I Racconti di Moto.it: "Campione del Mondo"

I Racconti di Moto.it: "Campione del Mondo"
Antonio Privitera
  • di Antonio Privitera
“carneade” significa... uno che ha fatto qualcosa di notevole ma è comunque uno sconosciuto, uno che non è mai diventato famoso nonostante abbia compiuto delle azioni memorabili o importanti...
  • Antonio Privitera
  • di Antonio Privitera
1 febbraio 2013

Punti chiave


– Papà...
– sì?
– che vuol dire “carneade”?
– Dove l'hai vista questa parola?
– L'ha detta la maestra Clara.
– ...mai una volta che si facessero i fatti loro... 'ste supplenti.
– che hai detto, papi?
– No, niente amore mio... comunque “carneade” significa... uno che ha fatto qualcosa di notevole ma è comunque uno sconosciuto, uno che non è mai diventato famoso nonostante abbia compiuto delle azioni memorabili o importanti.
– La maestra Clara dice che tu sei un carneade.
– ...e lei è una str... strana donna... 'sta impicciona...
– ehh?
– Niente amore, continua a fare i compiti.
– Sì papi.
Passano trenta secondi, Gianni è seduto accanto alla figlioletta di otto anni che fa i compiti di italiano mentre tormenta una penna tra le dita. Lo sa; sa che sta per arrivare, ne sente l'odore, ne avverte le vibrazioni, eccola:
– Papà...
– Tesoro, dimmi...
– La...
– …maestra Clara...
– sì, giusto, mi ha pure detto che tanti anni fa tu eri un pilota di motociclette.
– Marianna, la maestra Clara dovrebbe pensare solo a spiegarvi la differenza tra il condizionale e il congiuntivo...
– ...se tu fossi...
– Brava, condizionale. Ora dimmi pure il congiuntivo e non preoccuparti se sbagli, nemmeno tanti grandi sanno bene come usarlo...
– No, dicevo se tu fossi stato un pilota di motociclette, a casa avresti le cose che usavi quando correvi, giusto?
– Sintassi perfetta però, come vedi, a casa non c'è niente. Niente cose da moto: niente pilota di motociclette, la maestra Clara è una gran tr... triste persona.
– Ah, occhei. Ma com'è che la maestra Clara ti conosce?
– Uff... quando papà era molto giovane e non conosceva ancora la mamma, la maestra Clara che all'epoca era già maestra, ma di cose molto diverse da quelle che ti insegna a scuola, era vicina di casa di papà. Poi ho conosciuto la mamma, ci siamo sposati e sei anni dopo sei nata tu, amore mio.
– E mamma la conosce?
– Temo di sì...
– Allora facciamole incontrare!! Sono amiche!
– Marianna, continua a fare i compiti che anche se la maestra Clara è solo una supplente, ti garantisco che non perdonerà il minimo errore: rischi la bocciatura; fosse per lei ti retrocederebbe in prima elementare solo per farmi un torto...


Marianna posa la penna e si ferma. I bambini vivono le emozioni degli adulti e lei percepisce il disagio del padre nel parlare di questa supplente di Italiano capitata per caso nella sua classe in sostituzione della insegnante titolare in congedo per maternità. La maestra Clara in effetti è un po' nervosa, alza spesso la voce e sopratutto le ha fatto un sacco di domande su suo papà Gianni.

Gianni, dal canto suo, ha archiviato tutto. Gli sforzi per chiudere con un certo tipo di vita sono costati la rescissione non solo di contratti ma anche di amicizie, rapporti personali coltivati per anni e nutriti per ottenere un mezzo più competitivo. Le gare in moto sono così: devi anche essere un buon manager di te stesso e curare non solo la preparazione ma pure le relazioni sociali. Forte di un talento eccezionale, dopo una lunga gavetta iniziata guidando moto private con le ruote a raggi, Gianni scalava la vetta che porta al successo sacrificando ogni altro obbiettivo di vita. Con lui, il sabato prima della gara a fare le notti sul furgone per cambiare i pistoni grippati dopo aver sognato un avvenire luminoso costellato di vittorie e denaro (di fronte ad una pizza in un tavolo vicino alla porta della toilette di una trattoria lontana dal circuito per non farsi vedere dagli avversari di pista e non dare loro il vantaggio psicologico di vederlo a risparmiare pure sul conto della pizzeria, scoprendolo un miserabile), con lui c'era sempre e da sempre Clara.

“Io vi odio tutti”, diceva Gianni dentro il casco appena dopo avere abbassato la visiera sulla linea di partenza: quella dichiarazione di guerra al mondo riempiva di cavalli la curva di potenza della sua motocicletta privata, dove ogni briciola di spinta in più era un ulteriore passo avanti verso l'affermazione personale e la fuga da un contesto sociale popolare dal quale, aveva giurato a Clara e a se stesso, si sarebbe emancipato grazie alle sue vittorie.

