Campioni del Mondo ITV. Bajas World Cup. Alex Zanotti

Campioni del Mondo ITV. Bajas World Cup. Alex Zanotti
Piero Batini
  • di Piero Batini
Oltre il Cross-Country Rally, le Baja. Nate nel deserto Californiano e rese popolari in “occidente” dalla Baja Aragon. Tradotte in Coppa del Mondo, hanno premiato due italiani, Alessandro Ruoso e Alex Zanotti | P. Batini
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25 novembre 2013

Punti chiave


Cominciamo dagli “anziani”. Alex Zanotti. La Coppa del Mondo Baja 2013 ha percorso una stagione di sei gare, in Italia, Romania, Spagna, Ungheria, Marocco e Portogallo. Incentrato sulla popolarità della Baja Espana Aragon, la “classica” spagnola che attira concorrenti da tutto il Mondo, il Campionato ha “tirato dentro” anche altre gare già molto conosciute, come l’Italian Baja di Pordenone e la Baja Portoalegre portoghese, ed altre affacciatesi nell’area delle competizioni titolate per accrescere la loro fama. In un caso, la Baja du Maroc, si tratta di una versione “embedded” nel Rally del Marocco, già Mondiale Cross-Country Rally, organizzato da NPO. Divisa dalla FIM in due classi, fino a 450 e Over, la Coppa del Mondo è stata assegnata nel 2013 a due italiani, rispettivamente Alessandro Ruoso e Alex Zanotti (al secondo successo iridato). Ruoso ha vinto a Pordenone e in Marocco, Zanotti in Ungheria. Le altre gare sono state vinte da Stephane Peterhansel (Romania), Joan Barreda (Spagna) e, a giochi ormai fatti, Joao Vivas (Portogallo).
Ed ecco a voi… Alex Zanotti, vincitore della Coppa del Mondo Baja per la categoria Over 450!


Parliamo un po’ della disciplina, intanto. Come la definiresti?
«Diciamo che le Baja sono le gare che più si avvicinano alla tipologia dei Rally su larga scala. Sono gare più corte, due giorni, e l’elemento preponderante è la velocità. Non la navigazione, le piste delle Baja sono tutte completamente segnate, compresi i punti di pericolo. L’attenzione è concentrata sulla guida e non sulla navigazione. Il presupposto fondamentale è che devi pensare solo, come diciamo noi, a dare il gas, e le medie di velocità sono sempre molto elevate. Meno tecnica, come nell’Enduro, e molto “pelo sullo stomaco”. Sono gare abbastanza rischiose. Anche la Dakar, negli ultimi anni, è sempre più veloce. Una volta la navigazione era importantissima, i distacchi potevano diventare abissali per un errore di navigazione, oggi sono ridotti e possono essere limitati a uno o due minuti soltanto».


L’anno scorso hai vinto la Coppa del Mondo per la prima volta, nella categoria 450, quest’anno il bis nella Over. Eri molto emozionato un anno fa, lo sei ancora?
«Diciamo che lo scorso anno è stato molto emozionante perché era la prima volta che mi capitava, e poi perché l’intero Campionato era stato molto combattuto tra me e David Casteu. Un avversario molto forte. Quest’anno mi sono trovato nella situazione che il Titolo potevo perderlo o vincerlo solo io, un mio errore poteva vanificare tutto. Pensavo di essere un po’ più sicuro, tranquillo, meno soggetto all’emozione. Invece, quando ho tagliato il traguardo in Marocco vincendo ancora il mondiale, l’emozione è stata nuovamente molto forte. Ti rendi conto che hai vinto, ti ricordi dei sacrifici, dei tuoi e della gente che ti ha aiutato. No, non ci si abitua. Sono emozioni alle quali, fortunatamente, non ci si abitua».

