Tecnica: i quattro cilindri da corsa

Tecnica: i quattro cilindri da corsa
Massimo Clarke
  • di Massimo Clarke
Le splendide realizzazioni italiane degli anni Cinquanta e Sessanta
  • Massimo Clarke
  • di Massimo Clarke
23 agosto 2016

Il campionato mondiale ha preso il via nel 1949. La grande novità, per quanto riguarda la tecnica da Gran Premio, riguardava l’abolizione del compressore: tutte le moto dovevano avere motori aspirati. La Gilera aveva già realizzato un nuovo quadricilindrico di 500 cm3, il cui progetto era stato tracciato un paio d’anni prima dall’ing. Remor. Si trattava di un motore raffreddato ad aria, con distribuzione bialbero comandata da una cascata di ingranaggi collocata centralmente e due valvole per cilindro, inclinate tra loro di 100°. L’albero a gomiti era forgiato in un sol pezzo e le teste delle bielle, che erano munite di cappello amovibile, lavoravano su rullini. Le misure di alesaggio e corsa erano le stesse del motore d’anteguerra: 52 x 58 mm. Il blocco cilindri (nel quale erano inserite con forzamento le canne in ghisa), la testa e la parte superiore del basamento erano costituiti da un’unica fusione. Un incubo, dal punto di vista realizzativo. In fonderia il numero degli scarti (per porosità, cavità da ritiro e/o cricche) era elevatissimo. Il progettista era irremovibile in tale scelta e anche ciò è stato causa di attrito con la direzione dell’azienda. Ben presto Remor è passato alla MV Agusta, dove ha realizzato una 500 da Gran Premio dotata di un motore assai simile.
 

Anche sul quadricilindrico da GP della MV Agusta, come avvenuto per il Gilera, sono ben presto stati adottati cilindri singoli, ossia costituiti da fusioni individuali
Anche sul quadricilindrico da GP della MV Agusta, come avvenuto per il Gilera, sono ben presto stati adottati cilindri singoli, ossia costituiti da fusioni individuali


Il quadricilindrico Gilera è stato rivisitato nel 1949 con adozione di un albero composito (cinque parti unite per forzamento). Per l’anno successivo il tecnico Franco Passoni ha effettuato una autentica riprogettazione, che però non ha interessato l’architettura complessiva del motore e le scelte di base. L’unica importante novità era costituita dall’adozione di una testa in due parti e di cilindri singoli e non più in blocco unico. I cuscinetti di banco, tutti a rotolamento, erano sei e venivano vincolati al semibasamento superiore (ridotto a poco più di un coperchio della camera di manovella) con l’ausilio di cappelli. La potenza era dell’ordine di una cinquantina di cavalli a 9000 giri/min. Questo motore è stato sviluppato nel corso del tempo fino ad arrivare ad erogare circa 70 CV a 10500 giri/min. La Gilera quadricilindrica si è imposta in ben sei Campionati Mondiali, prima del ritiro della casa dalle competizioni di velocità, avvenuto al termine della stagione 1957.
 

La foto mostra il semibasamento superiore della Gilera 500 ultima versione. Si tratta di un autentico coperchio della camera di manovella, al quale sono fissati i cappelli dei sei supporti di banco
La foto mostra il semibasamento superiore della Gilera 500 ultima versione. Si tratta di un autentico coperchio della camera di manovella, al quale sono fissati i cappelli dei sei supporti di banco


La MV Agusta ha realizzato la sua 500 dotandola di un quadricilindrico di schema analogo a quello della Gilera: distribuzione bialbero comandata da ingranaggi piazzati centralmente, forte angolo tra le valvole, e lubrificazione a carter umido. Il motore del 1950 aveva il gruppo dei cilindri costituito da un’unica fusione che incorporava il semibasamento superiore. Il cambio era disposto longitudinalmente e la trasmissione finale era ad albero. Nell’inverno 1951-52 il gruppo motore-cambio è stato riprogettato. I cilindri sono diventati singoli e la trasmissione è stata realizzata con uno schema convenzionale (finale a catena e cambio trasversale). Sono stati adottati un alesaggio di 53 mm e una corsa di 56,4 mm; prima della stagione 1957 queste misure sono passate rispettivamente a 52 e 58 mm. Come nel motore Gilera l’albero a gomiti composito poggiava su sei supporti di banco muniti di cappello. Questa moto ha dominato la scena dopo il ritiro della casa di Arcore, conquistando tra il 1958 e il 1965 ben otto mondiali (in precedenza si era imposta in quello del 1956), grazie anche a straordinari piloti come Surtees, Hocking e Hailwood.
 

