"I had a drone". Capitolo finale

"I had a drone". Capitolo finale
Antonio Privitera
  • di Antonio Privitera
Elsa strattonò il figlio e lo trascinò quasi con violenza dentro la macchina a due posti, mentre lui urlava sempre più forte “cosa sono quelle cose nel cielo? Lo spinse dentro, chiuse lo sportello e mentre i cronisti li assalivano e qualcuno gridò “Disonesti!!”
  • Antonio Privitera
  • di Antonio Privitera
12 settembre 2014

Punti chiave

(Leggi qui la prima parte del racconto)

Elsa strattonò il figlio e lo trascinò quasi con violenza dentro la macchina a due posti, mentre lui urlava sempre più forte “cosa sono quelle cose nel cielo? Chi ce le ha messe? Mammaaaa che è successo al cielo??“ , lo spinse dentro, chiuse lo sportello e mentre i cronisti li assalivano e il cordone di sicurezza le spianava la strada fino al suo posto guida, qualcuno gridò “Disonesti!!” ma fu subito soffocato.

Ad un’Elsa visibilmente provata toccò di spiegare tutto mentre percorrevano l’autostrada a 90 chilometri l’ora in un’interminabile coda di veicoli. Le cose cambiano, Antò.

Era successo che dopo l’incidente Gaspare aveva preso la parola in parlamento e aveva fatto un discorso passato alla storia come il discorso “I had a drone”. L’Onorevole Cocuzza aveva iniziato con il dire che aveva fatto un sogno dove nessuno era vittima di incidenti stradali e dove le leggi venivano rispettate da tutti. Dopo questo sogno, si era riproposto di far diventare l’Italia il Paese al mondo più civile e sicuro nelle strade, così da non dovere più piangere per incidenti provocati da incontrollabili pirati della strada come quello che aveva distrutto la vita del suo intimissimo amico Nino Lo Turco e dei suoi familiari. Da quell’applauditissimo discorso nacque il “pacchetto sicurezza Nino lo Turco” che Elsa ebbe a spiegare in breve al figlio: in ossequio alla legge che portava il suo nome, tutto il territorio nazionale era stato ricoperto da droni volanti stabilizzati a venti metri d’altezza e alimentati ad energia solare, in tutto dieci milioni di droni armati di telecamere e connessi al web. Ognuno di questi velivoli era in grado di riprendere e sorvegliare una porzione di territorio di qualche centinaio di metri quadrati, rilevare le infrazioni al codice della strada commesse nel loro raggio di azione e, direttamente connesso con una centrale operativa, monitorare 24 ore su 24 ogni targa di moto o auto e verificarne la regolarità su copertura assicurativa, pagamento bolli, multe. Se il drone rilevava una violazione del codice della strada come, per esempio, il passaggio col rosso ad un semaforo, il superamento della striscia continua, il mancato arresto ad uno “stop” o qualsiasi altra infrazione, in modalità del tutto automatica multava il mezzo e attraverso la centrale operativa prelevava direttamente dal conto corrente bancario associato al proprietario del veicolo la somma corrispondente alla multa­, per trasferirla nelle casse dello Stato.

 

Era tra l’altro stato sancito l’obbligo per tutti i proprietari di mezzi a motore di abbinare un conto corrente bancario al mezzo posseduto, altrimenti la moto o l’auto veniva posta in “fermo di sicurezza”. Infatti, lo stesso “pacchetto sicurezza Nino lo Turco” obbligava tutto il parco circolante ad avere a bordo una centralina aggiuntiva - chiamata Mads che stava per Modulo Aggiuntivo di Sicurezza - che dialogava in forma criptata con la centralina elettronica principale del mezzo: il Mads era collegato con la centrale operativa e provvedeva su suo ordine ad impedire l’accensione del motore (“fermo di sicurezza”) nel caso in cui mancasse la copertura assicurativa, in caso di fondi insufficienti a pagare la multa eventualmente comminata o in altri casi a discrezione della centrale; se il motore era in moto e il veicolo in marcia, il Mads lanciava un preavviso tramite una spia sul cruscotto e dopo un minuto e mezzo spegneva il motore fino a quando la situazione non fosse regolarizzata.

