Karmaontheroad: in viaggio per solidarietà

Karmaontheroad: in viaggio per solidarietà
Antonio Privitera
  • di Antonio Privitera
Il 18 ottobre partono per Tangeri: il loro viaggio per portare protesi di arti in Africa
  • Antonio Privitera
  • di Antonio Privitera
16 ottobre 2020

 

Erano le diciotto del quattro agosto 2016, stavo tornando a casa dal lavoro, in moto. Semplicemente, a un certo punto, mi sono svegliato in un letto di terapia intensiva”.

Dall'altra parte del telefono ho Luca e Giulia Falcon. Un mese dopo la nostra chiacchierata, scrivo l'articolo pensando che in questa frase ci sta tutto: la moto, il caldo d'estate, il destino o il caso, per chi ci crede. L'attesa delle ferie, l'andare al lavoro in moto perché è bello così. E ci metto in mezzo anche la fortuna di non ricordare le cose brutte.

Luca non lo sapeva, ma erano già passati quattro giorni. Secondo i suoi programmi sarebbe dovuto essere in Corsica, con la moto. Il 4 agosto era il suo ultimo giorno di lavoro prima delle ferie e invece no. Invece era in ospedale e della sua moto restava poco: appena l'avantreno, il resto disintegrato e sbriciolato per decine di metri sul luogo di quell'incidente di cui Luca non ricorda nulla.

“Da lì” - da quel letto di terapia intensiva - “ho dovuto iniziare a ricostruire un po' di cose”.

 

Luca e Giulia sono in partenza, ovviamente in moto: il 18 ottobre il traghetto per Tangeri li porterà in Africa, passeranno dal Marocco, dalla Mauritania e poi polvere e sabbia fino Dakar per una raccolta fondi in favore di Legs4Africa, un'associazione no profit che si occupa di recuperare, riciclare e inviare in Africa protesi di arti dismesse che - invece di marcire in qualche deposito in Europa o nel mondo – potrebbero essere vitali per gli amputati dell'Africa sub sahariana. Queste protesi hanno costi elevati, assolutamente fuori dalla portata di chi abita in un paese in via di sviluppo e possono letteralmente ridare la vita a chi, senza, resterebbe tagliato fuori. Legs4Africa si occupa anche di formare il personale per ricondizionare in loco le protesi.

 

Ma torniamo al quattro agosto 2016: i giornali di quei giorni parlano di “motociclista ventisettenne che lotta tra la vita e la morte”, di una scarpa finita nel giardino di un'abitazione, persino di frammenti ossei sparsi per l'asfalto. Luca viene ricoverato dopo più di mezz'ora di rianimazione sul posto ma è soltanto l'inizio di un calvario fatto di quaranta operazioni chirurgiche, molte delle quali per salvare il piede sinistro incastrato in una ruota dell'automobile e martoriato: tre anni di tentativi e terapie di cui uno passato immobile in un letto per riattaccare e salvare il piede. I medici mettono le mani avanti, qualcuno dice che l'amputazione è probabile, qualcun altro dice che vale la pena tentare ma nel frattempo c'è da guarire il braccio, la tibia e un femore cui mancano 11 centimetri, volati via nell'impatto: “è stato necessario pure un intervento per allungare le ossa con una slitta e ogni giorno giravo la brugola del sei...”, mi dice Luca senza nascondere l'ironia, “ho tirato giù un lampione in cemento con la testa, dall'impatto ho avuto un danno all'occhio, mi restava aperta la pupilla. Il casco mi ha indubbiamente salvato la vita”.

Ci vuole pazienza e forza ma tibia, braccio e femore guariscono, nel frattempo il tempo passa e il piede è lì, brutto e malconcio ma è lì; si cerca di fare tutto il possibile e lo stesso Luca forse, mi chiedo se sia soltanto una mia impressione ricavata dalla conversazione al telefono, comincia a sperarci: “avevo appena iniziato a stare in piedi” ma nell'anno successivo la circolazione sanguigna non si dimostra sufficiente, il piede diventava scuro, si gonfia parecchio la sera, lo porta a zoppicare. “Faceva un male boia”.

Luca si dà un po' di tempo per riflettere e il 29 maggio dell'anno scorso la gamba sinistra viene amputata.

Luca e Giulia pronti per partire - Foto: Facebook
Luca e Giulia pronti per partire - Foto: Facebook

Luca è una persona dalle idee chiare e quindi quando gli è stato detto che probabilmente il piede era da amputare lui è stato molto oggettivo, ma se fosse stato un po' più fragile o avesse vissuto psicologicamente la cosa in modo più pesante, sarebbe stato più difficile da sopportare”.