Ti rendi conto che hai vinto, ti ricordi dei sacrifici, dei tuoi e della gente che ti ha aiutato. No, non ci si abitua. Sono emozioni alle quali, fortunatamente, non ci si abitua


“La gente che ti ha aiutato”. Chi è?
«Metto davanti a tutti la famiglia. Mia moglie e i miei figli, perché comunque tutto il poco tempo libero che ho a disposizione lo impiego negli allenamenti e nelle corse. Va da sé che la famiglia ne risente, la privo di una parte di attenzione che concentro sul mio sport. Diciamo che un po’, credo, ne soffrano. Poi ci sono i miei genitori, il mio babbo, che è un grandissimo appassionato, la mia mamma. Quest’anno mia madre, che non mi ha mai seguito alle gare, ha iniziato a venire con me. Anche loro hanno fatto i loro sacrifici per venirmi dietro.
Un grande aiuto l’ho avuto dalla Federazione Motociclistica Sanmarinese, e un enorme grazie deve andare alla TM. A tutti, dal meccanico, il “Biondo”, alla proprietà. Ho corso per Aprilia, marginalmente ufficiale perché era un Team privato, adesso corro per una Casa costruttrice e devo dire che in TM si respira una passione fuori dal comune. La famiglia Serafini è talmente coinvolta e coinvolgente che ti tratta come un figlio. Prima di vedere degli imprenditori incontri gli appassionati. In Azienda fino alle dieci di sera a preparare qualcosa per me. La loro spinta è stata fondamentale, e la fiducia che mi hanno accordato un orgoglio. Dalla fiducia reciproca è nata la moto da Rally, con la quale farò la Dakar.
Poi c’è Gaetano De Filippo. È un amico, un compagno di Squadra e anche uno sponsor di TM. È entrato a far parte della famiglia e faremo insieme, finalmente, anche la Dakar».


Dalla Baja alla Dakar prossima ventura. In che modo ti sei organizzato?
«TM mi è venuta in aiuto. Hanno deciso di fare un grosso investimento per realizzare la moto. Adesso è industrializzata, già a disposizione dei clienti. Questo significa lavoro e investimenti giganteschi, stampi, serbatoi in plastica, dotazioni, e la volontà di affrontare un percorso molto impegnativo. TM è una Casa che non parte subito in quarta. Stiamo facendo piccoli passi, uno alla volta. Per quest’anno abbiamo noleggiato una parte di camion per l’assistenza, avrò a disposizione un tecnico motorista. Piccoli passi, il progetto e il sogno è quello di avere alla Dakar 2015 una struttura tutta nostra. Ufficiali con misura. Una Casa come TM non può non avere un reparto corse, e sono gli unici che sono impegnati in tutti i settori del Fuoristrada. Non potremo mai pensare di andare “giù” ai livelli di Honda o di KTM, non ci possiamo permettere un mese di test in California o in Marocco, ma vogliamo fare tutto bene, un passetto alla volta. Essere realisti e moderati, ma con la determinazione ad esserci senza lasciare nulla al caso».


Quale è stata la più bella Baja di quest’anno?
«La più bella delle Baja di quest’anno. Diciamo che io amo molto il veloce, e quest’anno le gare sono state in generale più tecniche e più lente. Le uniche veramente veloci sono state Pordenone e l’Ungheria. Mi sono piaciute tutte e due, ma ho vinto l’Hungarian Baja, quindi ammetto che è quella che mi è piaciuta di più».


E il Marocco? Un contesto atipico…
«La Baja in Marocco è caratterizzata da un contesto completamente diverso, più “rallistico”. Durante la Baja del Marocco ho avuto anche un problema, un inconveniente tecnico. Subito, pronti via, ho tranciato i tubi di scarico contro una pietra, ho dovuto rallentare molto per non fermarmi ed ho sofferto. Dovevo arrivare, era in gioco il Campionato. Poi ho perso la balise. L’ho sentita volare via e sono tornato indietro a cercarla. 1200 euro di caparra. Dovevo tornare! Diciamo quindi, per sintetizzare, che mi è piaciuta molto di più la Baja in Marocco dello scorso anno. Devo dire che gli organizzatori del Marocco sono bravissimi, perché non è facile organizzare una Baja nel deserto».


E dopo la Dakar, già un programma?
«Il programma di massima sarà ancora imperniato sul Campionato Baja e sulla Dakar. Quest’ultimo è un progetto molto impegnativo. Di contorno faremo sicuramente anche i Motorally».

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