Jarno Saarinen avrebbe 75 anni oggi

Jarno Saarinen avrebbe 75 anni oggi
Nico Cereghini
  • di Nico Cereghini
Era nato l’11 dicembre del ‘45, e ci ha lasciato troppo presto, in quel drammatico 20 maggio 1973. Il finlandese era l’astro nascente, dopo tre GP in vetta alle classifiche della 250 e della 500 con la Yamaha
  • Nico Cereghini
  • di Nico Cereghini
11 dicembre 2020

Pochi piloti nel motociclismo hanno lasciato una simile traccia. Quando si parla di Jarno Saarinen ti assale una nostalgia difficile da sopportare. Era così veloce, era così perfetto, la sua Soili era così bella che diventa difficile accettare l’idea che sia morto a soli 27 anni e in quel modo, investito in un groviglio di moto e piloti nel curvone di Monza quel 20 maggio 1973. Insieme al nostro amato Renzo Pasolini.

Jarno oggi compirebbe settantacinque anni, era nato a Turku l’11 dicembre del 1945. A diciotto anni le prime gare in moto, sul ghiaccio e poi sull’asfalto, insieme al fraterno amico Teuvo Lansivuori; era appassionato di meccanica, le moto se le sistemava da solo, nel 1970 si laureò in ingegneria, salì due volte sul podio mondiale della 250 con la Yamaha e infine sposò la fidanzata Soili. Già l’anno dopo cominciava a vincere.

Aveva uno stile particolare: semimanubri inclinatissimi, petto schiacciato sul serbatoio, la gamba interna divaricata dentro la curva. Aveva un controllo totale della moto, era imbattibile sul bagnato, con la leggera derapata del posteriore. Sapeva adattarsi immediatamente ad ogni moto: dalla 50 Kreidler (secondo in un GP spagnolo) alle Benelli 350 e 500 quattro cilindri e quattro tempi, come dimostrò nella gara internazionale di Pesaro, 1972, battendo Ago in entrambe le gare.   

In quella stagione 1973 stava dominando. Jarno era il campione iridato in carica della duemmezzo dopo un bel duello con Pasolini (e vice campione della 350), la Yamaha lo volle sulla 250 e sulla 500 ufficiali e lui firmò per un solo biennio. Dal ’75 intendeva smettere e dedicarsi alla famiglia e al lavoro: voleva essere un progettista di moto.

Saarinen stava vincendo tutto. Prima ancora che cominciasse il mondiale prese la nuova 350 raffreddata a liquido, vinse la 200 Miglia di Daytona e replicò a Imola; con la 250 trionfò nei primi tre GP al Castellet, al Salzbürgring e ad Hockenheim; con la nuova 500 OW20 vinse al suo esordio nella top class, come aveva fatto soltanto Duke prima di lui (e Max Biaggi dopo). Poi Jarno vinse anche in Austria, con la 500, mentre in Germania lo fermò la rottura della catena quando duellava al vertice con Phil Read.

Pensammo che avrebbe vinto i due titoli, che era troppo forte e nessuno avrebbe potuto fermarlo. Lo fermò il curvone di Monza. Jarno temeva quei gard rail così vicini alla pista, non amava il rischio, si era rifiutato di correre al Tourist Trophy l’anno prima. Sulla stampa inglese era uscita la sua dichiarazione “Non voglio morire!”. Erano tempi duri, c’erano già piste sicure come il Paul Ricard a Le Castellet, ma sopravvivevano tracciati obsoleti come Salisburgo, Abbazia, il Nürburging, Spa, Brno stradale. La sua stessa Imatra, Finlandia, con i marciapiedi e il passaggio a livello.

Ci voleva fortuna, negli anni Settanta. Purtroppo la dea bendata, quel 20 maggio 1973, si girò dall’altra parte e il curvone diventò un inferno. Oggi Jarno Saarinen sarebbe un anziano progettista ormai in pensione, con un grande passato alle spalle e sicuramente molto stimato. E gli arriverebbero gli auguri più affettuosi da tantissimi motociclisti. “Grazie Jarno!”