volermi. Ero aggressivo, un gran cascatore ma anche una bella manetta, così firmai il contratto, ma chiesi espressamente, anche se non era previsto, di poter partecipare al Trofeo Inverno a Bari. Vedi, al tempo il Trofeo Inverno riempiva non solo la griglia di Binetto, ma anche la tribuna intera!».
 

Come ti sei trovato nel Cagiva Lucky Explorer Team?
«Ero un pilota professionista a tutti gli effetti, così come i miei compagni. Tuta realizzata su misura da Dainese con il nostro nome cucito sopra, tecnici che ti assistono e ti aiutano a sviluppare il mezzo. Insomma, era l’ambiente giusto in cui crescere, solo PANE e MOTORI. Nell’entourage Cagiva esisteva solo la Mito e “vincere”, nient’altro. Al primo test invernale provai la moto (tre cadute volanti ed un Lusuardi che mi disse: “Le carene non te le sostituisco più, piuttosto ripasso il logo Lucky Explorer con il pennarello!”.). Come tornavo ai box avevo tre tecnici che lavoravano per me, mi chiedevano come mi trovavo sulla moto, il mio feeling, le sospensioni, il motore. In pochi mesi ero cresciuto tantissimo, o meglio lo eravamo, io ed i miei compagni/avversari!»


Qui si potrebbe aprire una pagina infinita… i tuoi compagni /avversari dopo pochi anni li abbiamo ritrovati nella griglia del motomondiale e per alcuni, il loro nome continua ancora ad essere cucito sulle loro tute, dopo oltre 20 anni da quella Sport Production 1994.
«Hai detto bene. Il nostro non era il Campionato Italiano 125 Sport Production, ma piuttosto era come un vero e proprio mondiale! I primi 10 piloti erano dei mostri da bravura. In quel periodo il gas non lo chiudeva nessuno! Da Paolo Tessari, a Borsoi, Rossi, Cruciani e tanti altri. Ci giocavamo la vittoria sul filo dei centesimi e poi, attenzione, tutti a mangiare insieme. Il clima della Sport Production era professionale fino al midollo, ma noi eravamo ragazzini e quindi facevamo merenda insieme, giocavamo a calcio nel paddock insieme e poi in pista ci legnavamo di brutto. Sono rimasto amico con tutti, anche con Valentino, con il suo babbo Graziano (un fenomeno!), con Paolo (Tessari). A Paolo feci un’entrata da macellaio al Mugello, lo presi in pieno, tanto che la mia Mito fu demolita completamente. Tutti e due finimmo in mezzo alla ghiaia e ancora oggi, dopo anni quando ci risentiamo ci ridiamo sopra… “Ma non potevi aspettare a sorpassarmi!? Secondo me ci stavo…” e via dicendo…».
 


Chiuso il 1994 vieni proiettato direttamente nel Team Italia, per la stagione 1995. Moto da Gran Premio e tanta esperienza alle spalle…
«Sì, però il pacchetto non ha funzionato, per lo meno con me. Avevamo piccoli – grandi problemi e non sono mai stato in grado di esprimermi al meglio. Infatti per il 1996, ho chiamato Claudio Lusuardi e gli ho chiesto di poter tornare nel Cagiva Lucky Explorer Team in 125 Sport Production; il clima familiare di casa Cagiva era il meglio per me. Ho corso parte del Campionato SP del 1997, fino a quando, in una Domenica di settembre mio padre se ne andò lasciandomi con un grande vuoto dentro. Lui era tutto per me, se sono diventato quello che sono ora (nella vita e anche come pilota) è solamente merito suo. Così, in accordo con Claudio, non terminai la stagione 1997 e chiusi definitivamente con le corse. Sono riapparso fugacemente in qualche occasione, grazie a Ninetto che, sempre in ambito familiare, ha voluto fortemente che provassi le sue moto e quindi, qualche garetta l’ho rifatta, ma il Dellino pilota ha smesso di respirare l’odore della pista tanti anni fa».
 


Mi hai citato il clima “familiare” di casa Cagiva… chi era per te Claudio Lusuardi!?
«Claudio e sua moglie, erano tutto. Pensavano all’abbigliamento, al merchandising, alle moto, a preparare il pilota (io mi allenavo tutti i giorni, ripeto il nostro obiettivo era vincere) e a far crescere la persona anche fuori dal circuito. Come ti avevo detto, volevo fortemente partecipare al Trofeo Inverno di Binetto, anche se a contratto non era facile da realizzare. Claudio sapeva di questa mia passione, così mi spedì direttamente la mia Cagiva Mito ufficiale Lucky Explorer con un corriere a casa mia a Bari. Chiamai il mio amico Antonio e in due partimmo alla volta di Binetto, dove vinsi, senza nemmeno aver toccato una vite della moto. La vittoria la dedicai a Claudio Lusuardi».


C’è un avversario o un pilota che ti ha impressionato più di altri?
«Guarda, mi fai tornare in mente tanti di quei ricordi che non vorrei mai mettere giù il telefono. Noi del Team Lucky Explorer 125 Under 21 andavamo a vedere gli Over 21 (Battaini, Guareschi, Carnevale…) e facevano letteralmente paura! Noi non eravamo da meno, ma con il casco chiuso non mi spaventava niente, nemmeno volare per aria per irruenza o aggressività (il mio stile di guida). Per esempio ricordo bene le varianti di Monza fatte dal Guareschi con l’Aprilia tutta di traverso, un vero spettacolo! O Battaini, anche lui uno che viveva di pane e moto! Eravamo tutti dei piloti forti, mi ripeto, a livello di qualità di piloti e team, non sembrava un campionato italiano, ma piuttosto un campionato del mondo. Mi piacerebbe risentire tutti i ragazzi di allora per scoprire come è passato il tempo per loro e che cosa ricordano. Fino ad ora, grazie anche a te e ai tuoi articoli, nessuno mi aveva cercato e pochi a Bari conoscono il mio passato da pilota. Vedrai che come ti ho chiamato io, ti chiameranno anche altri».
 


Dopo un’ora e 25 minuti siamo passati ai saluti. Marco è una persona splendida, solare che ricorda con dettagli impressionati (i tempi per centesimi che realizzavano al Mugello o Misano, 20 anni fa con le Michelin TX giravano in 2:14 basso al Mugello!!!) quello che è stata la sua vita da pilota. Un passato che gli ha dato tanto e che assolutamente non vuole dimenticare, tanto da custodire gelosamente i caschi e i cimeli di allora.


Prima abbiamo accennato all’episodio del Mugello tra Marco e Paolo Tessari. Dopo l’impatto, il casco AGV di Dellino che svolse egregiamente il suo compito, attutendo e riducendo l’impatto a terra, venne esposto al salone del Ciclo e Motociclo di Milano di quell’anno, come prova di “tenuta del prodotto” dopo un crash test. Il crash test, fu quello di Marco!

Michele Prontelli - “Ceppa”
In collaborazione con 125stradali.com

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