Nico Cereghini: "Tomizawa è una cascata"

Nico Cereghini: "Tomizawa è una cascata"
Nico Cereghini
  • di Nico Cereghini
Per i giapponesi chi muore diventa un kami e vive in eterno. E la memoria di Shoya deve portarci a migliorare la sicurezza dei piloti | Nico Cereghini
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21 settembre 2010

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Ciao a tutti.
Adesso che è passato un po’ di tempo vorrei tornare sull’incidente dello sfortunato Tomizawa a Misano, perché dimenticarlo non si può, e c’è ancora parecchio da dire. Adesso lo spirito del giovane Shoya è un kami, una esistenza superiore, magari una cascata oppure una grande roccia che veglia su una strada o su un circuito giapponese. Le sue spoglie riposano invece nella prefettura di Chiba in Giappone: la famiglia è venuta a riprenderlo in Italia e il grande amico Nobu Ueda, che parla bene l’italiano perché ha corso e abitato da noi, è stato insostituibile.

E il modo migliore per ricordare “Tomi” è quello di analizzare quello che è accaduto il 5 settembre e trovare delle soluzioni, perché si vada ancora più avanti nella sicurezza. Adesso noi ci vergogniamo di come è stato soccorso: un ferito della sua gravità non andava spostato con la barella; mai toccarlo, ce lo raccomandano fin dalle prime lezioni di scuola guida. Noi non vogliamo tirare la croce addosso a nessuno, e il dottor Claudio Macchiagodena, il responsabile della sicurezza dei piloti, è una persona a cui dobbiamo molta riconoscenza: se lo standard di sicurezza è tanto migliorato, negli anni, molto del merito è anche suo. Ma quelle immagini sono lì a testimoniare che a Misano qualcosa è andato storto, che è necessario rivedere la macchina dei soccorsi, forse la vigilanza si era un po’ allentata perché nessun pilota si faceva veramente male da tanto tempo. Siamo certi che Macchiagodena non aspetterà noi per agire.
 

E il modo migliore per ricordare “Tomi” è quello di analizzare quello che è accaduto il 5 settembre e trovare delle soluzioni, perché si vada ancora più avanti nella sicurezza


La bandiera rossa andava data, adesso se ne rendono conto tutti. Agli altri piloti è andata bene, ma sono certo che anche Franco Uncini è ora consapevole che la gara bisognava fermarla. Curva molto veloce, tre piloti coinvolti, rottami dappertutto: in un caso così la bandiera rossa deve scattare in automatico e indipendentemente dalla condizione dei feriti. Fermare tutto per evitare altre cadute e altri incidenti. Nessun dubbio deve esserci, per conto mio.

Invece sulle soluzioni tecniche che possono migliorare la sicurezza in pista sono con Uncini: l’erba sintetica è anche per me la migliore soluzione possibile, all’erba sintetica siamo arrivati per gradi e ragionando. Oggi sono tanti i piloti che si dicono contrari, “via tutto e mettiamoci l’asfalto”, ma credo che non si debba decidere sull’onda delle emozioni. Oggi siamo sconvolti.
La ghiaia si muove, crea dossi dove la moto salta, e poi entra in pista; l’erba naturale è scivolosa quanto quella sintetica, ed è difficile da mantenere. Ma asfaltare tutto è un errore: il pilota è portato ad esagerare, tanto poi esce, curva e rientra senza perdere un metro; ma creando molte inedite situazioni di pericolo. Una fascia di transito tra pista e area di fuga resta necessaria. La discussione è aperta: poi Rossi, Capirossi e compagnia sapranno decidere.

Ascolta l'audio di Nico nel box in alto a sinistra.