Dietro le quinte della MotoGP. Un saluto a Paolo Fabbri

Durante questa vigilia di nuova, attesa stagione MotoGP, s’è seduto e spento Paolo Fabbri
17 marzo 2017

Forse sconosciuto al pubblico, ma celebre e amatissimo fra gli addetti ai lavori, Paolo Fabbri è stato senza esagerare un grande personaggio della gloriosa clinica mobile del Dottor Costa e, quindi, della mitica storia del motociclismo. Da anni Paolo, a causa d’importanti problemi fisici, non lavorava più nel circus del motomondiale, già da prima che l’originale Clinicamobile del Dottor Costa cessasse la sua attività.


Quest’uomo però non hai smesso di vestire i panni della sua Clinicamobile, nella vita di tutti i giorni, e anche in punto di morte. Paolo Fabbri, è proprio il caso di dirlo, era un piccolo grande uomo. Fisicamente un “omarello” come si direbbe in Romagna, un grande artista invece in quel che sapeva fare. Un personaggio indescrivibile. Solo chi l’ha conosciuto bene può sapere chi era Paolino. In Clinicamobile era il gessista. Ma, anche professionalmente parlando, questo termine sarebbe riduttivo e non appropriato. Gessista si dice in ospedale. Paolo era, per i piloti della storia del motomondiale, dopo Claudio Costa, tutto. Un pezzo di famiglia molto speciale, per tutti. Perché era anche un abilissimo infermiere, un mago con le mani. Anzi, il “mago della Coban” come a volte lo definiva Costa, ammirandolo mentre girava sulle articolazioni ferite la benda elastica che prendeva questo nome. Un fantastico confezionatore di gessi, che poi appunto gessi non erano, perché in clinica non si immobilizzava quasi nessuno, ma si creavano per lo più rivoluzionari scotch-cast. Paolo era, più esattamente, l’esecutore, il pioniere, delle realizzazioni che nascevano dalle visioni e dal genio dell’immenso Claudio Costa. Sì, perché Paolo stesso era una “creatura” di Costa, che l’aveva plasmato nella professione e che, soprattutto, gl’aveva dato la grande possibilità di vivere il suo sogno. Il suo vero braccio destro, il primo dei “servitori” di quella clinica mobile che, come tale, sapeva, fedele, onorare.


Ma non era solo questo. Lui sapeva improvvisarsi esperto massaggiatore e autentico maestro di bendaggi che nessun manuale universitario saprebbe spiegare o riprodurre, capacissimo di reinventarseli ed evolverli all’occasione in funzione di ciò che Costa e il pilota ferito chiedevano per continuare a correre. Davvero un mago e un personaggio particolarissimo, anche nel modo tutto suo di esser simpatico fuori dal lavoro.


Nei tanti anni di attività sono impossibili da ricordare la sue tante piccole e grandi imprese per gli eroi del motomondiale. Ma sono vivissime le testimonianze e i ricordi di quei piloti e di chi, come me, l’ha avuto come maestro e amico, grande amico. Ma soprattutto di chi ancora corre o in qualche modo è presente nella MotoGP di oggi. Primo fra tutti, Loris Capirossi: di tante sue epiche imprese Paolo Fabbri fu parte importante, perché Paolo ha confezionato per lui i cerotti e le bende più incredibili per aiutarlo a correre ferito e vincere la sua sfida. Ma lavori altrettanto incredibili per campioni della storia come Roberto Locatelli e Max Biaggi, Mick Doohan e Luca Cadalora, Kevin Schwantz e tant’altri ancora prima.


Indescrivibile l’emozione che questi ricordi suscitano, e ancor di più il fatto che adesso Paolo se ne sia andato. Ma Paolo è vivo in qualche modo. Perché ci sono ancora un paio di piloti in attività che hanno avuto l’onore di conoscerlo e apprezzarlo. Come il grande Valentino Rossi, che tante volte nei suoi primi anni di carriera s’è avvalso delle capacità di Paolo, e che ha spesso goduto della spassosa compagnia che lui sapeva dare.
E Andrea Dovizioso. Andrea, a dir la verità, non ha conosciuto così a fondo Fabbri perché solo i suoi primi due anni di motomondiale hanno coinciso con gli ultimi due di Paolo e perché ero più io, con le mie mani, ad applicare su di lui, all’occorrenza, il sapere di Paolo. Ma Andrea fa comunque oggi la cosa più speciale di tutti: continua a portare Paolo Fabbri in pista.


Paolo è stato, con il genio di Claudio, l’ideatore e realizzatore di uno speciale bendaggio protettivo per le mani dei piloti che negli anni s’è evoluto nella forma e nei materiali. Quando Paolo non ha più potuto esserne padrone, discepoli come me hanno continuato cose come questa, e Dovizioso, a cui per feeling e protezione questo bendaggio è sempre piaciuto, è involontariamente divenuto l’ultimo e il miglior discepolo di Paolo. Perché Andrea oggi, pochi istanti prima di scender in pista con la sua MotoGP, ad ogni turno, ad ogni gara, si applica sapientemente – da solo! - quel bendaggio su entrambe le mani. E lo fa, da metodico e perfezionista qual è, con una facilità e precisione allo stesso tempo, che surclassa, sia per bellezza che funzionalità, qualsiasi protezione simile che altri piloti si debbano far applicare da un terapista… e ogni volta che osservo Andrea concentrato in questo gesto, ammiro lui e rivedo le mani di Paolino Fabbri da Valsalva.


Ci sono delle persone, delle passioni e dei sogni che sono immortali. E il motociclismo è capace di regalarci anche queste verità.


Francesco Chionne (Terapista in MotoGP)

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