Tutto il territorio nazionale era stato ricoperto da droni volanti stabilizzati a venti metri d’altezza e alimentati ad energia solare, in tutto dieci milioni di droni armati di telecamere e connessi al web. Ognuno di questi velivoli era in grado di riprendere e sorvegliare una porzione di territorio di qualche centinaio di metri quadrati, rilevare le infrazioni al codice della strada

Il Mads era pure dotato di Gps e di rilevatore di emissioni elettromagnetiche. Il primo serviva per monitorare la posizione sul territorio del mezzo, accertarne la velocità effettiva in ogni istante e, se superiore a quella consentita nella strada percorsa, comminare una multa; il secondo inibiva totalmente, attraverso un sistema derivato da tecnologia militare, le conversazioni telefoniche all’interno dell’abitacolo o a bordo della motocicletta, ma solo con il motore in moto. Un sensore per l’alito imponeva ad ogni avviamento del motore di fare un veloce test etilometrico e solo se il Mads non ravvisava il superamento dei limiti – che in ogni caso erano pari a zero – si consentiva l’avviamento del motore. Ogni manomissione del Mads era considerata reato e punita con l’arresto, la sua assenza sul veicolo veniva equiparata al porto abusivo di armi da guerra e in questo caso le forze dell’ordine avevano l’ordine di sparare a vista.

 

Le multe erano rapportate al reddito dell’intestatario del veicolo: la centrale operativa aveva accesso diretto alle dichiarazioni dei redditi e quanto più alta quella del trasgressore, tanto più elevata era la sanzione; i limiti di velocità erano stati abbassati e per chiarezza ridotti a quattro: 25 all’ora in città, 60 nelle statali, 90 in autostrada, veicoli a passo d’uomo nei parcheggi.

- E chi dobbiamo ringraziare per tutto questo? – chiese Antonino.

- Gaspare. Diceva di essere sconvolto dal tuo incidente e di volere evitare il ripetersi di queste situazioni. – rispose Elsa.

- Io non ricordo il mio incidente. Io non ricordo più nulla, ho un vuoto di tutto il mio passato, lo sai mamma!

- Dice che l’hai avuto dopo che vi siete salutati al bar.

- Non lo so, non ricordo. Ma… tutto questo… i droni, il controllo, il Mads… alla gente va bene così? Non si vede il cielo e c’è sempre un ronzio di sottofondo!

- Al ronzio ci si fa l’abitudine. Io non lo sento più, dopo tre anni.

- E la gente, non dice niente?

- Qualcuno si lamenta, ma è normale…

Passarono pochi minuti di silenzio, poi Antonino riprese:

- Ma chi ha fornito dieci milioni di droni? Cioè, costeranno un sacco di soldi…

- Sono in affitto.

- Eh?

- Si… una società per azioni li ha costruiti e lo Stato paga un tanto al mese per il loro uso, l’uso della centrale operativa e dei Mads. La società si chiama Safety One.

- E quanto è l’affitto… lo sai?

- Il 60% dell’importo complessivo multe elevate. – Elsa era diventata reticente, evasiva.

- Fammi capire… si prendono più di metà dei soldi delle multe che vengono automaticamente fatte ad ogni minima infrazione?

- …più o meno è così.

- …è pazzesco. È un bancomat.

- Ma no, bisogna guardare la cosa da altri punti di vista; è anche una tutela per la collettività: se nessuno commette infrazioni e la sicurezza sulle strade è totale, allora non si deve dare nemmeno un euro a Safety One e tutta l’infrastruttura di sicurezza stradale diventa a costo zero per il Paese. E’ un circolo virtuoso: più gli italiani rispettano le regole, più risparmiano per mantenere la sicurezza stradale. Poi tieni anche conto che si sono di molto ridotti i costi di pattugliamento delle strade, quelli amministrativi, insomma c’è anche un bel risparmio per tutto il Paese.

- Scusa mamma, ma a me sembra una truffa! La Safety One avrà sempre un interesse fortissimo a fare quante più multe possibile piuttosto che prevenire attivamente gli incidenti. Cioè, lo capisco io che sono appena uscito dal coma… ma che, mentre ero in stato vegetativo vi siete rincoglioniti tutti qui in Italia?

- Però la Safety One devolve il 5% dei suoi utili in programmi di informazione sulla sicurezza stradale. - onestamente, sembrava veramente un’ excusatio non petita e questo infiammò la vena polemica di Antonino.

- Mizzica mamma, da come ne parli sembra che sia tua questa società.