La Benelli 250 aveva cilindri singoli ed era dotata di due teste, tra le quali passava la cartella nella quale erano alloggiati gli ingranaggi di comando della distribuzione bialbero. Il basamento era costituito da una unica grande fusione e l’albero a gomiti veniva inserito dal basso, attraverso una apertura praticata anteriormente, il cui coperchio è parzialmente visibile nella foto
La Benelli 250 aveva cilindri singoli ed era dotata di due teste, tra le quali passava la cartella nella quale erano alloggiati gli ingranaggi di comando della distribuzione bialbero. Il basamento era costituito da una unica grande fusione e l’albero a gomiti veniva inserito dal basso, attraverso una apertura praticata anteriormente, il cui coperchio è parzialmente visibile nella foto


Decisamente differenti da quelli delle due case lombarde erano gli schemi adottati dalla Benelli per realizzare il suo quadricilindrico in linea di 250 cm3, progettato dall’ing. Savelli nel 1959 e presentato alla stampa nel giugno dell’anno successivo. Lo sviluppo iniziale della moto pesarese ha richiesto diverso tempo e l’esordio in gara è avvenuto solo nel 1962. Rispetto al prototipo visto due anni prima c’erano notevoli differenze, soprattutto per quanto riguarda le teste (ne venivano impiegate due, in mezzo alle quali passava la cartella degli ingranaggi della distribuzione), ora con angolo tra le valvole notevolmente minore, e il sistema di lubrificazione, che non era più a carter secco ma ora prevedeva una lunga coppa sotto al basamento e una sola pompa dell’olio. Le altre soluzioni e il disegno generale rimanevano però invariati. I cilindri, costituiti da fusioni singole, erano verticali e non inclinati in avanti come nei motori Gilera, MV Agusta e Honda. L’albero a gomiti composito ruotava su ben otto cuscinetti di banco, il che costituisce un record per un quadricilindrico in linea. Un’altra soluzione che rendeva unico questo motore si aveva a livello di basamento, costituito da un’unica fusione di grande rigidezza, sulla quale andavano a poggiare i cilindri. L’albero a gomiti veniva inserito dal basso, attraverso una apertura praticata nella parte anteriore del basamento stesso. La Benelli 250, dopo una lunga evoluzione che ha visto anche l’adozione di teste a quattro valvole, ha conquistato il titolo mondiale con Carruthers nel 1969.
 

Nel motore della Benelli 500 del 1972 la bancata dei cilindri era costituita da un’unica fusione incorporante il semibasamento che chiudeva superiormente la camera di manovella. Le valvole erano quattro per cilindro
Nel motore della Benelli 500 del 1972 la bancata dei cilindri era costituita da un’unica fusione incorporante il semibasamento che chiudeva superiormente la camera di manovella. Le valvole erano quattro per cilindro


Completamente diverso era il motore di 500 cm3 della casa pesarese, progettato da Piero Prampolini all’inizio degli anni Settanta e realizzato anche in versione 350. In questo caso il blocco cilindri era realizzato in un’unica fusione con la parte superiore del basamento; quest’ultima si riduceva a un vero e proprio coperchio che chiudeva la camera di manovella e al quale erano fissati mediante viti i supporti di banco, in questo caso privi di cappello (venivano inseriti sui perni dell’albero all’atto dell’assemblaggio). Nelle soluzioni impiegate e nella architettura generale del motore, che aveva i cilindri sensibilmente inclinati in avanti, sembrava evidente una notevole influenza dei motori Honda. Nella testa, costituita da un’unica fusione, spiccava l’impiego di calotte in bronzo incorporate di fusione nelle quali venivano ricavate le camere di combustione. L’albero a gomiti composito poggiava su sei supporti di banco, aveva la presa di moto centrale e ruotava all’indietro.

Nel 1967 la MV Agusta ha messo in produzione la sua 600 a quattro cilindri stradale, presentata oltre un anno prima. Il motore era realizzato con schemi analoghi a quelli impiegati sulla 500 da Gran Premio (oramai sostituita dalla straordinaria tricilindrica)
Nel 1967 la MV Agusta ha messo in produzione la sua 600 a quattro cilindri stradale, presentata oltre un anno prima. Il motore era realizzato con schemi analoghi a quelli impiegati sulla 500 da Gran Premio (oramai sostituita dalla straordinaria tricilindrica)


L’ultimo quadricilindrico in linea realizzato dalla MV Agusta (per sostituire il glorioso tricilindrico) era un capolavoro di compattezza e di razionalità e può essere considerato l’autentico canto del cigno dei motori a quattro tempi da competizione raffreddati ad aria. Realizzato prima nella versione di 350 cm3 (1972) e quindi in quella di maggiore cilindrata, aveva le camere di combustione ricavate in calotte in bronzo inserite con interferenza nella testa; l’albero composito ruotava su sei supporti di banco fissati al semibasamento superiore, ridotto anche in questo caso a un coperchio della camera di manovella e realizzato in un’unica fusione con la bancata dei cilindri. Al termine dello sviluppo (1975) il motore di 500 cm3, che aveva un angolo tra le valvole di 35°, un alesaggio di 58 mm e una corsa di 47,2 mm, è arrivato a erogare una potenza lievemente superiore a 100 CV a circa 14800 giri/min.