On the road. Con il cuore ancora in Colombia

On the road. Con il cuore ancora in Colombia
Sono rientrato ad Atlanta. Beh, almeno col corpo, perché la mente è ancora in Colombia... What a ride! Come già ripetuto fino alla nausea questo ultimo mio viaggio è stata la più bella smotazzata della mia vita
11 giugno 2014

Sono rientrato ad Atlanta. Beh, almeno col corpo, perché la mente è ancora in Colombia... What a ride!
Come già ripetuto fino alla nausea questo ultimo mio viaggio è stata la più bella smotazzata della mia vita.
Ma ho anche incontrato persone e situazioni uniche, che oltre a rendere il viaggio interessante, hanno anche offerto alcuni spunti di riflessione.

Vi ricordate dei poliziotti che viaggiano in due in moto? A Cartagena abbiamo assistito a due scene che rendono al meglio l'idea. Nella prima situazione due poliziotti in moto hanno fermato e perquisito un venditore ambulante di collanine, e dopo avergli trovato addosso qualcosa lo hanno arrestato. Ovviamente non potevano caricarlo in moto come terzo passeggero (pratica peraltro qui ampiamente diffusa e tollerata), dunque hanno finito per fare così: il primo poliziotto guidava la moto a passo d'uomo, mentre il "prigioniero" lo seguiva e il secondo poliziotto lo teneva d'occhio da dietro, anche lui a piedi... Spero che per infrazioni più gravi o per i veri criminali richiedano un qualche tipo di supporto e la procedura sia meno improvvisata.

Della seconda situazione sono stato invece protagonista in persona. Stavamo rientrando a piedi di sera verso il nostro albergo, sempre a Cartagena, nella zona turistica. Non era tardissimo ma non c'era comunque più nessuno in giro. Passano due poliziotti in moto e dopo qualche metro si fermano e vengono verso di noi.


Perquisizione: ci hanno fatto svuotare le tasche, rimettere tutto a posto e svuotarle nuovamente, alla ricerca probabilmente di qualche traccia della "sostanza" che in passato ha reso celebre la Colombia. Non hanno trovato naturalmente nulla ma io avevo in tasca il mio minuscolo coltellino svizzero e i due poliziotti, dopo un breve sguardo di intesa, iniziano a dire "arma blanca". Uno va alla moto ed estrae dal bauletto una manciata di coltellacci da far rabbrividire. Io trattengo a malapena le risate, Sandro proprio ride apertamente. La lama del mio coltellino è lunga forse 3 cm, in confronto a quello che mi mostrano loro impallidisce. Ma i due sono super seri. Io gli dico «sono stato in aeroporto, in discoteca, in bar e in alberghi, ovunque durante questo viaggio e nessuno mi ha mai detto nulla, dove sta il problema adesso?». Il problema sta nel fatto che i due giovanissimi poliziotti vogliono spaventarci per poi provare a mungerci. Lo colgo nelle loro parole (non sanno che capisco lo spagnolo quasi perfettamente dopo aver ascoltato la mia ex-moglie parlare con sua madre per un ora ogni sera su Skype per quasi dieci anni). Si dicono qualcosa tipo "cento" e poi quello che fa la parte del cattivo mi dice che potrebbero arrestarmi oppure sequestrare l'arma blanca. A meno che accetti di pagare una multa di 100mila pesos.

Faccio due conti, il coltellino l'ho pagato $20, questi me ne chiedono $50 per non sequestrarmelo, ma alla fine mi serve per gli ultimi giorni di viaggio. Sto per dirgli che pago ma mi dicono che non hanno il blocchetto delle multe per darmi una ricevuta: bam! A questo punto il giochino è palese, e vedo che sono più spaventi di me. Gli dico «No grazie, sequestratemi il coltellino e poi me lo vengo a prendere domani in caserma». Mi segno i nomi di entrambi sul cellulare, il numero identificativo della moto, ora e indirizzo della perquisizione. Ora i due poliziotti sono nervosissimi... Fanno i ragionevoli, ecco firma qui e il coltellino te lo puoi venire a prendere domani, nessun problema. Io dico «Non firmo niente, non ho fatto niente di male, la via è piena di locali zeppi di ubriachi e di "putas" agli angoli delle strade e voi venite a importunare noi? Ci vediamo domani in caserma» e mi avvio. Loro esitano, poi partono, fanno 100 metri e si fermano. Hanno cambiato idea, mi danno solo un ammonimento e mi restituiscono il coltellino. Io gli firmo un fogliaccio e finisce tutto lì, ma la lezione è chiara: mai dare un motivo a questa gente per provare a spillarvi dei soldi!

