Intervista ad Alberto Puig, l'ombra di Pedrosa

Intervista ad Alberto Puig, l'ombra di Pedrosa
Giovanni Zamagni
Dani per il suo manager ha una devozione totale, ma non è il solo pilota riconoscente a Puig, perché sono in molti che lo devono ringraziare e possono dire: "Se sono nel mondiale, il merito è anche suo" | G. Zamagni
5 novembre 2010

 
ESTORIL – Dentro al paddock ha pochissimi amici. Anzi, per la verità sono in molti a non sopportarlo proprio. Ma Alberto Puig se ne frega e va avanti per la sua strada, cercando di fare quello che lui ritiene il meglio possibile per Dani Pedrosa, il suo pupillo. 
A me, dico la verità, Puig piace. Lo conosco da tanti anni e con lui ho sempre avuto un rapporto cordiale: a volte, Alberto è apparentemente scontroso, alcuni suoi atteggiamenti sembrano esagerati, ma per me è uno corretto e leale. E se ti deve dire qualcosa, te lo dice in faccia. A Laguna Seca ho fatto con lui una lunghissima chiacchierata: alcune situazioni sono cambiate da allora, ma la sostanza è invariata.


Alberto, quanti piloti oggi nel motomondiale sono usciti dalla tua scuola?

«Abbiamo aiutato abbastanza ragazzi. Abbiamo cominciato con Dani (Pedrosa, nda), Olive, Elias, poi Stoner, Simon, Smith, Bautista…».


Ho parlato con tutti questi piloti e loro hanno una grande riconoscenza nei tuoi confronti e dicono: "Se sono arrivato al mondiale, il merito è soprattutto di Puig".
«In quel momento per me era possibile fare qualcosa per questi piloti, avevo l’opportunità di aiutarli e l’ho fatto con passione. Anch’io sono stato un pilota giovane, so quanto è difficile iniziare a correre e gli ho dato volentieri una mano».
 

Poi, però, hai deciso di seguire solo Pedrosa; immagino che con lui ci sia un affetto particolare: cosa ti lega così tanto a lui?
«Con Dani ho iniziato a lavorare nel 1999 con la Coppa Movistar (trofeo monomarca del quale Puig era responsabile, nda) e quando abbiamo deciso di fare il mondiale (nel 2001, nda), io ho fatto il massimo che potevo per aiutarlo e abbiamo sempre camminato insieme. Dani ha sempre avuto una grande stima per me, non solo sul lavoro, ma anche personale. Tra di noi c’è rispetto, abbiamo fatto abbastanza cose insieme, abbiamo ottenuto tante vittorie e si è creata una relazione forte sotto tutti gli aspetti».


E adesso com’è il rapporto con Dani? Una sorta di padre-figlio, fratello maggiore, o cosa?
«La gente pensa così, ma il nostro rapporto è cambiato nel tempo. All’inizio, Dani era un ragazzo e sono stato una sorta di tutore per lui, gli ho messo a disposizione le mie conoscenze tecniche sulla moto. Poi lui è cresciuto, ha conquistato il mondiale e mi sono trasformato più in manager, mentre adesso mi occupo di diversi aspetti. E’ importante capire che si cresce: la gente pensa che io sono sempre là con lui, ma non è vero. Dani decide, va per la sua strada, ha un suo carattere, differente dal mio. Lui è un ragazzo molto tranquillo, io sono un po’ più agitato, ma ci conosciamo bene e ciascuno rispetta l’altro e alla fine troviamo il punto di incontro. Ma quello che dice la gente non è vero, io non sono come suo padre».


Lui, però, ti ascolta molto.
«Sì. Ma adesso, cosa vuoi che possa spiegare io a uno che ha conquistato tre mondiali e che ogni domenica lotta per la vittoria? Io adesso sono nel box, lavoro con la Honda, mi preoccupo che tutto vada per il meglio, gli faccio un po’ da manager, ma non gli posso insegnare più nulla. E nemmeno pretendo di farlo! Il mio compito è fare in modo che tutta la sua organizzazione sia perfetta e trovare la risoluzione ai problemi, ma non posso certo dargli consigli di guida».


Visto che siamo in argomento, com’è l’organizzazione all’interno della Honda? E al quinto anno in MotoGP, qual è la competitività della moto? (ricordo che l’intervista è stata fatta a metà stagione, quando la RC212V era in crescita ma ancora non competitiva come lo è adesso).
«L’inizio di stagione è stato abbastanza duro per noi, perché rispetto al 2009 la moto è cambiata molto e la situazione non era stabile. Ma la Honda è un’azienda che non smette mai di lavorare, c’è una costante evoluzione: adesso stiamo cercando di arrivare a un pacchetto più costante, perché la nostra moto, quando va bene, è molto competitiva, ma può essere che la domenica successiva non sia più così efficace. La Yamaha, per esempio, non eccelle probabilmente in nessun settore, ma è più costante, ed è questo il nostro obiettivo. (Direi che è stato raggiunto nella seconda parte della stagione, nda)».


Ma perché Dani non ha ancora vinto il mondiale della MotoGP?
«Io penso che non abbiamo mai avuto un pacchetto totalmente equilibrato, ma se guardi la classifica di questi anni, vedi che Dani è l’unico che vince regolarmente delle gare con Honda. Se ci fosse un altro più bravo, allora si potrebbe criticare Pedrosa, ma questo non è successo. Con la 800, la Honda ha avuto un po’ di problemi, mentre la 990 era una moto perfetta: era però il suo primo anno in MotoGP (2006, nda), ma Dani ottenne comunque grandi risultati (2 successi e 8 podi complessivi, nda), mentre con la 800 è stato più difficile».