- No Antonino, è tua per il 50%. – Elsa sospirò come si si fosse appena tolta un dente del giudizio.

- Che cosa hai detto? Mia?

- In pratica è tua e di Gaspare. Contento? Sono un sacco di bei soldini. – Elsa si girò verso il figlio e sorrise, un po’ forzatamente.

- Dimmi che sono ancora in coma è questo è il frutto delle stimolazioni della corteccia cerebrale…

- Senti un po’, ragazzetto! Hai trentasei anni e sei orfano di padre, io sono vedova e non ho nessuno a parte te! Ho voglia di saperti sistemato…

- Mamma io non ho mai conosciuto papà ma non credo che a lui sarebbe piaciuto quello che sta accadendo! E poi io non ho firmato niente, la società non è mia!! - i toni si alzarono di molto.

- Nino…

- Non mi chiamare Nino!!

- Tesoro mio, quando il tuo coma è stato dichiarato irreversibile la scelta era tra staccare la spina o mantenerti in stato vegetativo e cercare di curarti sperando in un miracolo. A quel punto io sono stata nominata dal Tribunale curatrice dei tuoi interessi. Ovviamente Gaspare non voleva assolutamente che fosse staccata la spina, dopo la tua morte l’attenzione dei media sarebbe scemata rapidamente e il suo piano era di mantenere a lungo la pressione mediatica sul tuo caso ma i costi per mantenerti in una struttura privata con cure sperimentali erano altissimi, quasi trentamila euro al mese. Io non li avevo quei soldi. Proposi a Gaspare di prestarmeli lui, se aveva intenzione di sfruttare il tuo coma per i suoi scopi politici, se no avrei staccato la spina.

Ma un giorno capii quello che intendeva fare veramente, una cosa furba da Prima Repubblica: promulgare una legge, contemporaneamente costituire una società che forniva allo Stato i beni che la stessa legge rendeva necessari e fargli assegnare l’appalto per la fornitura; andai da lui e gli dissi che non volevo più i soldi ma volevo che intestasse a te il 50% della Safety One, altrimenti sarei uscita da lì, eravamo a Montecitorio, e avrei fissato la data del tuo funerale. Non ho chiesto di intestarla a me per evitare di poter essere accusata di non fare i tuoi interessi, se mai qualcuno dovesse in futuro scoprire tutto. Gaspare non fece una piega e in capo a un mese, attraverso una serie di scatole cinesi costituite con un la consulenza di gruppo di commercialisti londinesi, siamo riusciti a metterti a capo del 50% della società, che formalmente è posseduta da un fondo di investimento di Dubai ma che se vai a scavare molto in profondità è metà tua e metà di Gaspare. In fondo ti era dovuto: senza di te lui non avrebbe mai potuto diventare il famoso “Onorevole Cocuzza”. Safety One fa trenta milioni di Euro al mese di utile netto. Tu guadagni quindici milioni di Euro al mese da quasi tre anni. Sei contento, Nino?

- No, tu guadagni quindici milioni, tu sei il mio tutore nominato dal giudice tutelare! E non chiamarmi Nino!! – era fuori di sé.

- Calmati, prendi queste! – e gli infilò due pillole in bocca che Antonino mandò giù di riflesso, calmandosi.

- Antonino aveva capito benissimo che era stato inguaiato per sempre a sua insaputa e in contumacia e che non poteva uscirne. Quando scese dalla macchina che lentamente percorreva le strade di Altomaccio, il ronzio si fece più forte e si sentì osservato, controllato, giudicato e infine vessato: non era il posto dove avrebbe voluto risvegliarsi. Si fecero largo tra i giornalisti che assediavano la piccola villetta bianca ed entrarono a casa. Elsa portò Antonino in garage attraverso la scala interna e gli disse di tenere gli occhi chiusi. Quando potè riaprirli vide il box invaso dalle motociclette di ogni tipo e marca, almeno venti bellissime motociclette nuove.

- Sono omaggi di alcune Case motociclistiche che te le concedono in uso.

- Davvero? Perché?- ad Antonino pareva un sogno, forse perché ancora sotto l’effetto dei calmanti.

- Non lo immagini? Sei un prezioso testimonial per cercare di vendere qualche motocicletta in più in un mercato che sta sparendo. Sembra che i più colpiti dal “pacchetto sicurezza Nino Lo Turco” siano proprio i motociclisti, molti sono finiti in galera.

