MotoGP 2021. GP di Germania al Sachsenring. Ramon Forcada: “Franco Morbidelli può diventare grandissimo”

MotoGP 2021. GP di Germania al Sachsenring. Ramon Forcada: “Franco Morbidelli può diventare grandissimo”
Giovanni Zamagni
Il capo tecnico di Franco non ha dubbi. “Nel 2020 ha fatto vedere cosa importanti. Adesso si sente un po’ impotente, ma con una moto ufficiale può lottare costantemente per i primi tre”. Sui giovani: “La generazione di Lorenzo ha portato un cambio di mentalità: adesso chi arriva in MotoGP non pensa più che ci siano piloti imbattibili”
17 giugno 2021

Ha un passato come pilota, lavora nel motomondiale dal 1989, ha messo le mani sulle 125, sulle 250, sulle 500 e sulle MotoGP, dal 2008 è con la Yamaha e dal 2019 è a fianco di Franco Morbidelli. Ramon Forcada, classe 1957, è uno dei grandi tecnici di questo mondo, uno in grado di fare la differenza. Parlare con lui è un piacere assoluto per un appassionato di moto: lo ascolteresti per ore e ore. Ecco cosa ci ha detto alla vigilia del GP di Germania.

“Ho iniziato con Cobas nel 1989 con Alex Criville, l’anno in cui ha vinto il mondiale. Poi ho lavorato in 250, in 500 e in MotoGP: mi mancano Moto3 e Moto2, magari in futuro… Sono in Yamaha dal 2008, ho iniziato con Jorge Lorenzo”.

Prima di fare il tecnico, hai corso in moto?

Sì, tantissimi anni fa, nell’enduro e nel motocross: non ero a un gran livello, anche se ho vinto due campionati della Catalunya.

Per un capo tecnico, è un vantaggio essere stato prima pilota?

Non lo so, non sono mai stato pilota di velocità. Forse ti aiuta all’inizio, ma quando hai tanti anni di esperienza non fa nessuna differenza: mettiamo che io avessi fatto il pilota nel 1987, immagina quanto è cambiato il mondo da allora… Ti aiuta di più capire cosa sente il pilota, come è cambiata la moto, come sono cambiate le categorie, il mondiale e tutto il resto.

A proposito di cambiamenti: quanto è differente Franco Morbidelli rispetto al 2019, il primo anno in cui avete lavorato insieme?

La prima differenza è l’esperienza: nel 2019 veniva dalla Honda, mentre adesso è già al terzo anno con la Yamaha: ha capito molto bene come fare lavorare la M1, adesso sa come funziona la Yamaha come fabbrica, perché ogni costruttore è un mondo un po’ differente. E’ cresciuto moltissimo a tutti i livelli: come uomo, ma anche nell’allenamento, nella dieta, nella guida, nel capire come gestire la moto e le gomme. E’ un pilota in continua crescita ed evoluzione.

Continua a imparare?

Certamente. Nel motomondiale ci sono sempre delle cose nuove: la filosofia della Yamaha è sempre la stessa, ma la moto cambia. Nel nostro caso, è uguale a quella del 2020, ma ci sono sempre dei piccoli cambiamenti di carattere, devi saperti adattare. Così come alle gomme: quando te ne portano una nuova, non sempre è migliorativa. Magari ha più grip, ma cambia nella gestione del consumo e di altri aspetti: un pilota deve crescere continuamente”.

Si può considerare Franco come uno dei piloti fortissimi della MotoGP?

E’ su quella strada. Nel 2020, è arrivato secondo con una moto che non era la più veloce o la migliore del campionato. Purtroppo, quest’anno la sua M1 è identica a quella della passata stagione e la differenza è più grande, perché gli altri sono migliorati. Credo che nel 2020 abbia fatto vedere qualità importanti, quest’anno stiamo soffrendo un po’ di più, anche per le piste sulle quali abbiamo corso fino adesso: Mugello, Catalunya hanno un rettilineo veramente lungo e con la differenza che abbiamo di velocità facciamo fatica. Sono convinto che con una moto di livello, potrebbe stare costantemente nei primi tre in ogni GP.

Quindi se la giocherebbe anche per il titolo?

Se stai nei primi tre, ti giochi il campionato.

La mia impressione, è che quest’anno Franco sia più rassegnato rispetto al 2020: allora non pensava alle prestazioni della sua moto, adesso, inevitabilmente sì.

Abbiamo capito subito dal primo test che le altre moto erano cresciute, mentre noi siamo dove eravamo nel 2020. Adesso in MotoGP le differenze sono piccolissime: non è che la nostra M1 sia molto peggio, ma basta una moto un po’ indietro per perdere un decimo al giro, che con il livello di oggi significa tre posizioni in classifica. E’ questo il problema.

Le differenze sono troppo piccole: capisco che è difficile mantenere la grinta quando hai la sensazione di sbattere contro un “muro”. Ma adesso siamo al Sachsenring, una pista dove il motore non è così importante, credo si possa fare un buon lavoro, così come ad Assen, dove correremo settimana prossima. Se facciamo dei buoni risultati in queste piste, possiamo arrivare alla fine dell’anno per lottare per qualcosa. Non so bene cosa, perché sono tutti talmente vicini che è impossibile fare delle previsioni: a Jerez i primi 10 erano in 176 millesimi… Ecco perché basta un piccolo svantaggio, per essere in difficoltà”.

