Partire da una destinazione - 1. Sebastiano Coco

Partire da una destinazione - 1. Sebastiano Coco
Antonio Privitera
  • di Antonio Privitera
Tre viaggiatori siciliani, tre storie diverse. Partiamo da Sebastiano Coco. E da sua moglie Vera Russo
  • Antonio Privitera
  • di Antonio Privitera
6 agosto 2018

Lo avrete capito, in redazione siamo in diversi ad essere innamorati della Sicilia. La Trinacria, terra meravigliosa, ricca di storia, di natura e di personaggi meravigliosi - fra cui, naturalmente, il nostro Antonio Privitera, che lì è nato e ci vive. Che qualche giorno fa vi ha suggerito tre itinerari per visitare la sua terra in moto, e che con questi tre pezzi - questo è solamente il primo, lo avrete ormai capito - ci parla di altrettanti personaggi che hanno fatto del viaggio in moto una vera arte. Naturalmente, con la Sicilia al centro. Iniziamo da Sebastiano Coco, cedendo naturalmente la parola ad Antonio, che ce li racconta come solo lui sa fare.

Sebastiano Coco, da Zafferana Etnea (Catania), è un motociclista di 60 anni che per anni ha semplicemente vissuto la sua vita. Rigore, doveri, progetti, successo. Poi, una domenica, si sveglia con tutto il peso per l'accidia dei giorni passati e la prospettiva dell'insipienza di quelli a venire:  prende la moto. 

Non c'è una felicità uguale per tutti, ma esiste per ognuno la possibilità di trovare la propria vita felice, di dare sollievo alla febbre che quella domenica spinge un signore di 57 anni dalla guida sempre prudente e accorta a quasi 200 all'ora fino a prendere una violenta imbarcata, uno schiaffo che se non lo sbatte a terra almeno gli suggerisce una terapia universale allo smarrimento: un orizzonte, e via la rabbia; uno sterrato percorso in una destinazione lontana e, eventualmente, basta pure col prozac. Presa la decisione di partire per il giro del mondo in moto, il più è fatto.

Tutto facile. Non proprio. Non è il primo viaggio, ma è certo quello più assurdo e impegnativo. Ci vogliono organizzazione, metodo, denaro – tanto denaro -, follia e supporto, per superare gli ostacoli che si parano ancora prima di fare il pieno alla moto stracarica dal benzinaio sotto casa. Poi, se parti dalla Sicilia, devi mettere in conto un altro ostacolo: dall'isola devi uscirne, e non è scontato; in fondo, i collegamenti sono progettati per entrare nella Trinacria, non per uscirne. La Sicilia non è il centro del mondo, è periferia, e se vuoi andare oltre devi subire orari e prezzi, distanze e compromessi, i perché e i percome del console che ti impone di andare di persona a Roma per rilasciarti un visto per la Russia, e non puoi dirgli di no, altrimenti non parti. Per molti viaggiatori siciliani sarebbe più comodo rimanere, del resto qui c'è tutto: sole, mare, montagna, clima mite. Questa di Sebastiano è una storia a lieto fine, ma sappiate che dopo quella domenica di tre anni fa  si licenzia, intasca la buonuscita e la impiega per stare in giro tre mesi sulla sua BMW R1200 GS; innesta la prima a Zafferana Etnea, attraversa la Turchia in pieno tentativo di colpo di Stato col patema di dovere abortire il viaggio proprio al suo prologo; passa in Iran, si ferma a Samarcanda, tocca la Mongolia, arriva in Corea traghettando dalla Russia, quindi si imbarca per l'Australia.

Poi torna: ha speso 25.000 euro principalmente in visti e spese burocratiche, è invecchiato, ha mandato foto alle sue figlie che lavorano e studiano a Milano; in Iran ha provocato un tamponamento a catena perché Vera voleva fumare una sigaretta a bordo strada, in Corea ha temuto di non rivedere più la moto quando l'ha dovuta affidare per l'imbarco ad uno spedizioniere, ha subìto le angherie delle forze dell'ordine asiatiche, ha fatto il finto scemo di fronte alla polizia australiana perché aveva ecceduto i limiti e non voleva finire in manette, passato notti in povere gastiniza, è rimasto affascinato dall'accoglienza degli iraniani e, quando è stato il momento, ha pianto. Se volete saperne di più: www.cocoontheroad.it.