Clara era più di una fidanzata: era un feticcio, un'estroflessione della coscienza di Gianni e la cartina di tornasole dei risultati ottenuti, era la banca dove Gianni depositava ogni suo passo avanti nella carriera in attesa che maturasse una cedola di stima: perché lei era devota a Gianni, ma non era gratis. Clara riempiva l'aria attorno a Gianni di insoddisfazione e pretese, veicolava ogni genere di dubbi sulle sue qualità di uomo e di pilota fino a offenderlo e mutilarlo della sua dignità, giungendo a negargli le proprie grazie in mancanza di successi, millantando facoltosi pretendenti alla sua stupefacente bellezza, inasprendo i sapori delle vittorie nei campionati minori sminuendole perché per lei contava solo avere accanto il campione del mondo e fino a quando Gianni non lo fosse diventato sarebbe rimasto indegno di lei, che centellinava i complimenti e le gratificazioni ricoprendolo invece di offensive contumelie se scivolava. Clara non perdeva occasione per esprimere pubblicamente il suo essere lì non per caso e certamente non per sempre: le corse erano belle ma erano solo un gradino verso la vita agiata cui sentiva di avere diritto da sempre in nome della sua avvenenza. Ora aveva superato i trent'anni ed esigeva che Gianni, pur più giovane di lei di quattro anni, le desse quello che le spettava; non poteva attendere oltre perché se Gianni non avesse vinto il campionato del mondo adesso, superati quegli esuberanti trent'anni ci sarebbero stati dei decadenti quaranta, dei tristi cinquanta e degli agonizzanti sessanta.


“E' così che ti rovini il karma”, sussurrò a Clara, di nascosto nei box, un giovane dirigente della squadra ufficiale giapponese per la quale correva Gianni.
“Non è possibile”, pensò lei.
“Nessuno ha mai visto niente”. Si disse.
Gianni era un esordiente in quella classe 350, aveva ottenuto una moto ufficiale per la prima volta nella carriera e stava andando oltre ogni aspettativa. Le prime cinque gare gli diedero tre podi, poi fece quattro vittorie e a sei gare alla fine poteva giocarsi il titolo.

Forse perché mancava quella componente avventurosa ed epica delle notti passate nel furgone, forse perché tutti noi a furia di inseguire qualcosa a volte ci dimentichiamo che abbiamo bisogno di prendere fiato, oppure a causa di una sventurata infatuazione, Clara un giorno capì che il giocattolo non le piaceva più. Tradire Gianni ritualmente e ripetutamente con uno dei suoi più accaniti avversari in pista e pluricampione del mondo la soddisfaceva e si rese conto che dopo anni di attesa lei era già arrivata dove voleva, stava già con un ricco e famoso campione e non aveva più bisogno che Gianni conquistasse l'iride.

Gianni era già da un po' e suo malgrado bersaglio di pettegolezzi da parte del “Continental Circus” nel quale recitava la parte della cornuta bestia da serraglio; nonostante questo, la sua concentrazione totale all'obbiettivo della vittoria nel campionato gli impediva di percepire il minimo accenno dell'atmosfera che lo circondava.

Iniziò a insospettirsi quando Clara non si lamentò per un secondo posto in griglia, ma lo percepì come un segno che le cose stavano finalmente cambiando. Il che poi non era così sbagliato.

Alla conquista del mondiale, sull'ultimo e definitivo podio che gli permise di fregiarsi del titolo di campione, Clara non c'era. Gianni rimase con la coppa in mano e lo champagne nell'altra ad aspettare che lei salisse sul palco della premiazione e la folla sotto di lui iniziò a mugugnare e chiedersi quando avrebbe aperto lo champagne spruzzando avversari e pubblico di una presumibile felicità. Attese ancora lunghi imbarazzanti istanti ma di Clara quel giorno si persero le tracce. L'ago del contagiri della rabbia andò fuori scala e Gianni smise di giustificarla, chiese spiegazioni a tutti impattando contro sguardi bassi e omertà, sentendosi avulso da quell'ambiente che non lo aveva mai realmente amato né accettato anche a causa del suo inglese terribile e del suo italiano incerto tra improbabili condizionali e comici congiuntivi che Clara nonostante fosse abilitata maestra non si curava di mostrargli come usare nei modi corretti; si abbatté su di lui un istantaneo ostracismo universale e ora che anche Clara non stava più dalla sua parte, si sentì vuoto e inutile, come vuota e inutile era quella coppa che scagliò contro il muro del podio fracassandola di fronte delle massime autorità del motociclismo mondiale intervenute per incoronarlo Campione del Mondo.

Scese dal palco e scomparve per sempre dalla scena delle competizioni motociclistiche. Non diede interviste né rilasciò dichiarazioni, non diede mai spiegazioni, non mostrò mai alcun rancore. Semplicemente, tornò da dove era venuto, terminò gli studi ed evitò di riciclarsi come collaudatore o giornalista. Si sposò e crebbe una figlia che un giorno ebbe per supplente una maestra vedova, cui il giovane marito aveva lasciato molti debiti e nessun ricordo felice a parte qualche polveroso trofeo attualmente in deposito al monte dei pegni.