Sono tutti così vicini perché il livello è altissimo o perché non lo è?

Il livello è altissimo. Sono arrivati dei giovani dalla Moto2 che non hanno paura, hanno subito fatto delle belle gare dall’inizio. Molto dipende dalla loro carriera prima di arrivare in MotoGP, dalla loro mentalità: i piloti che hanno cambiato la storia sono quelli della generazione di Lorenzo, Stoner, Pedrosa, Dovizioso. Loro sono arrivati in MotoGP e hanno detto: qui si può vincere anche se davanti c’è Valentino Rossi o altri campioni già affermati, mentre quelli che erano arrivati prima pensavano che fossero “intoccabili”, imbattibili.

La generazione di Lorenzo e degli altri hanno detto: qui di intoccabile non c’è nessuno. L’arrivo di Fabio Quartararo nella nostra squadra nel 2019 ha dimostrato che se anche non hai vinto in Moto2, puoi avere la possibilità di lottare per stare davanti in MotoGP. Adesso le moto sono tutte competitive: 10 piloti in 176 millesimi significa che tutte le Case vanno molto bene, non è come all’epoca delle 500, quando solo le Honda NSR erano competitive. Adesso lo sono tutte le moto: questo dà la convinzione al pilota giovane, e non solo, che si può fare bene, anche se la sua moto non è la migliore in assoluto. Questo ti dà la possibilità di crederci, è l’aspetto più importante: se arrivi in un campionato e pensi che il primo, il secondo e il terzo siano imbattibili, probabilmente non arrivi nemmeno quarto. Ma se pensi di poter anche vincere, allora ce la puoi fare”.

Quindi il cambio più grande è di mentalità?

Per me sì. E’ chiaro che ci deve essere anche la qualità. Tutti hanno visto che un pilota (Quartararo, nda) che in Moto2 ha vinto una gara, può lottare per il mondiale in MotoGP: il campionato adesso è molto più professionistico. Voi italiani, per esempio, avete Pecco Bagnaia: lui è sempre stato un pilota forte, ma quello che vedi adesso da fuori è che si impegna molto di più, in pista e fuori. Questo fa la differenza.

Hai parlato di Quartararo: credi sia uno di quelli di altissimo livello?

Ha la possibilità di vincere il campionato: nel 2020 gli è mancata la fiducia, è stato molto irregolare nelle sue prestazioni. Quattro anni fa era un “outsider” in Moto2, guarda dove è adesso: è un pilota di vertice ed è in un team ufficiale.

Ma nel 2020 Fabio ha sofferto le prestazioni di Franco?

Sì. E’ successo ad entrambi: Franco nel 2019 ha sofferto i risultati di Fabio e nel 2020 è stato Quartararo a patire Morbidelli. Alla fine ci sono sempre due campionati: uno generale e uno personale. E’ importante essere campione del mondo, così come è importante essere primo della tua Marca.

Non serve a niente, ma alla fine, da pilota puoi dire: non è colpa mia. Diventa una scusa, è uno sbaglio, ma se sei il primo della tua Casa significa che hai fatto un buon lavoro. Nel 2019, in teoria, Franco doveva essere il pilota di riferimento del team, quello che aveva un anno di esperienza in MotoGP, era campione del mondo della Moto2, ma Fabio ha fatto meglio di lui. Mentre nel 2020, quando Quartararo aveva già la moto ufficiale, sembrava dovesse essere lui il numero uno della squadra, ma Franco l’ha “massacrato” (sportivamente parlando, naturalmente, nda). Nel 2019, per Morbido non era accettabile che un pilota con meno esperienza gli stesse davanti e lo stesso è successo nel 2020 a parti invertite.

Nel 2019, hai dovuto fare più lo psicologo che il tecnico con Franco?

No, quello l’ha fatto lui da solo: basta che guardi la classifica e capisci dove sei, non serve che un altro ti dica certe cose… Franco sapeva benissimo la moto che aveva lui e quella degli altri, ne va del tuo “ego”, della tua voglia di accettare o no una certa situazione.

Parliamo del Sachsenring.

E’ una pista strana: la Yamaha è sempre andata bene, ma qui ha vinto l’ultima volta nel 2009 (primo Rossi, secondo Lorenzo, nda). Nel 2019, Vinales non aveva fatto una brutta gara, ma c’era Marquez in grande forma: qui e ad Austin lui è quasi imbattibile. Noi sappiamo benissimo che lottare per la vittoria sarà un po’ difficile: senza l’esperienza del 2020, dobbiamo capire da dove partiamo, perché nel 2019 avevamo faticato un po’, Franco risentiva troppo dell’anno con la Honda. In teoria, c’è la possibilità di fare bene.

Marquez te lo aspetti competitivo?

Non lo so. E’ una pista complicata, è molto piccola, non hai mai tempo per riposarti. E la gara è di 30 giri: anche mentalmente è tosta. Bisogna vedere come sta fisicamente.