Comparativa Supersportive 2015: le valutazioni di Luca Cadalora

Comparativa Supersportive 2015: le valutazioni di Luca Cadalora
Edoardo Licciardello
  • di Edoardo Licciardello
Il tre volte iridato è stato ospite d’onore della nostra Comparativa. Eccovi le sue sensazioni, scaturite da quella sensibilità che lo ha reso uno dei collaudatori più stimati del Motomondiale
  • Edoardo Licciardello
  • di Edoardo Licciardello
18 maggio 2015

Luca Cadalora, come si suol dire, è un nome che non necessita di presentazioni. Basta sfogliare un po’ “il librone”, come lui stesso definiva l’annuario del Motomondiale, per trovare tre ottimi motivi (uno in 125 con la Garelli nel 1986 e due in 250 con la Honda nel 1991 e 1992) per volerlo in qualità di guest tester – oppure ospite d’onore, fate voi nella nostra maxi-comparativa delle Supersportive 2015.

Ma non sono solo i tre titoli mondiali, né le otto vittorie in 500 – in un’epoca in cui gli avversari si chiamavano Wayne Rainey, Kevin Schwantz, Michael Doohan – a costituire ottimi motivi per volere un campione del suo calibro al nostro fianco nel provare le supersportive di serie più potenti e sofisticate del pianeta.

Cadalora, lo diciamo per i più giovani, è un pilota che in 500 forse non ha raccolto quanto avrebbe meritato ma che per tre anni, fra il 1994 e il 1997, è stato puntualmente il primo pilota Yamaha. Oltre a rappresentare uno dei rivali più credibili di Michael Doohan si è costruito una reputazione di collaudatore dalla sensibilità incredibile, tanto da farsi chiamare nel ruolo di sviluppatore al servizio di Suzuki, MuZ e successivamente BMW per l’abortito progetto MotoGP.

Luca racconta le sue impressioni durante la nostra comparativa
Luca racconta le sue impressioni durante la nostra comparativa

Luca ha recentemente riscoperto voglia e piacere di guidare, preparando e sviluppandosi le moto nella sua officina e il manico non si è appannato più di tanto. Nella foto in apertura lo vedete impegnato nel suo ultimo progetto, di cui ha effettuato il primo shakedown proprio a Monza e su cui a breve vi proporremo un servizio. Inevitabile che le nostre ghiandole salivari si mettessero in azione alla possibilità di averlo con noi a Monza per la nostra Comparativa delle 1000 supersportive. Ma oltre che per i riferimenti cronometrici e le votazioni complessive, abbiamo naturalmente voluto chiedergli un parere autorevole e dettagliato su ognuna delle quattro partecipanti.

Ecco qui i suoi commenti, in rigoroso ordine alfabetico.

Aprilia RSV4 RF

«L’Aprilia è quella che già di partenza, come posizione di guida, durezza della sella, assetto, è più vicina ad una moto da corsa, con tutti i dettagli giusti per andare in pista – le altre hanno qualche compromesso stradale, come la sella un po’ troppo morbida, o una posizione delle pedane un po’ più turistica, mentre Aprilia ha creato un prodotto davvero molto orientato alla pista, più estremo, a scapito dell’utilizzabilità su strada».

«A livello di gestione elettronica ho trovato un filo troppo invasivo il controllo dell’impennata, che interviene un po’ troppo bruscamente tanto che abbiamo preferito disabilitarlo, mentre il controllo di trazione lavora davvero molto bene. L’erogazione del motore è bellissima, regolare, quasi da motore elettrico».

«L’inserimento in curva è veramente impressionante, fulmineo, tanto che potrebbe mettere in difficoltà chi non è abituato ad usare moto da corsa. Un comportamento che deriva indubbiamente dallo schema del motore: il V4 ha un albero motore molto più stretto, quasi la metà degli altri quattro cilindri, che facilita e velocizza l’ingresso in curva. Il feeling è ottimo – tra l’altro credo sia l’unica moto del lotto con un leveraggio posteriore non progressivo, che in pista fa lavorare meglio il posteriore. C’è una maggior progressione dell’ammortizzatore, senza che si inneschino quegli ondeggiamenti che si verificano sulle altre quando si alza il ritmo ed il mono inizia a lavorare nella fase progressiva del leveraggio».

BMW S1000 RR

«E’ una moto che conosco bene, dato che ne ho una del modello 2012 su cui ho lavorato molto per adattarla ai miei gusti. L’aspetto che appare subito evidente è che ancora oggi non è dotata di un vero e proprio anti-wheeling, quindi tende ad impennare un po’ troppo».