Giulia gli resta accanto fin dal primo minuto: varca le porte dell'ospedale, si pone qualche interrogativo e si risponde “è li che voglio essere”. Durante la permanenza in ospedale Luca le dice “quando esco di qua andiamo a vivere insieme”. Giulia resta un po' incredula, “oltretutto era sotto morfina, pensavo che stesse vaneggiando”, ma lui cala l'asso: “come fai a dire di no a uno in terapia intensiva?”.

Si sposeranno il 23 settembre 2018, ma prima c'è da capire come gestire le difficoltà di una vita senza una gamba.

 

Luca fa i conti: tira una linea sulle tre cose che lo occupavano maggiormente nella vita (lavoro, arrampicata in montagna e motocicletta) e si dice “Se non torno in moto è anche inutile che mi alzi da questo letto”. Si rende conto di avere un buon record di permanenza all'ospedale di Verona e va - ancora in carrozzina - a vedere e comprare la sua prima moto post incidente: una BMW GS 650 del 2001.

Provate ad immaginare questa scena: all'appuntamento per vendere la vostra moto arriva un ragazzo che scende da un'auto, ma è in carrozzina e vi dice “non fare domande”. Voi non le fate, gli portate la moto fino a casa e subito dopo andate a firmare il contratto di vendita.

“Quando dico che la moto mi ha salvato la vita, intendo questo dopo tanti mesi a letto un po' complicati anche a livello psicologico”. La BMW è in garage: “l'anno successivo l'ho passato a smontarla e a fare un restauro conservativo. Questo mi ha dato anche un motivo per alzarmi dal letto, per muovermi”.

Interviene Giulia: “vedevo lui che si svegliava la mattina con fatica, (e passare n.d.r.) da una fase di sofferenza fine a se stessa, ad una fase in cui si alzava, faceva fatica, ma andava giù a sistemare la motocicletta, col sorriso stampato in faccia, era una gioia per gli occhi”.

Giulia e Luca sei mesi dopo l'amputazione, con ancora la protesi provvisoria, arrivano fino in Tunisia con la GS. Si può fare. Anche perché il 23 marzo 2018 Luca fa il primo giro in moto e a maggio fa una settimana in Corsica perché si doveva chiudere un cerchio: poi a luglio in solitaria in tenda a Capo Nord. Sì, decisamente, si può fare.

Ma è durante il lockdown che nasce l'idea di dare un senso più ampio alla loro esperienza: cercare di comunicare a chi si trova in difficoltà simili che ce la si può fare e così, cercando sul web, trovano Legs4Africa che sembra assolutamente perfetta per la loro voglia di fare qualcosa di concreto a favore di chi può avere bisogno del loro aiuto e del sostegno di tutti. Nasce l'idea del viaggio, la loro pagina Facebook Karmaontheroad (trovate lì anche il link per il crowfounding per Legs4Africa) e il loro canale YouTube per promuovere efficacemente l'iniziativa.

Chiedo: riuscite ad immaginare la vita senza protesi?

Luca: “Questo è il motivo per il quale ci siamo appassionati così tanto a questo viaggio. Nel periodo in cui sono stato dimesso dall'ospedale dopo l'amputazione, dopo un paio di mesi in cui ho subito delle terapie per far prendere la forma giusta al moncone e farlo entrare dentro l'invaso delle protesi, sono passati circa un paio di mesi prima di avere la protesi provvisoria e, per quanto sinceramente i primi passi siano dolorosi, non poter camminare soltanto per la mancanza di un pezzo di ferro fa male”.

Forse è ancora peggio in Africa: “la cosa a cui non si pensa è che anche se con le stampelle (ma senza protesi, n.d.r.) si può camminare, non puoi tenere contemporaneamente qualcosa in mano. E in Africa è ancora più limitante per gente che magari deve spostarsi da un villaggio all'altro, o verso i pozzi d'acqua. Ed è ancora più grave perché in Africa non c'è un sistema sanitario o assicurativo che si faccia carico di queste persone amputate e che”, aggiunge Giulia “considerando che lì non hanno i fondi per fare educazione stradale, le persone imparano a guidare dai parenti o dagli amici, guidano in modo molto spericolato, gli incidenti sono più frequenti, molto spesso nessuno ha l'assicurazione e quindi una volta che resti amputato sono affari tuoi. Senza contare i bambini che nascono con malformazioni e tutti quelli che abitano in ex zone di guerra che magari saltano sulle mine”.

Luca e Giulia intraprendono questo viaggio anche per “sensibilizzare l'Italia su questo tema. In Italia (riciclare le protesi n.d.r.) non è così semplice, ci sono molti magazzini dell'ASL dove i parenti dei defunti lasciano le protesi dei loro estinti, e vengono lasciate lì inutilizzate”.

Il 18 partono per Tangeri, in moto e senza una gamba. Forse sarà il primo passo per una maggiore sensibilizzazione su questo tema, forse servirà più tempo. Più risorse. Più articoli. Magari qualcuno che legge questa storia può aiutare. Magari ne nasce soltanto un bel viaggio, un bel racconto.

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