“Il 99% della propria esistenza è sopravvivere”

“...l'amico, il caffè, il calcio” 

“A me neanche piace il calcio. Io giocavo a rugby, da ragazzo” 

“Alla fine ti ritrovi a vivere una monotonia straordinaria,” - bello l'ossimoro - “non cambia mai niente tranne quando ti fanno una multa perché passi col rosso”.

È un pomeriggio di luglio, Sebastiano mi accoglie a casa sua, ha fretta. Vuole completare il giro del mondo in moto e tra un paio di giorni parte per il Sud America; stavolta ha comprato un Transalp usato e l'ha spedito direttamente in Cile.

«Ho solo quarantacinque giorni per visitare Cile, Argentina, Perù».

Solo? Forse pensa che all'audacia e alla fortuna bisogna ogni tanto dare un mano. 

Mi siedo sulla terrazza che dalla sua villa si affaccia sul terreno coltivato a vite e olivo, più qualche albero da frutto, c'è fresco. 

Non lo so, manca qualcosa. Sebastiano mi accoglie informalmente, mi regala il suo secondo libro Nulla è meglio di esserci, Algra Editore. Lo sfoglio, e gli dico che per la seconda edizione deve assolutamente fare una correzione alla foto in copertina, dove lui e la sua moto sono a Samarcanda, ma lui è in sella col cavalletto laterale abbassato. Sarebbe meglio senza cavalletto laterale, anche via photoshop. Ma il mio è un ciurlare nel manico, anzi no, che cavolo: qui siamo in Sicilia e si babbia.

Non riesco nemmeno ad accendere il registratore perché sento che non ci siamo ancora, non siamo pronti. 

Sebastiano ha una protezione, Vera. Una donna piccina dalla voce assertiva e gli occhi che sfuggono l'obbiettivo: può darsi che guardino sempre oltre. Lo segue nei suoi viaggi, ed è una gran fatica perché lei fa la dirigente scolastica in una scuola che si chiama “De Andrè”: è pure amica di Dori Ghezzi. Da Catania fino all'Australia da solo è un conto. Farlo con tua moglie, un altro. 

Vera arriva assonnata e viene a sedersi con noi sotto il gazebo chiamando suo marito “Coco”, come fossimo a scuola, o forse era a militare: è il segnale che mi mancava per poter accendere il registratore. Iniziano a raccontare, ed è semplicemente sublime come Sebastiano e Vera parlino con un'unica voce, senza sovrapporsi, senza perdere il filo, senza reazioni di Sebastiano a qualsiasi cosa venga detta da Vera e viceversa. Non sono una coppia ordinaria, e d'ora in avanti non sarà possibile stabilire se è Sebastiano o è Vera a rispondere alle mie provocazioni.

La prima cosa che gli chiedo è dove andranno la settimana prossima.

«Atterreremo a Santiago del Cile, ma prenderemo la moto a S.Antonio il 23 luglio. Per quattro giorni faremo un po' i turisti, dal 23 in poi andremo verso Antofagasta, il vero punto di partenza del tour; non passeremo in Bolivia, perché ancora devo capire come reagisce la mia circolazione sanguigna all'altitudine: il Salar è ancora fattibile, ma in Bolivia si sale anche a 5.000 metri, anche la moto a carburatori... Il tour finirà in Uruguay, dove lasceremo la Transalp».

«Speriamo vada tutto liscio».

Sono molto impressionato... è un modo diverso di fare le ferie.

«Io non capisco la gente che in ferie va a fare passeggiate sul lago, sta ferma; non hanno capito un tubo (non è vero, non hanno detto “tubo”... n.d.r) della vita. Sono... gentaglia. Però non scriverlo».