«Da un punto di vista ciclistico credo abbiano caricato un po’ l’anteriore, probabilmente ruotando un po’ il motore in avanti di qualche grado per avere più carico sull’avantreno. A parte la posizione di guida, che è la più stradale ed è studiata per… un tedesco da 1,90, rimane una gran moto, soprattutto su una pista come Monza dove offre subito un grande feeling. Si trova subito una grande confidenza in inserimento, la si può davvero “buttare dentro” le chicane lente, aspetto che deriva anche in parte dalla collocazione un po’ più ribassata dei pesi – oltre all’inclinazione dei cilindri ho l’impressione che il motore sia collocato nel telaio un po’ più in basso rispetto ad esempio a Yamaha o Aprilia, cosa che sul lento offre al pilota feeling e confidenza».

«Sembra una moto fatta apposta per una pista come Monza, insomma, anche perché il motore resta davvero spettacolare. Il cambio non mi è piaciuto molto, ho trovato qualche difficoltà soprattutto in scalata dove non si percepisce bene se il motore “ha preso” la marcia – forse ero io a non chiudere del tutto il gas, resta che a mio parere ci sia qualcosa da rivedere in quel comparto. Le sospensioni elettroniche funzionano piuttosto bene, sono rimasto abbastanza sorpreso – non credevo che questi sistemi adattivi fossero già a questo livello. Nel ’93 provammo un ammortizzatore elettronico Ohlins sulla Yamaha 500 del team Roberts, che però scartammo – eravamo davvero agli albori».

Ducati Panigale 1299S

«E’ quella che a mio parere ha l’elettronica più avanzata del lotto – gestione del controllo di trazione ed anti-impennata sono quasi impercettibili nel loro lavoro, quindi probabilmente con strategie predittive, che anticipano quello che sta per succedere. I freni sono sicuramente i più potenti del gruppo, e la rapportatura è l’unica delle quattro davvero azzeccata – tutte le altre sono esageratamente lunghe».

«La posizione di guida invece non mi è congeniale – la sella è esageratamente stretta nel punto più vicino al serbatoio, per cui a volte ho perso un po’ il sostegno. Il manubrio è molto dritto, l’inclinazione è quasi assente. E poi la ciclistica va un po’ “tirata” dentro la curva; Ducati richiede una guida un po’ più energica, forzata in ingresso curva che non mi ha entusiasmato. Naturalmente anche qui le sospensioni elettroniche si sono dimostrate egregie».

«C’è anche tutto un aspetto di trasmissione della risonanza del motore al pilota, che sento molto e un po’ mi infastidisce, perché copre un po’ il feeling su altri aspetti come le gomme. L’erogazione è anche un po’ appuntita, un pelo vuota sotto – anche se parliamo di regimi che in pista, andando forte, non si usano – ma soprattutto non eccellente in allungo, che quindi determina uno spettro di utilizzo un po’ più ristretto rispetto alle quattro cilindri».

Yamaha YZF-R1M

«Yamaha, a mio modo di vedere, è la più avanzata a livello di geometrie della ciclistica. Ha un baricentro più alto rispetto alle altre per privilegiare la maneggevolezza sul veloce, anche se è un aspetto che a Monza, per le caratteristiche della pista, non è emerso più di tanto. Nel complesso mi sembra una moto un po’ più avanti rispetto alle altre nei concetti, anche perché del resto è il progetto più nuovo».

«Nel complesso ha un bel motore, anche se sarebbe bello avere qualcosina di più in alto. Ciclisticamente ricalca molto le tipiche impostazioni Yamaha: se uno conosce le moto di Iwata potrebbe salire sopra questa R1 bendato e riconoscerebbe l’imprinting tipico Yamaha, con un equilibrio notevole fra ciclistica e motore».

«L’anti-wheeling assomiglia un po’ a quello Aprilia, ha un intervento un po’ troppo invasivo anche al minimo livello, mentre il traction è molto efficace, molto bello. Le sospensioni elettroniche sono probabilmente le migliori del lotto; tra l’altro le abbiamo usate in modalità adattiva, dimostrando che per arrivare a mandarle in crisi si deve andare davvero molto, molto forte».

«La posizione di guida si rivela un po’ stradale, con sella morbida e pedane un po’ troppo basse, si tocca terra un po’ troppo facilmente anche perché la moto consente pieghe assurde. Diciamo che ci sono alcuni dettagli che denotano l’attenzione alla sicurezza Yamaha per l’uso su strada, per cui comunque la moto – essendo omologata – nasce. Un esempio su tutti le pastiglie freno, molto dure per privilegiare la sicurezza stradale, che in pista pagano pegno ma che su strada evitano situazioni pericolose in caso di panic stop».