MotoGP. Guidotti: “Pregi e difetti di Márquez, Petrucci, Iannone…”

Giovanni Zamagni
Il team manager di Pramac Ducati svela particolari interessanti sui piloti con i quali ha lavorato nella sua carriera, dando anche un voto sulla difficoltà di lavorare con ciascuno di loro. Max il più esigente, ma anche fortissimo; Marc il più talentuoso; Danilo il più determinato. Contento di Miller e Bagnaia
14 aprile 2020

Oggi, con Skype, vi porto a casa di Francesco Guidotti, team manager Pramac-Ducati.

Francesco Guidotti fa parte di una famiglia da corsa: papà Fabrizio ha lavorato nel cross e nella velocità, scoprendo campioni come Biaggi e Rossi; Giacomo è capo tecnico di Nakagami nel team LCR; Francesco ha lavorato con Aprilia, KTM, Ducati e tanti altri. Dopo un intrigante racconto su come è arrivato al motomondiale, Francesco parla dei piloti con i quali ha lavorato, tracciandone un profilo interessante e particolare.

 

MAX BIAGGI: “MI HA INSEGNATO TANTISSIMO”

“L’ho conosciuto all’epoca della Sport Production: si è subito instaurato un rapporto stretto. Quando ci siamo ritrovati a lavorare insieme, è stato come non essersi mai lasciati. Ho imparato tantissimo da lui: è un carattere complicato quando è sotto pressione, richiede massima attenzione, ma ho imparato a vedere cose che non avrei visto in altra maniera. Ha una determinazione incredibile, a lui, a volte, non basta vincere. I due anni con Biaggi sono stati utilissimi: il suo talento non è in discussione. Difficoltà di lavorare con Max: 10! Ma non è facile lavorare con nessuno, sia uno che vada piano sia che vada forte. Meglio uno che “rompe le scatole”, ma che vince.

 

MANUEL POGGIALI: “FANTASTICO, PRIMA CHE SI CHIUDESSE”

“Fino a tre quarti di stagione è stato un piacere lavorare con lui, poi ha iniziato a chiudersi, forse per la tensione del mondiale. Difficoltà di lavorare con Manuel: all’inizio 3, alla fine molto difficile, lui non era sereno. 

 

MARC MARQUEZ: “UN TALENTO PAZZESCO FIN DA PICCOLO”

“L’ho conosciuto prima che arrivasse al mondiale: ce lo aveva presentato Emilio Alzamora quando faceva il CEV con la KTM. Allora Marc era veramente piccolo: aveva 18 kg di zavorra. Ha corso in condizioni tecniche svantaggiate, ma si capiva che i numeri li aveva. Per lui ho preso un rischio con KTM, andando avanti un altro anno anche se avevano già annunciato il ritiro. C’era più che una sensazione che si trattasse di un grande talento. Era già molto maturo: faceva tanti errori, è ancora esuberante, ma nel box sapeva cosa fare. Quando vinse il suo primo GP della sua vita, ringraziò me e chi aveva lavorato con lui in precedenza. Difficoltà di lavorare con Marc: 0”.

 

ANDREA IANNONE: “CONDIZIONATO DALLA SUA FORMAZIONE”

“E’ arrivato con poca esperienza di team: ha iniziato a capire che doveva fare il pilota e basta, non anche altre cose. Grandissima capacità di guida, a livello personale si comporta in un certo modo nel box, ma fuori è un ragazzo con il quale si parla benissimo ed è piacevole. Ha vinto poco perché all’inizio non era instradato nella maniera giusta: questo ti limita sia nella crescita personale che professionale. Difficoltà di lavorare con Andrea: 7. Era ancora all’inizio, forse è cambiato quando è andato nel team ufficiale”.

 

DANILO PETRUCCI: “UNA GRANDISSIMA DETERMINAZIONE”

“E’ stato una sfida. Lo abbiamo preso per sostituire Iannone: mi ha colpito la sua grande voglia di dimostrare il suo valore. E nei tre anni precedenti aveva accettato di correre in un modo incredibile, altri non avrebbero fatto tre GP in quelle condizioni. Mi ha convinto questa sua grandissima determinazione: abbiamo fatto questa scommessa insieme. Lui accettò uno stipendio bassissimo, era una macchina da guerra: la sua formazione l’ha limitato, non ha fatto nulla di propedeutico per arrivare in MotoGP. E’ arrivato da noi con tanti difetti, ma anche molti pregi: solitamente arrivi in MotoGP già formato. Con lui tanti podi, e ha sfiorato due volte la vittoria: è stata una bella esperienza umana e professionale. Ha le qualità per stare in un team ufficiale, forse gli mancherà il tempo. Difficoltà di lavorare con Danilo: 0! Anche perché lui si era messo completamente nelle nostre mani”

BEN SPIES: “ERA GIA’ INFORTUNATO”

“Dopo l’infortunio alla spalla a Sepang 2012, non si è più ripreso. Ha nascosto l’entità dell’infortunio fino al GP in Texas, a casa sua. Non ce la faceva più a guidare, ma era così determinato a correre la prima gara in Texas, che era disposto a vendere l’anima al diavolo. Non l’avesse fatto, avrebbe potuto continuare la carriera. Difficoltà di lavorare con Ben: più che con lui, la difficoltà era con la mamma…”.

JACK MILLER: “HA SOFFERTO LA MANCANZA DELLA MOTO UFFICIALE”

“Il primo anno è stato difficile: ha sofferto molto la mancanza della moto ufficiale. Poi ha fatto vedere le sue qualità. C’è stato un po’ da lavorare sotto l’aspetto personale, come pilota sa già il fatto suo. Assieme al suo manager, Aki Ajo, abbiamo fatto un buon lavoro. Stare a casa sua in Australia lo rigenera: tanti piccoli aspetti che lo hanno fatto maturare come ragazzo e, di conseguenza, cresci professionalmente. Nel 2019 ha fatto cinque podi, anche se non si è mai giocato la vittoria: lo potrebbe fare quest’anno. Difficoltà di lavorare con Jack: tra 8 e 100! Quando è in Australia, per disperazione, chiamiamo sua mamma, lui perde il telefono”.

PECCO BAGNAIA: “HA GRANDI QUALITA' "

“Ha delle gran qualità, il mondiale non si vince per caso. Era partito fortissimo nei test invernali, poi ha pagato l’inesperienza con una moto non facile nella gestione della gara. E’ stato anche un po’ sfortunato: tanti piccoli episodi lo hanno condizionato e gli hanno tolto un po’ di confidenza. Qualità di guida e carattere sono quelle del campione, ma la sua stagione è stata un po’ condizionata. Ma non ho mai perso la fiducia in lui. Difficoltà di lavorare con Pecco: 7”.