Colin Edwards, addio alle armi. Con onore

Colin Edwards, addio alle armi. Con onore
Edoardo Licciardello
  • di Edoardo Licciardello
Dopo 20 anni di carriera mondiale Texas Tornado si ritira nella sua Austin. Ripercorriamo alti e bassi di una carriera lunga e di grande soddisfazione culminata nei due titoli mondiali Superbike
  • Edoardo Licciardello
  • di Edoardo Licciardello
11 aprile 2014

Non ce l’aspettavamo il ritiro di Colin Edwards, arrivato ieri come un fulmine a ciel sereno durante la conferenza stampa del Gran Premio di Austin. Non ce l’aspettavamo perché ormai Colin, ammettiamolo, ci passava un po’ sotto il radar: non più competitivo da diverse stagioni, continuava a correre solo per il grande amore che lo lega alla guida di una moto, senza reali ambizioni di risultato o necessità di rimpinguare ulteriormente un conto in banca sufficiente a regalargli una pensione dorata (o lunghe giornate e serate di divertimento al suo Boot Camp) già ora, a quarant’anni.

 

La carriera di Colin Edwards II (nato il 27 febbraio del 1974 a Conroe, Texas) è iniziata tanto tempo fa: salito in moto a soli tre anni come quasi tutti i piloti statunitensi della sua generazione, il texano inizia con il cross, arrivando nel 1987 a diventare campione nazionale della classe 80. A 16 anni si innamora però della velocità e abbandona le ruote artigliate: inizia con le derivate di serie ma passa ben presto alle GP. Con la Yamaha 250 vince praticamente tutto, arrivando a conquistare il titolo AMA nel 1992 davanti nientemeno che a Kenny Roberts jr.

Negli USA però la carriera ad alto livello approda forzatamente alla Superbike, e Colin fa il grande salto nel 1993, a soli 19 anni, entrando nel team Yamaha Vance & Hines a fianco dell’affermato Jamie James. Due stagioni di crescita e poi passa al Mondiale nel 1995 a fianco del compianto Yasutomo Nagai, che morirà proprio quell’anno per un orribile incidente ad Assen. Il ritiro del team ufficiale Yamaha a metà stagione, unito all’inesperienza di Colin, fa si che la stagione non sia delle migliori. L’anno successivo va già meglio: finisce quinto e corona la stagione con una vittoria (in coppia con Noriyuki Haga) alla 8 ore di Suzuka.

 

La parentesi Honda e i due titoli iridati

L'esordio in Superbike sulla YZF750R ufficiale
L'esordio in Superbike sulla YZF750R ufficiale

Il 1997 non gli porta fortuna: Colin si rompe un braccio e deve fare lo spettatore per gran parte della stagione, decidendo a fine anno di passare alla Honda, nel team ufficiale Castrol a fianco di Aaron Slight. Qui va molto meglio, Colin ricomincia a vincere e arriva la storica doppietta di Monza, a seguito della quale la sua carriera prende il volo. Edwards diventa a tutti gli effetti un pretendente al titolo, e nel 1999 – su una RC45 tanto veloce quanto impegnativa – chiude secondo il Mondiale dietro a sua maestà Carl Fogarty.

L’anno successivo Colin porta al debutto la VTR/SP, conquistando una doppietta nella prima gara, a Kyalami, e conducendo un bellissimo scontro con Noriyuki Haga durato una stagione. Sulla sua vittoria resta l’ombra della squalifica del rivale per doping, ma chi ha visto le gare in pista sa bene quanto Edwards sia stato veloce ed efficace. La RC51 (così si chiama la bicilindrica Honda nei codici interni HRC) vince il titolo al debutto, complice la fine della carriera di Fogarty, e Colin Edwards entra definitivamente nell’olimpo della Superbike.

 

Il 2001 si rivela nettamente più difficile: Honda è al lavoro sulla moto per risolvere i (pochi problemi) della SP1, ma la SP2 paga qualche difetto di gioventù e Troy Bayliss quell’anno è imbattibile. L’anno dopo Colin si prende la sua rivincita, con una stagione tiratissima che si conclude con l’incredibile gara di Imola con cui il texano strappa il titolo all’australiano per un soffio, all’ultima manche del Mondiale. Al termine della stagione arriva però anche il ritiro di Honda dalla Superbike. Colin Edwards passa all’Aprilia, che debutta in MotoGP con la sfortunata Aprilia Cube.

