MotoGP. Dott. Costa: "Lorenzo perfetto, Marquez di più"

MotoGP. Dott. Costa: "Lorenzo perfetto, Marquez di più"
Giovanni Zamagni
Il dottore del motomondiale spiega cosa significa, dal punto di vista psicologico, giocarsi il titolo all’ultima gara. “Marc ha il coraggio di andare sempre oltre” | G. Zamagni, Valencia
9 novembre 2013

Punti chiave

 
VALENCIA – Dottor Claudio Costa, cosa significa giocarsi il titolo all’ultima gara?
«Sportivamente e umanamente significa entrare in una forte tensione psicologica: tutti noi sappiamo che non possiamo prevedere il futuro, ma è un desiderio al quale tendiamo. E’ quindi una “frustrazione” della coscienza, che bisogna saper gestire. Chi vince in queste situazioni? Vince chi è sicuro di se stesso, chi crede che il destino è scritto nel suo cuore, chi ha più esperienza. Sotto questo aspetto, quindi, Lorenzo dovrebbe essere favorito. Ma con Marquez ci troviamo di fronte a qualcosa di nuovo, a un fenomeno, non solo perché può vincere a 20 anni, impresa mai riuscita prima a nessuno alla sua età; Marc è un prodigio della natura, un ragazzo, un bambino di 20 anni che dietro il suo sorriso nasconde una dote incredibile: il coraggio. E’ questa la sua dote principale: il coraggio di andare sempre oltre. Se Lorenzo è la perfezione, Marquez è oltre la perfezione».


Marquez ha detto di sopportare bene la pressione, ma che non si può mai sapere come reagisce il corpo e la mente; cosa potrebbe succedere di negativo domenica?
«Questo bambino prodigio avrà solamente un dubbio: “corro per conquistare il mondiale o per vincere la gara?” come sicuramente è in grado di fare. Nella tensione di questo dubbio, si gioca il destino di Marquez, anche perché Marc sa perfettamente che diventare il numero uno del mondo trionfando in gara ha tutto un altro sapore: non si dimentica uno che vince il titolo vincendo anche la gara».


Parliamo di Moto3, di Salom, Vinales e Rins: a me mette i brividi pensare che tre ragazzini di 17-18 anni si giocheranno il titolo di fronte a 150.000 appassionati spagnoli. Come la vedi?
«Sicuramente da fuori è qualcosa di perturbante, può sconvolgere dal punto di vista sportivo, ma i tre ragazzini la vivranno in maniera completamente differente. Qui si manifesta un altro aspetto dell’emozione umana: la paura. E’ facile che questi giovani piloti possano avere la paura di non farcela. Ma la paura – che non deve essere confusa con il panico, che è negativo perché paralizzante – non è un difetto: vincerà proprio chi avrà più paura, esorcizzando l’eventualità di non raggiungere il traguardo».

 

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