- Galera?

- Non te l’ho detto? Se il tuo debito nei confronti dello Stato supera i seimila Euro hai sei mesi per estinguerlo, altrimenti vieni considerato un criminale e incarcerato fino al saldo del debito. E’ una misura di sicurezza, non si può lasciare che chi non ha niente da perdere possa continuare a rendere insicure le nostre strade con i suoi comportamenti incivili.

- Seimila euro… basta vendere la moto, no?

- No. Se non paghi la moto viene posta in “fermo di sicurezza” e il Mads non la sblocca fino a quando non paghi: è di fatto invendibile.

- Ditemi che è un incubo.

- Oramai in Italia la moto non la usa più nessuno, troppo pericoloso. Un attimo e sei oltre i 25 all’ora in città e fanno 32 Euro. Sei poi oltrepassi i 90 in autostrada sono 205 Euro. E la sanzione scatta ogni cinque secondi, che è il tempo in cui il drone ripete il controllo sulla velocità. Quindi un minuto passato a 100 all’ora ti costa più di seimila Euro. I motociclisti sono tutti in galera; chi prima chi poi, ci cascano tutti. Molti di loro come te avevano fatto debiti per comprarsi la motocicletta e ora sono dentro.

- Debitori di Safety One…

- Già, al 60%... Ci sono un sacco di cose che dovrò spiegarti su Safety One, ma la più importante è che tu non devi mai fare parola con nessuno del fatto che tu e Gaspare ne siete i proprietari; tieni, manda giù. – e gli porse altre due pillole che scomparvero nella gola del figlio il cui sguardo si annebbiò definitivamente.

 

Oramai in Italia la moto non la usa più nessuno, troppo pericoloso. Un attimo e sei oltre i 25 all’ora in città e fanno 32 euro. Sei poi oltrepassi i 90 in autostrada sono 205 euro. E la sanzione scatta ogni cinque secondi, che è il tempo in cui il drone ripete il controllo sulla velocità. Quindi un minuto passato a 100 all’ora ti costa più di seimila euro

Gaspare non era mai stato un adone e ora con l’avvicinarsi dei 40 anni le cose si erano messe peggio. Il ventre era gonfio, i capelli radi e lucidi, il naso gli cadeva come un batacchio verso la bocca che era in continuo esercizio per parlare o per masticare e il suo personale concetto di decenza non gli vietava di fare spesso entrambe le cose contemporaneamente con un certo disprezzo per chi era a lui vicino, come ad esempio Lola, la Mina di Altomaccio. A chi è molto ricco vengono spesso perdonati i difetti, a chi è molto povero invece gli stessi difetti vengono presi come causa della sua incapacità di elevarsi socialmente ed economicamente. Gaspare nei suoi difetti ci sguazzava sfacciatamente: presuntuoso, arrogante, sporco, irrispettoso della dignità di chi aveva accanto, tagliente nei giudizi e cauto con gli apprezzamenti a meno che non fossero necessari per ottenere qualcosa, dopo la sua esplosione come politico e come uomo d’affari occulti si accompagnava con la bella Lola. Certo la coppia era alquanto eterogenea: lei espressione delle abbondanti grazie che la natura può dispensare, lui quanto più vicino esteticamente ad un rozzo bifolco nonostante i natali dignitosi.

Lola aspirava a diventare famosa nell’ambito dello spettacolo e Gaspare, fin da quando la corteggiava molto prima dell’incidente di Antonino, la blandiva prospettando per lei grandi successi e notorietà grazie alle sue conoscenze politiche e al suo sempre crescente potere. Va da sé che quando Gaspare fu eletto al parlamento il povero marito, quello spiantato traffichino di Carlo Guardo, divenne definitivamente un ostacolo all’ambizione di Lola che fino a quel momento non aveva degnato di una replica i messaggi e le avances del bruttino Gaspare ma… le cose cambiano e tutto fu diverso quando i risultati delle elezioni nazionali stabilirono la vittoria del Partito della Liceità nel quale militava il neo Onorevole Cocuzza e fornì il cemento che legò saldamente la coppia.

