Suzuki Burgman 650: faccia a faccia con gli autori!

Suzuki Burgman 650: faccia a faccia con gli autori!
Edoardo Licciardello
  • di Edoardo Licciardello
In occasione della “prima” italiana del nuovo maxiscooter Suzuki abbiamo intervistato Akihiro Sudo e Yoshinori Kohinata, rispettivamente responsabile tecnico e designer di Burgman 650
  • Edoardo Licciardello
  • di Edoardo Licciardello
27 novembre 2012

 Non capita tutti i giorni di poter parlare vis-a-vis con due responsabili giapponesi. Responsabili di quelli veri: di quelli che nelle complicatissime gerarchie aziendali giapponesi hanno un titolo che potrebbe voler dire tante cose, ma la cui job description – il nostro più prosaico mansionario – è quello di definire vita, morte e miracoli di un modello. Capirete quindi un pochino di emozione anche se l’oggetto della nostra intervista, il Burgman, non è l’ultimissima maximoto ma una “semplice” ammiraglia fra gli scooter.

 

Quanto Suzuki creda nel suo Burgman di grossa cilindrata è evidente dal curriculum dei due – è Akihiro Sudo, responsabile tecnico del progetto, ad introdurre entrambi come si conviene all’etichetta nipponica. Sudo lavora in Suzuki dal 1990; inizialmente presso la divisione auto, passa alle moto nel 2007 e si occupa in prima persona di definire lo sviluppo di V-Strom 650 e 1000, VL1500 Intruder e naturalmente Burgman 650.

Yoshinori Kohinata invece entra in Suzuki nel 2004, direttamente nella divisione moto, e dopo essersi occupato del design di singoli dettagli viene incaricato nel 2008 del design di Hayabusa, Gladius e Burgman 650. Che, deduciamo dalla presenza di entrambi, è stato profondamente riprogettato prendendo a riferimento le esigenze di un mercato specifico.

 

«Burgman 650 è rimasto immutato molto a lungo» esordisce Sudo. «ma solo perché si tratta di un modello che consideriamo molto riuscito, con clienti fidelizzati che hanno riacquistato lo stesso scooter due o anche tre volte. E’ il motivo per cui non abbiamo ritenuto opportuno modificarlo molto profondamente: abbiamo ascoltato i nostri clienti – soprattutto italiani e francesi – e abbiamo semplicemente affinato alcuni dettagli. Il nostro Burgman era già molto vicino alla perfezione».

 

Lavorando su tre punti fermi per lo styling – coraggio, mascolinità ed eleganza lussuosa – Suzuki ha definito Burgman 650 da un punto di vista estetico, puntando ad evolvere le caratteristiche fondamentali della sua ammiraglia: doti dinamiche e protezione aerodinamica, per fare si che risulti gradevole nella guida ma anche capace di far lasciare a casa l’auto nell’impiego cittadino. E per quanto sia la nuova estetica a colpire maggiormente, anche dal punto di vista tecnico Burgman è cresciuto moltissimo – per questo vi rimandiamo al nostro articolo che ne presenta le migliorie.

La linea del Burgman 2013 in un elegante nero
La linea del Burgman 2013 in un elegante nero

 

La nuova trasmissione migliora l’aspetto più rivoluzionario del primo Burgman, ovvero la trasmissione automatica con possibilità di operare in modalità manuale. Una strada che di recente ha fatto proseliti, pur con schemi tecnici differenti. Viene da chiedere se l’essere stati pionieri abbia pagato oppure se sia servito solo ad aprire la strada ai concorrenti?

 

«Ha certamente pagato» risponde Sudo-san. «L’aver messo in strada una soluzione come il nostro cambio automatico ormai quasi 10 anni fa è servito a garantirci un vantaggio competitivo notevole, sia come percezione del pubblico che come esperienza interna dal punto di vista tecnico. Crediamo di essere ancora superiori alla concorrenza, sotto questo aspetto.»

