GP di Francia a Le Mans, qui si fa la storia

GP di Francia a Le Mans, qui si fa la storia
Nico Cereghini
  • di Nico Cereghini
Il quinto round della MotoGP sulla pista francese più nota: corta, non tanto tecnica ma spettacolare. Jorge Lorenzo ha vinto cinque volte, nessuno come lui. E gli equilibri tecnici sono tutti da decidere
  • Nico Cereghini
  • di Nico Cereghini
18 maggio 2017

Le Mans, nord ovest della Francia, qui si corre la celebre 24 Ore automobilistica con il rettilineo delle Hunaudières, sei chilometri a palla dove le vetture “prototipi” toccarono più di una volta i 400 all’ora. Qui la storia è in ogni sasso, in ogni albero, è nella targa sotto la tribuna centrale dove, giugno 1955, finì esplodendo la Mercedes di Levegh uccidendo ottantaquattro persone e ferendone centoventi. La più grande tragedia nella storia dell’automobilismo. Invece la 24H Moto e il Bol d’Or si sono sempre disputati sul breve circuito Bugatti, poco più di quattro chilometri, in comune con le auto soltanto i box e la tribuna centrale; poche curve ma nomi pittoreschi: il garage verde, il museo, il passaggio dei buoi, la esse blu. Personalmente posso dire di conoscerlo bene, il Bugatti, dopo cinque Bol d’Or disputati negli anni Settanta con Kawasaki e Laverda, ma Valentino Rossi di più, potrebbe girare a occhi chiusi, qui è tra i protagonisti del Gran Premio di Francia ininterrottamente dal 2000, fin dai tempi delle 500 due tempi: lui, tra prove e gare, deve aver fatto a Le Mans qualcosa come diecimila chilometri. Eppure non ci torna tanto volentieri, la pista è giudicata poco tecnica dalla maggior parte dei piloti, e non è la preferita neppure per Jorge Lorenzo che pure ha vinto cinque volte negli ultimi otto anni: cominciò la serie nel 2009, ha trionfato anche l’anno scorso, tra quelle curve è lui il più forte.


E non si può dimenticare come ci arrivammo, nel 2016 al GP di Francia. Tutti molto agitati. Giusto quindici giorni prima, a Jerez, Ducati aveva annunciato ufficialmente il clamoroso ingaggio del cinque volte campione del mondo Jorge Lorenzo per il biennio 2017/2018, Iannone e Dovizioso si sarebbero giocati il secondo posto in squadra. Il nervosismo era comprensibile e c’era addirittura burrasca in casa Honda, con Pedrosa che cercava altre strade e la moto che non voleva mettersi d’accordo con la nuova elettronica. E in più si registrarono molte cadute fin dalle qualifiche: l’anteriore Michelin non dava il feeling al quale i piloti erano stati abituati. E alla fine fu una gara particolare, con le due Ducati ufficiali, che pure erano molto competitive, fuori per caduta: prima Andrea Iannone (scattato dalla terza casella, era secondo) poi il Dovi (in quel momento terzo) in simultanea con Marquez che lo seguiva da vicino. Una dinamica molto particolare, ricordate? Curva del Museo, sinistra da seconda, l’avantreno che tradisce i due piloti nello stesso istante. Anche al rallenty nemmeno un frame di differenza, a terra perfettamente insieme. E intanto Lorenzo era sempre in testa dalla prima all’ultima curva, un dominio, e Rossi fu secondo e la Suzuki andò sul podio con Vinales.


La MotoGP arriva oggi in Francia dopo quattro GP e nella massima incertezza sugli equilibri in gioco. La Yamaha, dominatrice delle prime due corse con Vinales e sempre sul podio con Rossi, è stata raggiunta dalla Honda nelle due prove successive. Difficile essere sempre al cento per cento. Tutto questo mentre Dovizioso andava forte con la Desmosedici e Lorenzo faticava a prendere confidenza con la sua nuova moto. La svolta dieci giorni fa in Spagna: Jorge, turno dopo turno, sta tornando al vertice e il primo podio di Jerez lo ha caricato al punto giusto.


La corsa di domenica prossima sarà tutta da seguire. Se la pista è poco tecnica per i piloti, alla tivù regala invece uno spettacolo grandioso. Bello seguire le lunghe accelerazioni tra un tornante e l’altro, i piloti vicinissimi in scia; e poi la danza nella esse bleu, e l’ultima doppia curva da prima con le moto piegate a 55 gradi che saltano sul cordolo esterno. Ma come fanno a tenere la linea? Impegnativa anche la frenata a moto inclinata dopo i box, prima della variante, e scenografico lo scollinamento successivo sotto il ponte Dunlop. Una volta la variante non c’era e Sheene e Ago, negli anni Settanta, al dosso arrivavano a 250 all’ora. Marco Lucchinelli nel ’76 provò anche le ali sulla pancia della carenatura, per tenere giù la Suzuki RG500. Nel tempo il tracciato, che in effetti era pericoloso, è stato rallentato con quella variante, e qualche curva è stata anticipata per far spazio all’esterno. La riasfaltatura è recente: la settimana scorsa i piloti della MotoGP ci hanno girato una giornata intera, nei test chiesti da Michelin, e se ne sono andati soddisfatti. Tutto è in ordine per una grande domenica.

 

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