Dopo un iniziale periodo di idillio, la mancata partecipazione ai talent show nazionali da parte di Lola ne fece scattare i primi malumori; la verità era che già dopo i primi mesi di relazione Gaspare manifestava tutta la sua indifferenza verso le aspettative di Lola, sia perché non aveva nessuna voglia che la sua fidanzata diventasse un personaggio pubblico, per una malcelata gelosia malata, sia perché così l’avrebbe sempre tenuta in pugno con vaghe promesse di un futuro da stella dello spettacolo, nella certezza che una volta raggiunti i propri obbiettivi Lola lo avrebbe mollato. In fin dei conti Gaspare provava un sentimento sincero, rozzo e morboso; un sentimento da idioti.

 

Lola dopo tre anni di questa vita scalpitava, la convivenza con Gaspare e gli ambienti romani oramai l’avevano stufata. Vedeva tante subrettine muovere i fianchi in tivvù, sfilare ogni sera davanti alla giuria tante cantanti che lei giudicava di molto inferiori a lei e sbuffava, ribolliva, le venivano i nodi ai bei capelli neri a vedere pure le suore che cantavano e ballavano e lei mortificata a casa; desiderava il riconoscimento delle sue presunte qualità. Assodato che Gaspare non le avrebbe mai dato il consenso, si costruì un’altra identità e sotto falso nome iniziò una gavetta che la portò da un produttore discografico ad un altro, assaporando tutte le sfumature della parola “compromesso” nel cedere ripetutamente alle richieste più sfrontate di favori sessuali in cambio di ingaggi o di audizioni importanti che poi raramente sosteneva e, se accadeva, si risolveva tutto con un "le faremo sapere”. Questa vita squallida piuttosto che disgustarla la faceva sentire vivace e trasgressiva, ma terminò quando Gaspare tornò in anticipo senza avvertire da una conferenza a Praga e la trovò a letto a fare un “power trio”, una cosa da musicisti.

Gaspare chiamò la sua scorta privata e fece pestare per benino i due, mentre a Lola riservò il piacere di essere schiaffeggiata personalmente da lui, con commenti in vernacolo che diedero nuova profondità ai concetti di volgarità e bassezza. Lola non era tipo da subire e lungi dal ritenere di avere fatto qualcosa da considerarsi esecrabile, indulgente con se stessa come del resto il suo fidanzato le aveva insegnato con il proprio fulgido esempio, prese le sue cose e tornò al paese natìo per fare vedere a tutti che lei, la Mina di Altomaccio, aveva avuto l’ardire di lasciare l’Onorevole Cocuzza. Erano passati circa quattro anni dall’incidente. Ma le cose cambiano e dopo un po’ Lola rimpianse gli agi e il lusso di Roma e il ritrovarsi senza soldi, senza lavoro e con tante ambizioni frustrate ad Altomaccio, la inviperì.

 

In una delle pause di lucidità tra due pillole di calmanti e le successive, una mattina presto Antonino scese al bar. Il clamore mediatico su di lui era sparito e lui viveva una vita tranquilla in attesa di riprendere la sua attività di postino; ogni tanto si faceva qualche domanda: specialmente quando scendeva in garage e cercava di mettere in moto una delle venti motociclette senza riuscirci, dato che erano tutte in “fermo di sicurezza”. Gli sarebbe piaciuto girare la manopola del gas e sentirsi spinto da una forza invisibile e si chiedeva perché se le Case motociclistiche gli avevano regalato tutte quelle moto, lui non poteva usarle. Alcune di quelle Case avevano chiuso i loro stabilimenti in Italia e altre avevano smesso le esportazioni nel nostro Paese dei loro modelli, considerato definitivamente inadatto al traffico su motocicletta. Quelle venti moto erano state un tentativo di marketing per nulla andato a buon fine, anche perché Antonino non ci era mai salito sopra seppure fisicamente e mentalmente si sentisse pronto ma Elsa continuava a dirgli che era assolutamente necessario continuare a prendere i medicinali per garantire al cervello il necessario riposo. Medicinali che lo stordivano, lo rendevano acquiescente e docile, che davano dipendenza. In ogni caso fino a quando il Tribunale non avesse sollevato la madre dall’incarico di tutore revocando l’interdizione la sua vita era una vita azzoppata.

Al bar era sempre guardato con un occhio curioso. Anche quel giorno, anche da Lola, per l’occasione seduta pure lei al tavolo 6, sedia di sinistra; il ronzio dei droni sopra la piazza sembrava uno sciame d’api. Il traffico lentissimo e ordinato di automobili scorreva come marmellata in una cannuccia.

