Lorenzo Daretti, aka trastevere73, il Valentino Rossi della MotoGP virtuale

Lorenzo Daretti, aka trastevere73, il Valentino Rossi della MotoGP virtuale
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Da una semplice passione al professionismo, fino alla conquista di due mondiali consecutivi in sella alla Yamaha, il più forte videogiocatore italiano di eSport MotoGP si racconta a moto.it, svelando anche qualcuno dei suoi segreti
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30 agosto 2019

Il suo nome è Lorenzo Daretti, ma tutti lo conoscono come Trastevere73, ossia il nickname con il quale ha vinto due mondiali consecutivi di eSport MotoGP: lo username preso direttamente dal profilo del padre che ha iniziato a portare fortuna, fino alla conquista del professionismo, alle due auto targate BMW conquistate e al contratto come videogiocatore ottenuto da Yamaha. "Ci vuole concentrazione e metodo per arrivare a certi livelli, e con la notorietà bisogna imparare a scegliere gli amici, perché è pieno di invidiosi".

Il mondo dei videogiochi sta facendo grandi passi in avanti, sia dal punto di vista del realismo che da un punto strettamente economico: "I montepremi sono altissimi e molti giovani si avvicinano a questo mondo pensando di fare soldi facili, ma non è così. Mia mamma è stata sempre un po’ restìa a questa mia passione, ma quando ha visto che stava diventando davvero un lavoro si è convinta, anche se vorrebbe che mi laureassi".

Raccontami un po’ com’è la vita uno che fa l’eAtleta, di un video giocatore professionista…

È strano. Non me lo sarei mai aspettato. È una cosa che mi appassiona sin da quando ero molto piccolo e quindi è un po’ come se fosse un sogno essere riuscito a lavorare nel mondo dei videogiochi e delle moto, diciamo. Che sono da sempre due miei grandi passioni.

Qual è la tua giornata tipo?

In questo periodo, che è bello pieno, è una giornata tosta. Quest’anno il mondiale è molto complicato, si svolge in sei tappe, su sei piste diverse, ma molto ravvicinate. Devo trovare il limite e il passo gara limite in tutti i circuiti.

Mi sveglio intorno alle 8.30 e dopo la colazione inizio a fare la prima sessione di gioco, ma cerco di non superare le due ore consecutive.

Poi faccio la pausa pranzo e mi prendo un break prima di cominciare la seconda sessione, che è quella pomeridiana, nella quale gioco altre due ore, massimo tre. Più o meno gioco cinque ore al giorno. Non bisogna esagerare troppo altrimenti si va in overtraining (superallenamento, ndr) e non si riesce più a rimanere concentrati. Lo scorso anno mi è capitato di esagerare e stavo sbagliando molto. Da quegli errori ho capito che se volevo farlo diventare un lavoro dovevo intraprendere una strada più metodica, con allenamenti, pause eccetera e anche con una alimentazioni sana, corretta e un allenamento fisico che mi potesse dare una mano e distrarre anche dal videogioco.

Cosa fa la differenza nei tornei di eMotoGP?

La concentrazione. È in assoluto l’abilità migliore che puoi avere e che non devi mai smettere di allenare. Le doti fisiche contano, ma in maniera limitata. Nelle nostre gare capita di essere in dodici piloti in tre decimi di secondo. Basta fare una curva benissimo, ma non perfetta come al solito, per perdere qualche posizione e rovinarti la gara.

Diciamo che in tutti i videogiochi a livello professionistico la concentrazione è la cosa più importante e complicata.

Come fai a essere così bravo?

Ho avuto un cambio di mentalità e di approccio al videogioco che mi hanno un po’ cambiato la qualità di quello che facevo. Ovviamente devi avere tanta passione e tanta dedizione. Come in tutte le cose.

È stato più difficile vincere il primo mondiale o ripetersi?

Credo che ripetersi sia la cosa più difficile di tutte. Perché vincere una volta può capitare, quasi, a tutti, ma riuscire a fare il bis è stato davvero complicato, perché gli avversari mi conoscevano, mi tenevano d’occhio, erano di più e più forti. E tutti, ovviamente, volevano battermi. La prima volta sono rimasto incredulo e ci ho messo tanto per elaborare la vittoria, ma la seconda è stata più goduriosa.

Quest’anno il Campionato Mondiale di eSport è diventato più simile a quello reale...

Sì, esatto. Prima c’erano delle gare con semifinale e finale, dove ti qualificavi e poi potevi vincere o perdere, ma poi contava soprattutto l’ultima a Valencia. Invece, da quest’anno, hanno introdotto un regolamento a punteggio simile a quello della MotoGP reale, e quindi devi essere forte e costante per tutta la stagione. È una figata, ma difficile allo stesso tempo.

Il campionato inizia a Misano, poi andremo ad Aragón e a Valencia: ogni tappa avrà due gran premi, quindi è un campionato di sei gare in totale.

È sempre una lotta tra Italia e Spagna anche nel mondo virtuale?

Lo scorso anno sì. C’erano sei spagnoli, cinque italiani e un tedesco. In questa stagione invece ci sono sette spagnoli, due italiani (tra cui io), un brasiliano, un australiano e un indonesiano. Anche perché quest’anno hanno aperto a tutto il mondo.