Tecnicamente Dani è uno bravo, è in grado di indirizzare lo sviluppo?
«E’ l’unico che lo può fare! E te lo dico convinto al 100%!».


Ma la Honda lo segue, gli dà retta?
«Domandalo a loro! Comunque, la sua strada è quella giusta, perlomeno per il suo stile di guida, ma alla fine, ogni anno, poi quasi tutti seguono l’evoluzione di Dani. (Dovizioso, in realtà, quest’anno ha seguito una strada un po’ differente, nda)».

Pensi che quest’anno sia ancora possibile vincere il mondiale? (Ricordate sempre che l’intervista è stata fatta alla nona gara).
«Lorenzo ha un buon vantaggio, ma tutto può succedere. Quindi sì, è ancora aperto. Fino adesso, credo che la differenza l’abbia fatta la Yamaha, non il pilota: Lorenzo non ha niente di più di Pedrosa».

 

A proposito di questo: c’è chi sostiene, come Loris Reggiani, ex pilota e oggi commentatore televisivo, che Pedrosa sia più forte di Lorenzo.
«Sono due grandissimi piloti. Ma se la Honda è a posto, noi non abbiamo nessuna paura di Lorenzo. Questo, sia chiaro, non significa che Jorge non sia forte, tutt’altro: è veloce e costante. Ma vanno valutate le circostante: in classifica, tra i due c’è una grande differenza, ma non è reale. Se la Honda fosse stata più competitiva, Lorenzo avrebbe avuto più difficoltà».


L’anno prossimo arriverà Stoner: cosa ne pensi? E poi: è stato giusto fare un contratto così presto con un altro pilota?
«Quando tu sei una Casa di alto livello, il tuo dovere è cercare il miglior pilota possibile sul mercato. Stoner lo conosco bene, è un grandissimo pilota con un grandissimo talento: quindi è giusto che la Honda prenda uno così. Il modo in cui è stato ingaggiato è tutta un’altra storia e io non ci voglio entrare in queste cose. E’ un affare loro e solo loro sanno se hanno fatto bene ad annunciarlo così presto».


Qual è la situazione di Dani per il 2011? (Pedrosa poi rinnoverà per altri due anni il contratto con la HRC).
«Dani ha corso sempre e solo con Honda, ha un ottimo rapporto con loro: sinceramente, non abbiamo mai avuto l’ansia di dover firmare al più presto il contratto. A me non piace cominciare a parlare del futuro alla seconda o alla terza gara, le cose vanno fatte per bene. In questo momento la Honda sta lavorando bene: credo che sia logico per Dani continuare con HRC anche nel 2011».


Tu sei uno che dice le cose in faccia; questo ti ha creato problemi dentro al paddock?
«Chi non capisce questo, mi attacca. Lo fanno alcuni giornalisti spagnoli, forse un italiano, ma, sinceramente, non mi importa niente. Io sono così: se sono arrabbiato con te, te lo dico, ma non scherzo, non sono un ipocrita. Io vado avanti tranquillo e fuori dal paddock ho la mia vita. Molti credono che io non abbia amici, ma fortunatamente ci sono tante persone che mi stimano e non voglio certo cambiare il mio modo di essere per fare piacere a qualche giornalista: è un problema loro, non mio!».


Invece, com’è il rapporto con Dovizioso? Da fuori non sembra così buono…
«Non ho mai avuto problemi con lui e sinceramente non gli ho nemmeno mai parlato. Ma il suo comportamento quando è arrivato alla HRC è stato un po’ strano, ho letto che lui ha detto che io ho influito negativamente sulla carriera di Pedrosa: ho pensato che non sapeva di cosa stesse parlando! Mi è sembrato un po’ ridicolo e fuori luogo: in quel momento ho ritenuto che forse non era il caso di stare a parlare con lui, perché non ha capito la situazione. Ma in realtà, non ho nessun problema con lui».


L’anno prossimo Valentino Rossi correrà con la Ducati: come lo vedi?
«Farà una moto molto competitiva, perché Rossi ha dimostrato a tutto il mondo che sa esattamente come lavorare: è arrivato alla Yamaha quando la M1 era un disastro e adesso è vincente. Farà lo stesso con la Ducati, che lo asseconderà in tutto e per tutto: lotteranno per il titolo. Valentino ha ancora tantissime motivazioni interiori e la sua passione e quella della Ducati permetteranno di fare grandi cose».


Alberto, un’ultima cosa: in Italia è stata criticata molto la tua abitudine di dare a Dani un distacco inferiore a quello reale: puoi spiegarmi perché fai così?
«In realtà non è sempre così e la gente parla di una cosa che, evidentemente, non conosce. Usiamo questa tattica in qualche circuito, specie in quelli più lunghi. Dipende anche un po’ dalla situazione della gara e alla fine, il distacco che noi segnaliamo è esatto per la nostra testa: per noi, se tu sei a +0,2, +0,5, +0,8 il distacco è zero!».
 

Ascolta laudio integrale dell'intervista ad Alberto Puig nel box in alto a sinistra.