- Quella sedia è mia- disse Antonino, che conosceva Lola dalle scuole elementari.

- Prego, accomodati- Lola si spostò in quella di destra – bella la vita da interdetto, vero?

- Poco spirito, Lola.

- Cercavo proprio te, lo sai?

- Ah, si? Non hai più i soldi per il caffè e aspetti qualcuno che te lo offra? Poi ripaghi in natura? Perché non vai da Gaspare?

- Senti, ho una proposta da farti, in nome della nostra amicizia…

- Tu? Una proposta? Sentiamo. – i due avvicinarono le teste e Lola prese fiato, poi si svuotò:

- Ti rendi conto che tu non sarai mai più libero, che riuscirai mai più a mettere le chiappe su una moto? Tua madre non chiederà mai la revoca dell’interdizione e tu non hai parenti a parte lei che possano chiedere la revoca al tribunale.

- Mia madre dice che manca poco… - affermò Antonino, senza crederci.

- Cazzate! Tu sai benissimo che non ha alcun interesse a non essere più il tuo tutore! I soldi della Safety One se li intasca lei, lo so bene! Gaspare mi ha parlato del suo disinteresse – lo disse con una smorfia - ed è convinto senza di lei tu manderesti presto o tardi tutto a puttane, tu col tuo senso di giustizia, di uguaglianza, di libertà… e non ha nemmeno lui alcun interesse a farti revocare l’interdizione.

- e allora?

- E allora la tua unica risorsa sono io. Io posso andare dal pubblico ministero, fargli quattro moine e convincerlo a chiedere la revoca della tua interdizione. Posso essere molto convincente, se voglio. In cambio voglio dieci milioni di euro. So quanto guadagna la Safety One, niente scherzi. Ti do un’altra ragione per accettare: il tuo incidente non è stato casuale. Era tutto programmato da me e Gaspare, tutto. Gaspare aveva in mente tutto già dai tempi dell’università, aspettava solo l’occasione propizia per far scattare il suo piano e la sua elezione al parlamento ha chiuso il cerchio. Ha iniziato a far progettare e fabbricare i droni molto prima del tuo incidente, ha costituito tutto l’apparato come la centrale operativa e le scatole cinesi di società per mascherare l’operazione anni e anni addietro e ha atteso. Poi un giorno ha pensato che tu, motociclista, giovane, scapolo, figura di libertà amata da tutti in paese e soprattutto suo sincero amico saresti stato la perfetta vittima sacrificale; detto fra noi, non ti ha mai sopportato. Troppo inarrivabile per lui la tua onestà, il tuo rigore morale, la tua intelligenza e troppo stridente il contrasto con la sua mediocrità da caporale. Ti invita ad un incontro al bar, ti fa incazzare e conoscendoti sa che parti a gas spalancato per un giro su per le colline, come avete fatto centinaia di volte quando eravate ragazzi e facevate a gara con le motociclette. Sapeva che la tua razionalità avrebbe preso il sopravvento e che all’incrocio ti saresti fermato, gli serviva solo qualcuno che ti investisse mortalmente e che gli permettesse di trasformarsi nel paladino della giustizia stradale e della sicurezza agli occhi di tutta l’Italia.

 

Io ho dato appuntamento a Carlo in un bar sulla statale, proprio quella che tu stavi percorrendo; qualche giorno prima con una scusa io ho dato la macchina di Carlo a Gaspare per farci installare un prototipo del Mads. Il primo esemplare, era una specie di test. Ci voleva una perfetta sincronizzazione, avevamo provato cento volte ed eravamo certi di riuscire. Ho fatto bere due birre a mio marito, poi gli ho confessato che avevo una relazione con l’Onorevole Cocuzza e quando ti ho visto passare sulla statale con la moto, ho messo in macchina Carlo e gli ho detto di correre verso casa, proprio nella tua stessa direzione, e di aspettarmi lì, poi l’ho chiamato al telefono. Il prototipo di Mads montato sulla macchina ha fatto il resto. Ubriaco, al telefono, con una macchina senza assicurazione, oltre i limiti di velocità, ignorando lo stop. Il criminale stradale perfetto. Carlo aveva la sua vittima e il suo boia da giustiziare. L’opinione pubblica aveva su un piatto d’argento un caso emblematico di come fosse urgente e necessario un pacchetto di leggi che tutelasse la sicurezza sulle strade e un cavaliere senza macchia e senza paura che superasse gli accordi tra le lobby di industriali e i sindacati, capace di dare unione a tutto il parlamento e garantisse la governabilità del Paese spinto anche dalla motivazione nobile del dolore per il terribile incidente ad un fraterno amico d’infanzia.