Cosa pensi prima che si spenga il semaforo? I piloti veri chiudono la visiera e cambiano lo sguardo, e tu?

Io spero soltanto che qualcuno dall’alto mi faccia partire alla grande (ride), perché è fondamentale e poi cerco di pensare soltanto alle curve che devo affrontare, una dopo l’altra. Guardando tanto anche le gare vere, andando in moto nella realtà, cerco di stare il più attento alle dinamiche reali.

Quest’anno in gara avremo sia l’usura delle gomme, sia la temperatura dell’asfalto, e di conseguenza degli pneumatici. Quindi chi ha una guida aggressiva deve cercare di gestire il consumo. È davvero, almeno la strategia, come una gara vera.

Il realismo è diventato millimetrico...

Sì, assolutamente. Anche molti piloti giocano per capire bene la pista prima di andare sul circuito. Certo, avere un joypad in mano è diverso che avere un manubrio e tutte quelle dinamiche fisiche non le provi con davanti un monitor, ma la pista è pressoché identica.

Come ti è cambiata la vita da quando sei diventato il primo pilota professionista del team Yamaha per gli eSport?

È cambiata tanto. A me non piaceva tanto essere sotto i riflettori o essere presente sui social, adesso sono quasi costretto perché bisogna massimizzare i risultati. Poi dal punto di vista emotivo è stato bellissimo.

Da piccolo guardavo Valentino Rossi vincere sulla Yamaha, e quest’anno ho stretto la mano a Lin Jarvis e ho conosciuto Vale. Poi la vita è cambiata anche sui social, perché in molti, che reputavo amici, si sono dimostrati invidiosi e non è stato bello. Però i risvolti sono assolutamente positivi. L’accordo è annuale, ma spero di poter fare abbastanza bene da essere riconfermato.

E quando hai incontrato Vale, ti ha sfidato?

A MotoGP no. Lui va forte su Gran Turismo. Siamo amici online e quindi quando capita che giochiamo vediamo i rispettivi tempi e una volta stavo controllando che avevamo fatto lo stesso tempo ed eravamo a un secondo e mezzo dal campione del mondo. Con un po’ di allenamento lo prendiamo.

Che ricordi hai di quel giorno?

Non mi scorderò mai di una cosa: Valentino prende il joystick in mano, inizia a guidare con me di fianco, perché stavamo giocando nell’hospitality del Mugello e dopo qualche minuto mi fa: "Questa moto è due denti più corta della nostra nella realtà". Era serio, non stava scherzando. Pazzesco.

E poi sei andato al Ranch…

Sì, è stata una figata. Sono andato grazie a Yamaha che mi ha invitato a due giorni di Masterclass ed è stato davvero incredibile. Ovviamente sono arrivato ultimo, ma era anche la mia prima volta sullo sterrato, ma è stato bellissimo e divertentissimo.

I tuoi genitori e i tuoi amici come hanno preso questa tua scelta che poi è diventata un lavoro?

La verità è che oggi come oggi i videogiochi sembrano una corsia preferenziale più facile perché ci sono montepremi altissimi e non devi faticare fisicamente, e quindi molti giovani si rinchiudono in casa.

Anche se inizialmente restia, alla fine mia madre mi ha fatto riflettere sulla possibilità di continuare gli studi per far sì che questa grande opportunità che ho si possa trasformare in un lavoro più solido e duraturo, sempre rimanendo in quest’ambito: è per questo che mi sono iscritto alla facoltà di scienze della comunicazione. Invece mio papà è come se fosse il mio manager. Lui mi ha trasmesso l’amore per le moto ed è contento che sia riuscito in qualche modo ad averci a che fare con questo mondo.
Gli amici, quelli veri, sono contenti per me.

Il movimento eSport in Italia sta crescendo continuamente...

Sì, certo. Ci sono tante realtà che stanno investendo in questo mondo, e per noi videogiocatori è solo un bene. Speriamo possa continuare così per arrivare ai livelli dei Paesi più evoluti in questo segmento.

Vuoi rimanere sulla MotoGP o ti piacerebbe spostarti su altri eSport?

Vorrei rimanere sulla MotoGP, anche se me la cavo con altri giochi, come ad esempio Gran Turismo come ho detto prima, ma per ora la priorità è su due ruote, e vincere il terzo mondiale.

Dacci qualche consiglio per migliorare le nostre prestazione nella guida in MotoGP 2019?

Allora, sembra scontato ma non lo è. Innanzitutto, iniziate a frenare con la moto piegata, ti fa guadagnare un sacco di decimi. Poi non lasciare mai il gas: tenetelo sempre un filo tirato, senza farlo morire troppo, perché poi riprenderlo in mano vi da una botta e vi fa perdere tempo prezioso.

Quindi arrivate con il freno pinzato, scorrere, ma non troppo, rialzare la moto con già un po’ di gas e poi dare tutto. Attenzione sempre alle staccate: frenate con entrambi i freni e trovate le giuste traiettorie. Una staccate perfetta, ma con una traiettoria anche solo leggermente sbagliata, vi fa andare lunghi...

(Fabio Fagnani)

 

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