Nico Cereghini: "Una primavera d’inferno"

Nico Cereghini: "Una primavera d’inferno"
Nico Cereghini
  • di Nico Cereghini
In città, tra i primi scooteristi folli, guardo avanti e mi aspetto il peggio. No che non generalizzo: certa gente va su due ruote, sì, ma non sa cosa rischia… | Nico Cereghini
  • Nico Cereghini
  • di Nico Cereghini
1 marzo 2011

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Ciao a tutti!
Adesso che le corse sono ricominciate – chi corre di più, chi purtroppo un po’ meno-  e che il mese di marzo compare finalmente sul calendario, possiamo ben dire che siamo usciti dall’inverno e torneremo molto presto ad usare la nostra moto con il clima giusto.

Che non se ne poteva più. Io sono uno di quelli che sta in sella tutto l’anno, intendiamoci; convinto che la moto, tra le tante belle cose che ci dà, sia anche un toccasana, un bell’antidoto al gelo perché mette in circolo un sacco di benessere. Purché non si vada in giro vestiti troppo leggeri, naturalmente. E purché si pieghi con moderazione.
Parlo da una città del nord, una metropoli dal clima pessimo anche al di là dell’inquinamento. Magari nella vostra bella Puglia, o Sicilia, o Calabria, piegate come ossessi anche a Natale.
Ma a guardarmi intorno qui a Milano, nei lunghi mesi di dicembre e gennaio c’erano ben pochi colleghi, da incrociare, mentre già a partire dalla metà di febbraio il gruppo fermo al semaforo in attesa del verde stava cominciando a diventare numeroso e motivato il giusto.

E proprio lì, davanti al semaforo, stanno tornando a farmi arrabbiare certi scooteristi: non quelli seri, che si sono fatti i climi peggiori con la loro brava copertina e che guardo con rispetto perché sono sempre al caldo.
Non quelli disciplinati, che ce ne sono tanti anche qui. Parlo di quella minoranza che se ne frega bellamente di ogni regola
 

Sono sicuro che passerò una primavera d’inferno in mezzo a troppi scooteristi folli


Ieri una gentile signora su Vespa, impegnata in una animata conversazione via auricolare, quando è arrivata all’incrocio e la luce era rossa ha proseguito senza nemmeno rallentare. Ha avuto una fortuna sfacciata, perché nove volte su dieci, se uno di noi passa con il rosso, non torna a casa a raccontarlo. Lei non si è girata a guardare, non ha smesso di chiacchierare, sono sicuro che non si è accorta di quello che frenava con la Golf e del taxista che le faceva le corna; ha proseguito e chissà quanti altri semafori ha saltato.
Ha rischiato la vita, la signora. Sui quaranta, ben vestita. Se le correvo dietro per metterla in guardia, come qualche volta ho fatto in passato con i motociclisti distratti, sono quasi sicuro che mi prendevo un vaffa. E così, tra signore-principesse, ragazzini-slalomisti da marciapiede (nel senso buono), ragazzoni sul T-Max con lo scarico libero e l’acceleratore bloccato sul full-open, sono sicuro che passerò una primavera d’inferno in mezzo a troppi scooteristi folli.

Questa è gente che non sa nulla, della moto. E io sarò sempre pronto a difendere la categoria all’esterno del nostro mondo, perché bisogna stare attenti a non generalizzare e il 99 per 100 dei motociclisti è a posto.
Ma qualche volta mi viene una tentazione: quella di fingere di non averli visti, quando al semaforo mi si piantano davanti di traverso, e metterli sotto. Si fa per dire: quasi sempre mi controllo.

Ascolta l'audio di Nico nel box in alto a sinistra