Sì, te lo dico senza peli sulla lingua, avrei anche potuto dire qualcos’altro a Carlo per farlo correre verso casa, ma vuoi mettere il gusto di sputargli in faccia la sua nullità, quanto lo consideravo un miserabile manco in grado di pagare l’assicurazione dell’automobile e per questo obbligato ad intestarla ad un prestanome? Ho sposato Carlo perché era un bel ragazzotto, ma le cose cambiano. Io volevo un uomo. Con l’incidente abbiamo ottenuto tutti e due tanti vantaggi: Ci siamo liberati di Carlo, gentilmente passato a miglior vita, Gaspare ha ottenuto il pretesto per introdurre il suo esercito di droni a controllare le strade e a fare gli esattori per Safety One e inoltre lui è stato abile pure a trasformare il tuo coma in un reality show per crearsi l’immagine pubblica di politico lungimirante e umano, un sensibile personaggio mediatico. Tu dovevi restare in vita ma solo per diventare una marionetta nelle mani di Gaspare e devo dire che è stato abilissimo pure in questo, forse ha pure avuto fortuna ma devo riconoscergli che è andato tutto come lui aveva previsto nel suo piano, non è un idiota come sembra. “Carlo nella bara, Antonino in coma”, non faceva che ripeterlo, non so come abbia fatto ma c’è riuscito. Però tua madre ha capito qualcosa, non so bene nemmeno io cosa, e non è rimasto che metterla a tacere accontentandola, del resto anche 15 milioni di euro al mese possono bastare. Far scomparire il prototipo di Mads dalla mia macchina dopo l’incidente è stato un gioco da ragazzi per il potentissimo Gaspare, et voilà… alla fine tutto è andato al suo posto. Ora tra noi è finita, ma io voglio la mia parte. E la voglio da te, brutta faccia di plastica. Convinci tua madre a darmi i soldi, altrimenti mi faccio invitare a tutte le trasmissioni televisive e inizio a raccontare come è iniziato tutto questo manicomio di droni, multe, soldi e chi ci guadagna.

- Perché da me, perché non ricatti Gaspare?

- Gaspare mi ucciderebbe. Tu no. E credo tu abbia un forte interesse a fargliela pagare cara. E poi non hai prove, non potresti mai sostenere un’accusa contro di me.

Antonino sentiva la tentazione di mandare giù altre due pillole era forte, quasi un impulso compulsivo, ma riuscì a controllarsi e a dire a Lola che voleva due giorni di tempo per decidere.

- Posso aspettare. – rispose la procace vedova.

Tornando a casa Antonino prese due pillole. Si stordì. Ma il mal di testa non passava, i pensieri non fuggivano, allora ne prese altre due. I pensieri divennero voci, urla di rabbia e impotenza, mandò giù altre due compresse e dieci minuti dopo sentì i muscoli vibrare involontariamente, le palpebre rifiutarsi di sbattere e iniziò ad avere nausea; Elsa era assente, scese in garage e trangugiò un bicchiere d’acqua accompagnandolo con altre due pillole, ci aggiunse pure una birretta e un pezzo di cioccolata fondente di Modica. Forse fu la birretta, o forse la cioccolata di Modica, ma iniziò ad avere le cose più chiare, vide il mondo scorrere più lentamente e riaffiorarono alcuni ricordi che credeva persi. Aggiunse altre due pillole.