 

Non è un caso che Suzuki spenda tante energie su un modello come Burgman che, Sudo-san ci tiene a sottolinearlo, nasce specificamente per un pubblico europeo che forse la Casa di Hamamatsu aveva trascurato nel recente passato. I maxiscooter sono vere e proprie ammiraglie, che nel futuro seguiranno tendenze ormai ben definite.

 

«Certamente. I maxi di grossa cilindrata diventeranno sempre più simili alle berline di lusso: più comodi, potenti e sicuri, e in grado di sostituire l’auto anche da un punto di vista del prestigio e nell’impiego extraurbano. Le piccole cilindrate, invece, dovranno competere con l’auto in altri contesti, principalmente quello urbano e diventare quindi mezzi di trasporto economici, semplici ed agili per vincere il traffico cittadino»

 

Questo ruolo di ammiraglie per le proposte della fascia top fa anche pensare che possa valere la pena caratterizzarli esteticamente con l’identità tipica dei mezzi di ciascuna casa?

 

«Al contrario» spiega Kohinata. «La famiglia Burgman ha un family feeling al suo interno fra le varie cilindrate, ma non richiami particolari ad altre moto Suzuki. Abbiamo invece preso ispirazione dal mondo auto, come avevamo fatto sulla versione precedente di Burgman – la distanza di dieci anni fra i due mostra chiaramente come siano cambiate le tendenze estetiche: il modello originario era più arrotondato e morbido, il nuovo è caratterizzato da linee più tese e spigolose, con tutti gli angoli calcolati accuratamente per dare un’immagine di armonia generale»

 

L’aver messo in strada il nostro cambio automatico 10 anni fa è servito a garantirci un vantaggio notevole. Crediamo di essere ancora superiori alla concorrenza, sotto questo aspetto

Partendo da un’indagine di mercato sulle nazioni di riferimento, Kohinata e il suo team hanno isolato il cliente tipo di Burgman – attorno ai 40 anni, ed amante degli oggetti di lusso. Dopodiché si è passato a definire tanti bozzetti (tutti caratterizzati da un concetto di base che Kohinata riassume in “Valiant and Elegant” – Valoroso ed elegante, ed ispirati alla seta per quanto riguarda la luminosità delle superfici) selezionati progressivamente fino ad arrivare a sceglierne uno solo. Che, come da indirizzo iniziale, ha dovuto soddisfare il non banale criterio di restare protettivo ed elegante pur uscendo sostanzialmente snellito e ridotto nei volumi.

 

Detto a parole sembra comunque semplice, ma ascoltando Kohinata-san descrivere il processo di definizione di molti dettagli di Burgman si ricava invece l’impressione che il lavoro che sta dietro sia decisamente più complesso. Forse anche più difficile della definizione estetica di una moto “vera”.

 

«Assolutamente si!» esclama il responsabile design di Burgman. «E posso anche quantificarvelo: è un lavoro sette volte più difficile. Ci sono tante componenti di propulsore e ciclistica inamovibili per loro stessa natura – lo schema tecnico di uno scooter impone molti più vincoli rispetto ad una moto. Tanto per fare un esempio, la GSX-R ha una carrozzeria composta da circa 50 elementi. Il numero di pannelli plastici che compone la carrozzeria di Burgman 650 è di oltre cento. Inoltre i pannelli devono innestarsi uno dentro l’altro con accoppiamenti perfetti, per non parlare di quando ci sono parti in movimento, come gli specchietti pieghevoli, o addirittura comandate da motorini elettrici, come il parabrezza. Motorini elettrici che naturalmente vanno nascosti…»

 

Una sfida così complessa però non fa che rendere maggiore la soddisfazione quando il lavoro riesce, concordano Sudo-san e Kohinata-san. Uno spunto di riflessione interessante per chi, quando vede mezzi come il Burgman 650, pensano che in fondo “si tratti solo di uno scooter...”

 

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