MotoGP. Rossi: "Che bello stare sul podio... più in alto di loro"

MotoGP. Rossi: "Che bello stare sul podio... più in alto di loro"
Giovanni Zamagni
Valentino commenta una gara dominata dal primo all’ultimo giro: «Sapevo di poter essere competitivo, è stato il fine settimana perfetto. Non vincevo da Silverstone, era arrivato il mio turno”. Sulla strategia: “Prima del via, un mio meccanico mi ha detto: primo dalla prima all’ultima curva”. Mi è sembrata una buona idea
24 aprile 2016

JEREZ DE LA FRONTERA I numeri, crudi ma inappellabili, sono da brividi: 113 vittorie, 87 in 500/MotoGP, 19 anni e 250 giorni tra il primo (Brno 1996) e l’ultimo (per ora) successo. Ogni volta, Valentino Rossi riesce a spostare l’asticella sempre più in alto, a fare imprese che non sembravano più alla sua portata: questa volta è riuscito a stare in testa dal primo all’ultimo giro, come non gli riusciva da tempo immemore. Personalmente, mi stupisco che ci sia ancora qualcuno che si stupisca per quello che è capace di fare.


«E’ stato il fine settimana perfetto, non ti puoi aspettare niente di meglio: sono stato subito veloce fin da venerdì, sabato ho fatto primo nelle libere e primo in qualifica, ma il massimo, naturalmente, è stata la vittoria di oggi, che è sicuramente speciale. Non so perché, ma prima di partire per Jerez sentivo che sarei stato competitivo, ma non ne potevo avere la certezza: la mia era soprattutto una speranza. Abbiamo lavorato bene con la squadra, concentrandoci soprattutto sulle gomme usate. Per la gara temevo che Lorenzo se ne potesse andare, ma ero tranquillo, perché sapevo di poter stare con lui. Poi un mio meccanico mi ha detto: “primo dalla prima all’ultima curva”. Ho pensato che fosse una buona idea e così ho fatto… Che gusto!».


Per la verità, Lorenzo ti ha passato in una curva al secondo giro…

«Sentivo che era attaccato con i denti: il suo sorpasso è stato molto coraggioso. Per fare un paragone con il calcio, si può dire che abbia tentato un “tirone” da lontano, ma è andato largo e l’ho ripassato. Io avevo più passo di lui e ho imposto il mio ritmo».


Lorenzo si è lamentato molto del pattinamento della ruota posteriore: è stato così anche per te?

«Sì, quando mancavano dieci, forse anche dodici giri, la moto sgommava in rettilineo: lo faceva un po’ anche in prova, ma in gara è stato molto più evidente. Succedeva una cosa strana: solo nel rettilineo dei box, non in quello più lungo che porta alla curva sei (la “Dry Sack”, NDA), la gomma posteriore “spinnava” e mi sono un po’ preoccupato, perché arrivavo alla prima curva con tanta temperatura e non era facile inserire la moto. Ho rallentato, anche perché mancavano ancora parecchi giri, ma nel resto del circuito si poteva comunque guidare bene».


Quanto conta questo successo a Jerez, a casa di Lorenzo e Màrquez?

«Non so: molto, moltissimo. E’ stato bello essere lì sul podio in mezzo a loro, ma un po’ più in alto di Lorenzo e Màrquez… Ma, soprattutto, è importante che sia arrivata nel momento giusto: dopo Silverstone, si erano imposti Màrquez, Lorenzo e Pedrosa, era arrivato il mio turno. Una vittoria così è importantissima per me e per il mio team: in questo modo, non mi ricordo nemmeno di averla mai fatta! Vuol dire che siamo forti, ed era importante fare una bella gara dopo l’errore di Austin, dove potevo raccogliere molti punti: ma erano anche 25 GP che non cadevo, ci può stare».


Nel warm up hai utilizzato due moto differenti: hai fatto delle ulteriori modifiche?

«Dopo le FP ci sentivamo a posto, ma volevamo provare a migliorare la M1 in frenata e in entrata di curva: la mia squadra è stata grande, ha fatto un ottimo lavoro, così come tutta la Yamaha».


Con le Michelin sembri più efficace in generale: è così?

«Io sono cresciuto con queste gomme, mi sono più familiari. Le Bridgestone sono coperture di altissimo livello, ma io ho iniziato a usarle già avanti nella carriera».


Quanto ha influito Cadalora in questo successo?

«Luca è molto importante: ha una grande passione ed esperienza, lavoriamo bene insieme. Mi dà tanti piccoli suggerimenti sia in pista sia dentro al box».


Sei a nove (o a dieci se si considera valido anche il successo in 750) vittorie dal primato di Agostini: lo puoi battere?

«E’ meglio non parlare di questo, sono ancora lontanissimo…» (si dice che quando ti avvicini troppo ai primati di Agostini accada sempre qualcosa di negativo, NDA).


Sono passati 19 anni e 250 giorni dal tuo primo successo: cosa si può dire?

«Il mio primo obiettivo quando inizia una nuova stagione è vincere almeno una gara. Ce l’ho fatta sempre, tranne i due anni con la Ducati, e ci sono riuscito anche quest’anno: adesso si può cominciare a pensare anche alle altre cose. E’ un successo importante, perché se si va bene qui solitamente si va forte anche al Mugello, a Barcellona, ad Assen e in tante piste europee. Poi, diciamo la verità: vincere a Jerez non è come farlo, che so, in Argentina, farlo a Jerez è come trionfare al Camp Nou (lo stadio del Barcellona, NDA), c’è un sacco di storia. Negli ultimi anni ci sono state delle piste dove con le Bridgestone ho veramente sofferto, mentre in passato con le Michelin ero veloce: Jerez è una di queste, qui vinsi così nel 2007. Esserci ancora dopo una decina d’anni dà gusto. Adesso, però, non bisogna pensare che vado sempre così: bisogna godersi questa, perché poi magari fra 10 giorni a Le Mans cambia tutto. Non pensiamo al campionato, guardiamo GP per GP e cerchiamo di essere forti anche nel prossimo. In Francia, solitamente, la nostra moto va molto bene, però lì spesso piove, fa freddo: insomma, ci sono altri problemi».


Rispetto all’anno scorso, ti senti più aggressivo, anche nel lavoro dentro al box?

«E’ stato un grande aiuto l’arrivo di Cadalora e mi trovo molto bene con Silvano (Galbusera, il capo tecnico, NDA) e Matteo (Flamigni, il telemetrico, NDA), oltre che con tutti gli altri ragazzi. Abbiamo delle idee, effettivamente siamo più aggressivi e anch’io quando guido riesco a capire meglio cosa serve alla moto per andare forte, e qui siamo partiti subito con una buona base: anche questo fa la differenza».


E Bulega all’ultima curva?

«Oggi i miei ragazzi mi hanno fatto godere, anche in Moto2, ma soprattutto, naturalmente, Bulega e Bagnaia in Moto3: ciò che impressiona più di Nicolò è la maturità, perché ha fatto due staccate incredibili all’ultimo giro senza sbagliare, senza toccare nessuno, senza mandare un avversario largo. Gli avversari possono solo stare zitti, sono arrivati dietro. Tranne Binder, naturalmente».