Ma basta con le note negative, ce ne sono moltissime positive, dalle quali anche in Italia possiamo imparare molto. Per cominciare in tutta la Colombia le moto non pagano i pedaggi autostradali. Non ce ne sono molti, ma quei pochi presentano una corsia preferenziale per le moto, tutta sulla destra: è stretta ma riservata e gratis.


Altra cosa che ho notato e che qui, come in molti Paesi del Sudamerica, riparano TUTTO. Non si butta via niente. Persino i pezzi in plastica delle moto vengono ricuciti dalla parte interna, saldati con la resina esternamente, lucidati e verniciati. Anche gli adesivi e le decal vengono ricreate perfettamente, impossibile distinguere il pezzo riparato da quello nuovo. Lo stesso vale per qualsiasi oggetto che non sia elettronico.
L'ultimo giorno a Cali ho notato una cosa molto interessante: dei numerini incisi sulle moto, in diverse posizioni. Mi sono fermato a fare qualche foto col telefono e ho chiesto informazioni a un fattorino: ogni parte facilmente rubabile o rivendibile della moto viene punzonata con le ultime lettere e cifre del numero di telaio. In questo modo il ladro sceglie un'altra vittima perché il ricettatore pagherebbe infinitamente meno per un pezzo punzonato, visto che va modificato.


Il lavoro di punzonatura, mi ha spiegato il mio mentore, viene generalmente eseguito da dei vecchietti armati di una fresa da dentista e tanta pazienza. Il prezzo varia a seconda di quante parti vuoi punzonare, io ho visto moto con praticamente ogni pezzo marcato: dai fianchetti al tappo del serbatoio, dalla forcella ai cerchi, ai carter motore, scarico, parafanghi, persino le pinze freno e i braccialetti dei comandi a mano.

Concludo con una vicenda che mi ha fatto sorridere non poco. A circa metà del nostro viaggio abbiamo dovuto attraversare un fiume in canoa, caricandoci sopra le moto. Il minuscolo traghettatore era una vera sagoma: muoveva le moto (cariche e sporche) come se fossero delle biciclette: e in men che non si dica ha completato i due viaggi per portarci sull'altra sponda. Noi non abbiamo dovuto fare nulla, solo una spintarella al momento di scendere dalla canoa sul fondo ghiaioso. Semplicemente ci ha chiesto di parcheggiare le moto in modo da poterle caricare in retromarcia sulla sua lancia, ci ha detto di togliere la borsa dal lato destro e di lasciare in cambio in folle, tutto qui.

Una volta ripartiti ci siamo trovati davanti a un ponticello di assi, sospeso su un torrente abbastanza profondo e minaccioso. Dovete sapere che io ho una totale fobia delle altezze, specialmente se sotto c'è acqua. Così mi sono bloccato e Mike ha dovuto attarversare per venire a prendermi e portare lui la moto dall'altra parte. Una volta raggiunta l'altra sponda, subito prima che la mia "man card" mi venisse definitivamente ritirata siamo stati approcciati da un altro vecchietto, che si teneva a stento in piedi, aiutandosi con il suo corto bastone. «Sono ubriaco, mi aiutate ad attraversare il ponte? - dice - vengo da sempre questa parte perché ci sono meno auto ma poi devo trovare qualcuno che mi faccia attraversare senza finire in acqua. Di solito chiedo a quelli di quella casa lì...».

Scoppiamo a ridere e Mike lo prende sotto braccio mentre io fotografo la scena da dietro, senza avventurarmi troppo lungo il ponte maledetto :)


Pietro Ambrosioni

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