USA, te la do io la moto

USA, te la do io la moto
Parliamo degli Stati Uniti di America. Viaggi, business, supercross e super... girls. Tutto in chiave due ruote e tutto rigorosamente decorato a stelle e strisce. Ce ne parla Pietro Ambrosioni
11 dicembre 2013

Ciao a tutti e ben trovati. Facciamo un po’ di presentazioni: appassionato di moto da sempre e pilota “fallito”, mi sono trovato quasi per caso a fotografare il Mondiale di Motocross classe 500 nel 1989 proprio nel suo tempio principale, ovvero la Citadelle de Namur, in Belgio. Da quella volta, tra alti e bassi, fughe e ritorni al primo amore, non ho praticamente più smesso. 

Dal 2005 seguo il Supercross americano e dal 2008 mi sono trasferito negli USA
, prima a Los Angeles per un paio di anni e poi ad Atlanta, dove ho aperto il mio studio fotografico. Viaggio per gli States in lungo e in largo, in moto, in macchina e purtroppo anche in aereo (che odio e del quale ho ancora una paura atavica…) e non smetto mai di osservare, imparare e scattare foto. In queste mie righe vi parlerò dunque di viaggi, show, business, burocrazia e stranezze, tutto in chiave “due ruote” e tutto rigorosamente decorato a stelle e strisce

Quando si parla di moto negli USA vengono immediatamente in mente i grandi spazi, la Route 66, le Harley-Davidson e, almeno a me, il Supercross. Ma uno dei paradossi di questa enorme nazione, che copre un intero continente, è che nonostante i quasi 320 milioni di abitanti, le moto sono vendute in numeri quasi ridicoli.
La cifre diffuse dal MIC (Motorcycle Industry Council - in sostanza l’ANCMA americana) parlano chiaro: i veicoli venduti fino alla fine di settembre 2013 erano 328.000 circa, di cui poco più di 29.000 scooter. Ci sono poi altre 55.000 moto offroad e circa 165.000 ATV, ma vedete bene che i totali sono quantomeno sorprendenti. 

In moto a New York
In moto a New York


Osservando il mercato e l’ambiente delle moto in generale, si possono vedere due trend ben precisi: il primo è che le due ruote in America sono semplicemente un giocattolo, ovvero un mezzo con il quale divertirsi nel weekend o magari per una breve vacanza. Nonostante il traffico sempre più congestionato ed impossibile di città come New York, Chicago, Los Angeles o Miami, le moto e gli scooter non sono utilizzati per il cosiddetto “commuting” ovvero il tragitto da e per il lavoro.
Le motivazioni sono diverse, ma io, che la moto la uso il più possibile, ne individuo principalmente una.

La moto qui, per il codice della strada, è considerata alla stessa stregua di un’automobile. Solo in California si può passare tra le macchine in coda (quello che chiamano “lane splitting”), mentre in tutti gli altri stati le moto devono farsi la coda e basta. Non si può condividere la corsia, non si può superare anche se non si oltrepassa la linea mediana, pioggia o sole assassino che ti fa bollire il cervello sotto il casco si sta in coda e basta. Idem per i parcheggi, una moto occupa lo stesso spazio di un’automobile, paga lo stesso costo e non ci sono parcheggi dedicati o riservati alle moto. Addirittura le moto non sono ammesse nei silos  multipiano, con la scusa che sono più soggette delle auto a prendere fuoco (?). Personalmente, gli unici parcheggi dedicati a moto e scooter che ho visto in giro li ho trovati a Key West, in Florida.

La moto qui, per il codice della strada, è considerata alla stessa stregua di un’automobile. Solo in California si può passare tra le macchine in coda

L’altro trend, che secondo me è ancora più preoccupante, è legato all’età media dei motociclisti americani.
Quello che sto vedendo negli ultimi tre o quattro anni non mi fa sperare in niente di buono per l’industria: non ci sono giovani motociclisti, manca “carne fresca”.
Vado a circa 15 fiere di settore all’anno, la maggior parte delle quali sono motoraduni come il BMW MOA Rally o l’Americade e ormai l’età media dei partecipanti supera abbondantemente i 50 anni. Per un periodo ho creduto che la situazione fosse solo “l’onda lunga” della crisi economica del 2009 ma recentemente mi sono reso conto che le radici stanno altrove. Le Case, Honda e Kawasaki i  primis, hanno buttato fuori nuovi modelli relativamente interessanti ed economici per attirare i giovani e farli salire in moto. Manca ancora uno sforzo reale per dare agevolazioni finanziarie a chi non abbia cinque e seimila dollari da “buttare” in una moto, ma qualcosa si sta muovendo anche li.


Il vero problema, secondo me, è che la moto qui non è più “cool”.
I ragazzi guardano altrove, vogliono l’iPad e il MacBook Air, risparmiano per pagare le rate della Camaro e non gliene importa un accidente del Caballero di turno, come succedeva ai miei tempi.

La generazione di “On Any Sunday” o “Easy Rider” sta invecchiando tanto quanto le pellicole di quei bellissimi film, e con quella generazione se ne stanno andando anche tanti sogni a due ruote.
Spero di sbagliarmi!


Pietro Ambrosioni  

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