Il casco. Prima parte: il sistema casco

Inauguriamo la nuova sezione dedicata ai caschi per meglio conoscere l’accessorio di tutti i motociclisti. Come curarlo, quanti anni dura, cosa nasconde sottopelle
29 maggio 2008


Su Moto.it una nuova sezione dedicata al casco
Avrete forse notato che da un po' di mesi a questa parte abbiamo aumentato molto il nostro impegno per offrire sempre più contenuti e ampliare il numero di servizi.
Oggi che abbiamo raggiunto quota 350 mila moto in vendita su Moto.it negli ultimi 12 mesi e 650 mila lettori unici mese, non possiamo esimerci dal fornire il nostro contributo per una corretta informazione sull'accessorio che tutti i motociclisti possiedono: il casco.

Apriremo dunque una nuova sezione completamente dedicata ai caschi, spiegando in maniera nuova, semplice e obiettiva le caratteristiche che determinano la sicurezza di un "sistema casco". Forniremo consigli d'uso e manutenzione e affronteremo anche discorsi un po' tabù nel settore (vedi omologazioni e durata dei caschi). Inoltre pubblicheremo prove molto particolari, capaci di illustrarvi un prodotto in ogni dettaglio, in uso e da smontato.

Ci accompagnerà in questo percorso un vero esperto in materia, Carlo Baldi, da oltre 20 anni consulente per molte aziende del settore in ogni angolo del mondo e opinion leader riconosciuto.

Cominceremo subito fornendovi una serie di articoli a "puntate" che tratteranno:  
- la calotta esterna (fibra, plastica qual è la migliore)
- la calotta interna (il polistirolo, il futuro, la longevità dei prodotti)
- gli altri componenti (visiera, cinturino, sgancio ecc)
- le omologazioni
- i consigli per la manutenzione (adesivi, caldo e freddo, possono danneggiare? ecc)
- i consigli per l'acquisto

A brevissimo partiremo con le prove, che si susseguiranno velocemente e che verranno raccolte in un ricco database facilmente consultabile nella sezione "Il Casco", con tanto di esperto risponde che prenderà spunto dai vostri interventi più interessanti. 

Ippolito Fassati


Carlo Baldi
Da sempre appassionato motociclista, Carlo Baldi inizia ad occuparsi di caschi protettivi per motociclisti nel 1987, quando a Grosseto Riccardo Simoni decide di dar vita alla Vemar Helmets e di accoglierlo nel proprio staff.  Alcuni anni dopo ritorna nel Nord Italia (è nato ad Abbiategrasso in provincia di Milano) e collabora con la Mavet che a Campodoro (Padova) produce caschi a marchio Yes. Da Padova a Bergamo, dove la Kascobeta (caschi Kiwi) lo sceglie affinché si occupi delle nasciture joint ventures in Cina e India. Un'avventura avvincente che gli consente di entrare in contatto con alcune delle più grandi aziende produttrici di caschi per motociclisti sia indiane che cinesi. Ma è soprattutto l'India ad affascinarlo,  tanto che è tuttora consulente del maggior produttore indiano di caschi.
Nel 2000 Carlo rientra a Grosseto in Vemar, dove resta sino al 2006 quando decide di fare della consulenza la sua primaria attività. Attualmente collabora - oltre che con l'azienda indiana - con Helminternational (caschi Caberg), con P.H.I. (caschi Premier e MRobert) e con HTS (stivali Diadora e Forma).
Per Moto.it oltre che di caschi, si occupa anche del mondiale Superbike, in qualità di inviato su  tutte le piste che accolgono le gare delle derivate di serie.

