Massimo Clarke: "Gioielli orientali"

Massimo Clarke: "Gioielli orientali"
Massimo Clarke
  • di Massimo Clarke
Due splendide realizzazioni della più grande casa del mondo sono state il sogno di una generazione di piloti privati. Da noi purtroppo non sono state importate | M. Clarke
  • Massimo Clarke
  • di Massimo Clarke
23 gennaio 2013


Nel mondo delle moto da competizione quando si parla dei mitici anni Sessanta si pensa subito alle straordinarie Honda da competizione a quattro, cinque e sei cilindri, con teste bialbero a quattro valvole per cilindro, di Taveri, Redman e Hailwood. Queste moto, progettate dall’ing. Irimajiri, all’epoca giovanissimo, sono state protagoniste di epiche battaglie contro le Yamaha e Suzuki a due tempi e contro le Morini e Benelli 250 e le MV Agusta 350 e 500. Non sono state però le uniche Honda a scendere in pista, in quel periodo. La stessa casa ha infatti costruito e venduto a numerosi piloti privati delle monocilindriche di 50 cm3 e delle bicilindriche di 125, 250 e 305 cm3 che fornivano ottime prestazioni e che hanno gareggiato per diverso tempo con validi risultati. Pure in questo caso la distribuzione era bialbero a quattro valvole. Il progettista dei due modelli di minore cilindrata, per ironia della sorte, si chiamava Suzuki…


Razionali, moderne e di disegno estremamente lineare, queste moto non derivavano da preesistenti modelli di serie, ma erano frutto di nuova progettazione. Le due più popolari, delle quali ci occupiamo in questa sede, erano denominate rispettivamente CR 93 (la bicilindrica 125) e CR 110
(la monocilindrica 50). In Europa sono state largamente impiegate, in particolare dai piloti inglesi. È interessante osservare, e la cosa non può non suscitare rimpianto e invidia, che in Giappone queste moto sono state anche realizzate in versioni destinate alla normale circolazione su strada, leggermente depotenziate e dotate di impianto di illuminazione e di quanto previsto dalla legge. La CR 93 è stata costruita in circa 500 esemplari, dei quali oltre due terzi erano della versione stradale. La commercializzazione di queste moto è iniziata nel 1962; a qualche mese di distanza sono entrate in produzione anche la monocilindrica di 50 cm3 e le bicilindriche di 250 e 305 cm3. In Europa sono arrivate l’anno seguente.


La CR 110 era un piccolo gioiello di meccanica, dotata di un motore con distribuzione bialbero a quattro valvole comandata da ingranaggi collocati sul lato destro. L’alesaggio di 40,4 mm era abbinato a una corsa di 39 mm. La trasmissione primaria era a ingranaggi, la frizione a dischi multipli lavorava a secco e il cambio era a otto rapporti (con ben cinque forcelle spostamarce!). Le valvole di aspirazione avevano un diametro di 17 mm e quelle di scarico di 16 mm. L’albero a gomito poggiava su un cuscinetto di banco a rulli e uno a sfere. La lubrificazione era a carter umido con pompa a pistoncino. La potenza era di circa 8,5 cavalli a un regime di 13500 giri/min. La versione stradale disponeva di 7 cavalli a 12700 giri/min. Nella parte ciclistica spiccava il telaio in tubi, nel quale in motore, fissato a livello della testa e della parte posteriore del basamento, andava praticamente a costituire la culla. L’interasse era di 1156 mm e il peso a secco di 61 kg. Questa moto ed è rimasta in produzione per due anni soltanto.

 

Motore Honda CR 93
Motore Honda CR 93

La CR 93, che ha avuto una maggiore diffusione, può a buon diritto essere considerata un autentico classico. Il suo motore bicilindrico, dalle misure caratteristiche perfettamente “quadre” (alesaggio e corsa = 43 x 43 mm), erogava 18,5 CV a 12500 giri/min. Nella versione destinata a impiego stradale, meno spinta ma pur sempre “pepatissima” (di targato in questa cilindrata non c’era niente di simile, in quanto a prestazioni, nell’intero panorama mondiale), si scendeva a 16,5 CV a 11500 giri/min. Come nel motore di 50 cm3, la distribuzione bialbero a quattro valvole veniva comandata da una cascata di ingranaggi, collocata però sul lato sinistro. Le valvole di aspirazione erano da 18 mm e quelle di scarico da 17 mm. La frizione era a secco e il cambio a cinque marce. Ad alimentare il motore, che anche in questo caso aveva la lubrificazione a carter umido con pompa a pistoncino, provvedevano due carburatori Keihin da 22 mm. Questa moto aveva un peso leggermente superiore a 125 kg, valore non proprio contenuto per una 125 da competizione, e un interasse di 1275 mm. Oggi, come la CR 110, è ricercatissima dai collezionisti.

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