 

Aveva tutto quello che gli serviva. Smontò da cima a fondo la cantina di casa e trovò quello che cercava: un vecchio motore di un Ciao lasciato lì a marcire da quando aveva sedici anni. C’era tutto, era completo, era pure truccato con una bella marmittina ad espansione e un cilindro 65. Bastava una bella pulita, la miscela e sarebbe partito

Aveva tutto quello che gli serviva. Smontò da cima a fondo la cantina di casa e trovò quello che cercava: un vecchio motore di un Ciao lasciato lì a marcire da quando aveva sedici anni. C’era tutto, era completo, era pure truccato con una bella marmittina ad espansione e un cilindro 65. Bastava una bella pulita, la miscela e sarebbe partito. Tra tutte le moto in garage prese la più piccola e leggera, una monocilindrica da passeggio; passò il pomeriggio ad estrarne il motore e a svuotarla di tutto l’indispensabile per circolare e rimase solo il telaio con le ruote, il comando del gas con il cavo penzoloni e i freni. A vederla così era già bella, ma era il momento del trapianto. Allineò alla corona il motore del Ciao dentro la culla del telaio, prese le misure e uscì di casa per tornare con staffe, saldatrice e attrezzi, una serie di pignoni, un litro di olio da miscela e tanta voglia di libertà vera.

Il mattino dopo era pronta. Era un po’ ridicola, una moto nata per ospitare un monocilindrico quattro tempi 650 ora aveva dentro un motore di un Ciao, pedali compresi. Ma la soddisfazione delle mani sporche di grasso e fatica fu ricompensata dalla prima accensione del piccolo spernacchiante cuore a due tempi. Il garage si aprì e la creatura bastarda mosse i suoi primi passi con in sella il suo artefice dalla faccia dai lineamenti incerti, casuali, irriconoscibili ma era il massimo che i medici avevano potuto ottenere da quel tizzone che era loro arrivato in sala operatoria dove il chirurgo plastico disse “vedremo…”.

 

E così il gas era sempre più aperto, il singolo cilindro sputava i suoi due o tre cavalli spingendo la motocicletta a sessanta all’ora e già quella era una velocità sufficiente a spingere anche la vita verso direzioni inaspettate; i droni furono implacabili e in pochi secondi la centrale operativa seppe che quella moto non aveva alcun Mads e si trattava quindi di un caso di massima urgenza nel quale la sicurezza pubblica era in gravissimo ed immediato pericolo.

Numerose pattuglie furono inviate per bloccare il matto alla guida della moto senza Mads, ma il lentissimo traffico rendeva difficile avvicinarlo, lui che svicolava tra i veicoli in coda a 25 all’ora in pieno Altomaccio, saliva sui marciapiedi, ogni tanto si godeva una innocente impennata; i droni erano in tilt, ravvisavano violazioni al codice della strada che per pagarle ci sarebbero voluti vent’anni di lavori forzati e la centrale operativa era in fibrillazione: mai in tutti questi anni di attività nel vigore del “pacchetto di sicurezza Nino Lo Turco” si era verificato un evento del genere; forse il pazzo alla guida non sapeva che senza il Mads a bordo la polizia aveva l’ordine di sparare, prima alle gomme, poi al conducente. Ma lui era troppo rapido a cambiare direzione e la polizia non poteva certo sparare in pieno centro abitato col rischio di colpire qualche incolpevole passante, così l’inseguimento di protrasse finché la moto si fermò ai piedi della scalinata della chiesa matrice, il suo conducente scese di sella e salì in cima ai sessanta gradini fino alla sommità della scalinata barocca e lì aspettò che la polizia arrivasse a fucili spianati.

- Fermo sei in arresto! Non ti muovere!

- E chi si muove… fate pure.

Lo arrestarono e lo incappucciarono, poi lo portarono in elicottero a Roma: certe violazioni considerate pericolosissime erano gestite da una polizia speciale con sede nella Capitale. Lo condussero in un cantinato umido, lo fecero sedere e un signore distinto gli disse:

- Bene, ora le togliamo il cappuccio e lei risponderà alle domande che il giudice le rivolgerà. Ha capito?

Il cappuccio si mosse un paio di volte dall’alto verso il basso, un agente lo rimosse e la faccia di plastica che stava sotto aveva un non so che di irridente, si intuiva che stava certamente sorridendo felice.

- Perché ha contravvenuto alle leggi sulla sicurezza nelle strade? Lo sai che lei è il primo in Italia a circolare senza Mads? Chi è lei?

Silenzio.

- Chi è lei? Risponda!!

Una risata partì fragorosa, l’uomo uscito dal cappuccio non riusciva a fermarsi

- La smetta!! Chi è lei? Come si chiama??

L’uomo soffocò l’ilarità e rispose:

- Mi chiamo Carlo Guardo, ho una storia da raccontarvi.

(Fine)

 

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