MotoGP, tutta questione di regolamenti. Ducati nella Open?

MotoGP, tutta questione di regolamenti. Ducati nella Open?
Edoardo Licciardello
  • di Edoardo Licciardello
La lotta fra Case partecipanti al mondiale si sposta dalla pista alle decisioni regolamentari. Ecco le ultime evoluzioni in merito, in attesa che i motori si riaccendano ad inizio febbraio a Sepang
  • Edoardo Licciardello
  • di Edoardo Licciardello
9 gennaio 2014

Punti chiave

 Ci sono un italiano, un giapponese e uno spagnolo. Sembra l’inizio di una barzelletta, non fosse che il finale non fa granché ridere a meno di non avere un senso dell’umorismo abbastanza diverso da quello dei canoni comuni. Perché l’italiano è Gigi dall’Igna, il giapponese è Shuhei Nakamoto, lo spagnolo è naturalmente Carmelo Ezpeleta e la punchline, la battuta finale come la chiamano gli anglofoni, è che la sfida nella premier class del Motomondiale ormai si vince più con le decisioni strategiche a motori spenti che non in pista. Con buona pace di chi ricorda con grande affetto quel motomondiale più semplice, povero ma anche tanto genuino in cui, certo, si vinceva sempre in due – moto e pilota – ma almeno i valori erano sicuramente più chiari.

 

Lo spunto per questa amara riflessione sta nella guerra fredda che si sta consumando nelle stanze dei bottoni della MotoGP. Il pomo della discordia è la famigerata centralina unica, mossa preparatoria all’imposizione – come a breve in Superbike e già da tempo in F1 – di un’elettronica il cui controllo è fuori dal dominio dei reparti corse se non nell’impostazione dei parametri. Honda si è già pronunciata esplicitamente sul suo totale disinteresse verso una formula che non gli permetta di sviluppare il tema tecnico più caldo degli ultimi anni (anche se, curiosamente, proprio la Casa di Tokyo è quella che ne implementa di meno sui suoi modelli di serie) minacciando un disimpegno in caso il regolamento Open – centralina e software unici, 24 litri, vincoli meno restrittivi sul numero di motori – assuma forma universale nelle prossime stagioni.

Fino ad ora, pur se le altre due Case impegnate ufficialmente nel Mondiale non si erano pronunciate con altrettanta decisione, il fronte sull’elettronica appariva abbastanza compatto. Come abbiamo detto più volte, le Case ufficiali ormai hanno riscontri promozionali abbastanza limitati dalla partecipazione alla MotoGP, e i budget che finanziano i reparti corse vengono in gran parte coperti dalle finanze dei dipartimenti ricerca e sviluppo, che puntano ad avere ricadute sugli aspetti tecnici più importanti del momento: limitazione dei consumi e sistemi elettronici. Impensabile che Yamaha potesse dissociarsi dalla posizione Honda, quantomeno improbabile che lo facesse Ducati.

 

La sfida nella premier class del Motomondiale ormai si vince più con le decisioni strategiche a motori spenti che non in pista

E’ stata invece proprio Ducati ad incrinare il fronte dell’MSMA, dapprima confermando in tempi non sospetti l’iscrizione della Desmosedici di Yonny Hernàndez con regolamento Open, e ragionando – la notizia è di questi giorni – sulla possibilità di partecipare in toto con la più libera (e potenzialmente competitiva) normativa teoricamente dedicata ai team privati. La decisione Ducati verrà presa in via definitiva solo dopo i primi test di Sepang, sfruttando la possibilità concessa dall’ultima modifica regolamentare di indicare i termini della propria partecipazione entro la fine di febbraio. Una decisione sensata per la Casa di Borgo Panigale: non vorremmo abusare di un luogo comune con il solito parallelo con Ferrari, ma è certo come Ducati sia uno dei pochi marchi per cui la partecipazione alle competizioni ai massimi livelli abbia un’importanza almeno equivalente per ritorno d’immagine e sviluppo tecnico.

 

Una decisione ancora più sensata se si pensa che – a maggior ragione con l’adesione di un team come Ducati – quella della centralina unica potrebbe diventare una realtà regolamentare per tutti, e che iniziare con due anni d’anticipo a lavorare sui nuovi regolamenti potrebbe dare alla squadra bolognese un notevole vantaggio. Se poi consideriamo che un biennio è stato l’orizzonte realisticamente prospettato da Dall’Igna per un ritorno alla competitività della Desmosedici il cerchio sembrerebbe quadrarsi, anche perché Gigi stesso, che viene dall’esperienza ART, sa bene quali vantaggi possa dare in prova la copertura posteriore extramorbida concessa alle Open. E non c’è bisogno di aver provato le due configurazioni di carico carburante (20 e 24 litri) per immaginarsi che lo stesso vantaggio possa mantenersi in gara potendo contare su un motore che può girare più grasso – risultando quindi meno brusco nella risposta, attenuando uno dei problemi storici del V4 bolognese – e debba “chiudere” meno delle concorrenti verso fine gara.

 

La Honda può contare su Casey Stoner in veste di collaudatore per la sua MotoGP
La Honda può contare su Casey Stoner in veste di collaudatore per la sua MotoGP

L’iscrizione come Open pareggerebbe i conti con Honda anche sotto un altro aspetto: il vincolo imposto alle Factory nel numero di test con i piloti ufficiali, uscito dalla porta a fine 2011 e rientrato dalla finestra quest’anno. Una norma insensata già a suo tempo (in che modo si limitano i costi consentendo alle Case di provare la propria moto, ma non con i piloti ufficiali già lautamente pagati per farlo bensì con collaudatori spesso pagati a gettone?) e giustamente cassata, ricomparsa quest’anno per motivi che non si riescono a capire almeno finché non si nota come Honda possa contare sui servizi di Casey Stoner, che non essendo pilota ufficiale può provare finché gli pare. A pensare male si fa peccato ma il più delle volte ci si azzecca, diceva un noto politico italiano, e non è difficile intuire la longa manus HRC dietro alla reintroduzione del vincolo, magari concesso da Ezpeleta come contentino a fronte della prima fase di imposizione della centralina unica, quello con software da svilupparsi autonomamente.

 

La conclusione amara che prospettavamo all’inizio sta appunto nel constatare come lo scontro fra Case costruttrici, che una volta si consumava quasi esclusivamente in pista o al massimo nei reparti corsa impegnati a trovare qualcosa che avvantaggiasse i propri piloti sugli altri, ora sembra giocarsi soprattutto sui tavoli delle trattative tecniche e regolamentari. Senza voler apparire eccessivamente disfattisti, i vari bracci di ferro a cui abbiamo assistito negli ultimi tempi sembrano per lo più volti a definire un quadro regolamentare da imporre alla concorrenza a fronte del quale l’uno o l’altro (ma per lo più l’uno, se capite cosa intendiamo…) goda di un vantaggio che solo lui è in grado di sfruttare in tempo utile.

 

A questo punto anche chi ricorda bene l’entusiasmo nel vedere il nascere di soluzioni tecniche non può non restare con l’amaro in bocca. E pensare che forse, pur non amando le norme che legano le mani ai progettisti, la centralina unica non possa essere se non il male minore.