 

L’arrivo in MotoGP

La moto è a dire poco acerba: fra cadute, incendi e incubi notturni (sia lui che Haga commentarono in maniera molto colorita l’imprevedibilità della tre cilindri di Noale) Colin non fece più di un tredicesimo posto finale. Nel 2004 torna in casa Honda, entrando nel team Gresini a fianco di Sete Gibernau con una Honda RC211V privata; nei test invernali impressiona non poco, in gara finisce un po’ ridimensionato ma grazie a due bei secondi posti finisce quinto in classifica generale e si guadagna una sella ufficiale nel team Yamaha, a fianco di Valentino Rossi con cui, nel frattempo, aveva vinto una seconda volta la 8 Ore di Suzuka nel 2001.

Dal 2005 al 2007 Colin corre sulla M1 ottenendo un po’ meno di quanto non ci si aspetterebbe: sale sei volte sul podio in tre anni, conquista una manciata di pole position ma in gara non riesce mai a fare quell’ultimo passettino. Getta al vento l’occasione della vita ad Assen nel 2006, quando – assente Rossi per infortunio – si trova in testa all’ultima curva, esce sull’erba andando lungo e si mette la moto per cappello tentando di precedere Nicky Hayden.

 

Edwards artefice di un miracoloso "salvataggio" durante le prove del GP di Jerez 2008
Edwards artefice di un miracoloso "salvataggio" durante le prove del GP di Jerez 2008

Nel 2008 Yamaha lo conferma, spostandolo però al team Tech 3 per far posto a Jorge Lorenzo. Lì, dove troverà una specie di seconda casa, conferma il suo status di comprimario di lusso portando a casa due podi. L’anno successivo fa ancora meglio, chiudendo il Mondiale al quinto posto: in entrambi i casi surclassa James Toseland, che in MotoGP non riesce proprio ad ingranare. La storia cambia nel 2010, quando al suo fianco arriva Ben Spies: Edwards, ormai sempre meno competitivo, assume in seno al team il ruolo di pilota esperto in supporto ai giovani leoni. La stessa situazione si ripete l’anno successivo con Cal Crutchlow; a fine stagione, Edwards resta coinvolto assieme a Valentino Rossi nello sciagurato incidente costato la vita a Marco Simoncelli.

 

La fine carriera in CRT

A fine anno, lasciato libero dalla formazione di Hervé Poncharal, entra nel team Forward Racing in sella ad una CRT, nel 2012 una Suter MMX1 spinta dal propulsore BMW S1000RR; mai competitivo, nel 2013 passa alla FTR-Kawasaki gestita dallo stesso team senza grandi sconvolgimenti nei risultati. L’arrivo di Aleix Espargaro, velocissimo fin dai primi test con la Yamaha M1 in configurazione Open, è purtroppo la conferma finale della scarsa competitività di Colin Edwards, che con grande onestà già al secondo gran premio della stagione, ieri, ha annunciato il suo ritiro dalle competizioni.

 

Ciao Colin, ci mancherai – ci mancheranno il tuo sorriso contagioso, il tuo essere inequivocabilmente texano, il tuo amore per le armi e certe rinfrescanti “sparate” politicamente scorrette che facevi ai microfoni degli intervistatori. Ci mancherà il tuo non trovare mai scuse quando le prestazioni non erano all’altezza delle aspettative (memorabile il suo commento dopo il GP di Francia del 2005, quando Rossi e Gibernau lo sorpassarono come fosse stato fermo: «dentro di me ho pensato hey, se volete che mi suicidi almeno datemi una pistola!») ma soprattutto il tuo amore per questo sport e la lucidità nell’analisi dei suo protagonisti e delle sue lacune.

Ci conforta sapere che questo stesso amore non ti permetterà di starne troppo lontano: siamo sicuri che ti rivedremo davanti alle telecamere. Ciao, Texas Tornado!