«In definitiva, ognuno è felice come vuole. Noi qui in Sicilia, come vedi, siamo sempre in ferie... quando andiamo in vacanza andiamo al lavoro. Nel senso che le nostre vacanze non sono mai molto rilassanti».

Interviene, stavolta a titolo personale, Vera: «dopo essere stata in India ho ringraziato per due anni Dio di essere nata qui».

Voi, chi siete?

«È una bella domanda... siamo gentaglia che va in giro per il mondo». «Un poco irresponsabili».

Con tutti i rischi che ne conseguono.

«Vera ha rischiato di essere arrestata ad Ashgabat, in Turkmenistan: faceva fotografie».

«Il Turkmenistan è un Paese strano, non c'è molto: quasi nulla, a parte una dittatura straordinariamente ferrea. Ashgabat è una città fantasma, non ci sono motorini, bambini in giro... tutta marmo di Carrara, ma deserta. Il bastardo si è fatto la sua città bellissima, ma non appena ne esci fuori non c'è più nulla!».

«Per passare dall'Iran all'Uzbekistan bisogna necessariamente essere accompagnati, da una frontiera all'altra. In Turkmenistan gli accompagnatori dell'agenzia, che poi erano poliziotti, ci hanno scortato attraverso il deserto, Vera era in con loro macchina, un vecchio Toyota, su una strada disastrata piena di crateri, e io da solo sulla moto. Avevamo i tempi contati, e quello lì (il poliziotto accompagnatore n.d.r.) andava a oltre 100 all'ora, una pazzia: a me non è rimasto che puntare la ruota posteriore del fuoristrada e appena vibrava per una fossa deviavo, sperando che fosse meglio. Era una specie di videogioco, ma questa volta eri tu... era questione di fortuna».

«Abbiamo anche incontrato sulla stessa strada dei ragazzi che facevano il Mongol Rally, macchine danneggiate irreparabilmente, io sono stato fortunato a non cadere, e comunque siamo stati in quell'occasione gli unici a passare la frontiera, altri hanno dovuto fare il giro dall'Azerbaijan».

Smetterete di fare viaggi in motocicletta?

«Spero mai. Purtroppo io ho sessant'anni,” - dice Sebastiano - “ogni viaggio è l'ultimo. Ogni viaggio è una scommessa. Abbiamo in mente di girare le Americhe per due o tre anni lasciando sempre lì il Transalp, poi, forse, l'Africa».

Qual è la prospettiva di chi parte in motocicletta dalla Sicilia verso destinazioni così lontane?

«Prima di partire devi sapere che il tuo punto di partenza non sarà mai la Sicilia. Qualsiasi viaggio vai ad affrontare, devi immaginare che hai una crociera da fare. Una lunga trasferta da gestire prima di iniziare».

Cosa c'è di insostituibile in un viaggio in moto?

«La motocicletta, non c'è dubbio, ma non siamo motocurvisti, siamo mototuristi: non amiamo andare in moto ad oltranza, senza fermarci». Vera aggiunge: «Quando io guido la moto, generalmente lui sta dietro di me e ha questa cosa qua di chiedermi ogni cinque minuti ‘Come ti senti? Ma non ti senti meglio?Ma non ti senti libera?’, io ho imparato ad andare in moto a 45 anni per merito suo, ma anche per dargli fastidio...». Le zanzare ci interrompono un attimo, giusto il tempo di una pacca sulla gamba.

«Mia moglie è un harleyista, è un po' tamarra...» l'ironia di Sebastiano e Vera è fantasticamente contagiosa.

Chiedo a Sebastiano qual è la cosa che non farebbe più in un viaggio e che invece è sempre costretto a ripetere. Risponde Vera sottovoce: «Portare sua moglie», ma ridono entrambi. «Forse non partirò più con una moto blasonata e fresca come quando siamo partiti col GS. Mi voglio sempre tenere la possibilità di abbandonare la moto se si rompe, con il GS da 15.000 euro mi farebbe rabbia, anche se l'unico inconveniente è stato una lampadina fulminata in 31.000 chilometri».

Uno se la deve sentire di fare il viaggiatore.

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