Introduzione: storia e numeri
Nei primi anni '80 l'uso del casco era praticamente sconosciuto in Italia. Intorno al 1983 fu da più parti sollecitata una legge sull'obbligo. La legge venne approvata nel 1986 e sanciva l'obbligo d'uso per conducenti e trasportati di moto e scooter, mentre nel caso dei ciclomotori  l'obbligo era limitato ai soli minorenni. Gli effetti non tardarono a farsi sentire.
Un apposito studio, condotto prima e dopo la legge, svolto dall'Istituto Superiore della Sanità, mostrò su un campione di 200 centri di osservazione, distribuiti sul territorio nazionale (più di 1.300.000 utenti osservati in totale), una riduzione delle lesioni al capo negli utenti delle due ruote, quantificabile come segue.
Ciclomotoristi:
- riduzione accessi al Pronto Soccorso: -37.8%;
- riduzione dei ricoveri: -39.0%;
- riduzione delle prognosi riservate: -16.7%:
Motociclisti:
- riduzione accessi al Pronto Soccorso: -48.6%;
- riduzione dei ricoveri: -50.0%;
- riduzione delle prognosi riservate: -50.0%.
Successivamente, nel 2000, entrò  in vigore una nuova legge sul casco che estese l'obbligo anche ai maggiorenni alla guida di ciclomotori.
Un successivo studio, elaborato sempre dall'Istituto Superiore di Sanità di Roma e dal Ministero delle Infrastrutture, ha dimostrato che indossare il casco è il modo più efficace per ridurre gli infortuni alla testa e i decessi legati agli incidenti in moto. È stato dimostrato che si riduce il rischio e la gravità degli incidenti fra i motociclisti di circa il 70%, e la probabilità di morte di circa il 40%
Ulteriori risultati ottenuti dai ricercatori di tutto il mondo indicano, secondo una meta-analisi dell'ISS, la presenza di una protezione relativa mediana intorno a 0.469, il che, sostanzialmente, equivale a dire che chi non fa uso del casco ha un rischio circa doppio di incorrere in un trauma cranico rispetto a chi invece lo porta.
Sull'uso del casco sono state scritte, anche da parte di fonti autorevoli, numerose inesattezze, ma le obiezioni sollevate contro l'uso del casco non trovano rispondenza nell'evidenza scientifica. Citiamo a questo proposito quanto affermato dallo Studio "Ulisse" per il monitoraggio dell'uso delle cinture di sicurezza e del casco in Italia (2000-2005) : 

a) Il casco non è efficace: le osservazioni e gli studi effettuati portano a concludere decisamente il contrario;
b) Il casco non è efficace al crescere della velocità: numerosi studi, e in particolare quanto si è osservato in statistiche relative a competizioni motociclistiche, mostrano che il casco è utile anche a velocità elevate;
c) Il casco è causa di incidenti per i problemi di visione e udito che crea al conducente: non esiste alcuna evidenza epidemiologica di tutto questo.
d) Il casco causa traumi del collo: anche in questo caso gli studi svolti al proposito hanno dato esito negativo; anzi, i modelli matematici suggeriscono che il casco attenui le sollecitazioni sul collo.
e) I caschi sono pericolosi perché sono pesanti e poco ventilati: le condizioni definite nella normativa di omologazione dei caschi sono state validate a livello internazionale come di assoluta garanzia per l'utente; a livello di studi epidemiologici non c'è evidenza che questi due fattori costituiscano un rischio reale, anche se ovviamente si cerca continuamente di produrre, a parità di sicurezza del dispositivo, caschi sempre più leggeri e ventilati.
f) Il casco crea un falso senso di sicurezza: questa tesi, basata su concetti omeostatici del rischio, non è stata mai dimostrata da studi epidemiologici.
In conclusione, mentre le considerazioni contro l'uso del casco o non sono verificate o sono addirittura contraddette dalla realtà delle cose, l'efficacia del dispositivo stesso nel ridurre consistentemente mortalità, morbosità e gravità delle lesioni alla testa, e di conseguenza i costi a queste associati, è largamente supportata dalla letteratura specialistica.
Nonostante questo, purtroppo in Italia non esiste una cultura della sicurezza. Sono ancora molti i motociclisti che indossano il casco solo perché obbligatorio e non perché determinante per la loro sicurezza. Basta guardarsi attorno per vedere ancora in circolazione caschi vecchi e obsoleti, oppure persone alla guida di moto moderne e potenti, ma con in testa caschi a scodella (i vecchi DGM) da anni ormai fuori legge. Ma si sa,  in Italia si tende a reprimere anziché ad educare e le conseguenze sono tragicamente sotto gli occhi di tutti. Basterebbe qualche ora di  educazione stradale nelle scuole elementari e medie (magari finanziate con i soldi raccolti con le  multe fatte dagli autovelox) per avere motociclisti ed automobilisti più prudenti e abituati a proteggersi.
Ma torniamo al casco, vale a dire all'accessorio più importante nell'abbigliamento di un motociclista. Ritengo sia molto  importante  conoscere a fondo questo oggetto che è in grado di salvarci la vita.

Il sistema casco
Cercheremo in questa sezione del nostro sito di spiegare come è fatto, come si utilizza e come si deve mantenere affinché ci garantisca sempre la massima protezione.
Il concetto più importante che dobbiamo tenere ben presente è che il casco va considerato un sistema di sicurezza progettato e costruito per assorbire, in caso di impatto, la maggior quantità possibile di energia.  Il casco deve assorbire energia, perché in caso contrario la stessa verrebbe completamente assorbita dalla testa dell'utilizzatore, con le conseguenze che possiamo ben immaginare. Inoltre dobbiamo sapere che non esiste un casco sicuro in senso assoluto: un casco deve rispondere, per essere commercializzato, ai requisiti richiesti dalle vigenti normative e, per quanto riguarda l'Europa, la normativa attuale è la ECE 22-05.
Abbiamo parlato di "sistema" di sicurezza perché il casco è composto da molti componenti tutti importanti e tutti essenziali per garantire il corretto funzionamento del casco stesso.
Sarebbe inutile indossare un casco con  un'ottima calotta, ma con cinturino non efficiente.  Oppure con un cinturino ben funzionante, ma con una visiera che non permette una perfetta visibilità. Più avanti vedremo come scegliere un casco, cosa controllare al momento dell'acquisto e come comprendere e valutare le note tecniche che il produttore comunica.
Ma torniamo alla funzione principale di ogni casco, cioè l'assorbire la maggior quantità possibile di energia. Risulta chiaro che assorbendo energia il casco si danneggi (meglio lui della nostra testa...) a volte anche in modo irreparabile.
In alcune delle aziende per le quali ho lavorato, mi sono occupato anche del customer service e ho potuto constatare come siano moltissimi i motociclisti che ritengono il casco un oggetto che deve essere robusto ed infrangibile: è esattamente il contrario!
Il casco non deve proteggere se stesso, bensì chi lo utilizza. Ho ricevuto telefonate ed e-mail di clienti che si lamentavano perché il loro casco era caduto dalle loro mani e si era danneggiato.  Ad alcuni il casco era caduto dal manubrio o dal serbatoio della moto, vale a dire da un metro o più di altezza e su superfici rigide come l'asfalto. Altri ancora si lamentavano perché erano caduti a bassa velocità, ne erano usciti incolumi, ma il loro casco si era danneggiato ed in alcuni casi la calotta presentava delle crepe o delle rotture. Essendo stato progettato e costruito per assorbire energia, un casco del peso (in media) di 1,5 Kg che cade dall'altezza di un metro - un metro e mezzo, assorbirà una notevole quantità di energia che di certo lo danneggerà sino a  renderlo a volte inutilizzabile.
E' buona norma quindi dopo la caduta di un casco (indossato o no), inviarlo  presso il produttore, o l'importatore, per un accurato controllo. Un controllo che non riguarderà solo le parti esterne e visibili del casco, ma soprattutto le parti interne, visibili solo smontando il casco stesso. Il produttore potrà controllare tutti i vari componenti, vale a dire tutto il sistema di sicurezza, e stabilire se il casco è ancora sicuro o se invece deve essere sostituito.


Carlo Baldi


Seconda parte: la calotta esterna, fibre o plastiche. Vantaggi e svantaggi.

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