MotoGP. Rossi: "Dura recuperare dopo la sconfitta del 2015"

MotoGP. Rossi: "Dura recuperare dopo la sconfitta del 2015"
Giovanni Zamagni
Valentino torna su come è finita la scorsa stagione: “E’ stato uno sforzo grande, sia mentale sia fisico: dopo aver perso così ingiustamente il campionato, è difficile recuperare. Anche per questo, a volte, non ho sfruttato la mia competitività. Ma la velocità c’è, è questo l’aspetto più importante”
1 settembre 2016

SILVERSTONE – Non è il solito Valentino Rossi pimpante e solare: questa volta è più riflessivo, forse un po’ stanco, come ha anche detto in un’intervista a Motogp.com. Dichiarazioni, che, naturalmente, hanno fatto parlare molto: Rossi prova a spiegare meglio il concetto espresso.


«Era un discorso più ampio: ho cercato di spiegare che una stagione come quella dell’anno scorso è comunque difficile da superare del tutto. E’ stato uno sforzo grande, sia mentale sia fisico: stare sotto pressione per tutto l’anno, stare in testa fino all’ultima gara e poi perdere così il campionato e, soprattutto, così ingiustamente è abbastanza pesante. Per prepararsi alla stagione successiva ci vuole un po’ di tempo, ci sono delle scadenze da rispettare per arrivare pronto alla prima gara, ripercorrendo adesso il percorso fatto, mi sono reso conto di averci messo un po’ di più per rifarmi. E’ stato un po’ più difficile e in certe occasioni non sono riuscito a sfruttare la mia velocità di quest’anno, probabilmente superiore a quella del 2015: ho fatto degli errori, scelte sbagliate e adesso mi ritrovo indietro. Sono anche stato sfortunato al Mugello, perché si è rotta la moto e solitamente non accade: però, fare una stagione come quella passata e perdere così male, è dura. L’aspetto più importante, però, è che c’è la velocità, le altre cose, poi, in qualche modo si mettono a posto: in queste sette gare sarebbe importante andare forte come fino a qui, ma arrivare sempre in fondo, riuscire a salire sul podio, provare a vincere. Anche se il mondiale è quasi andato, ci si può ancora divertire»


Dici: il mondiale è quasi andato. Questo porta più o meno stress?

«Rispetto all’anno scorso molto meno, ma non ci arrendiamo finché non è finito: credo che non c’è nemmeno bisogno di dirlo, altrimenti staremmo a casa. Il lumicino di speranza c’è sempre, ma rispetto all’anno scorso, quando dovevo sempre correre con la testa, in certe piste dovevo pensare magari a non attaccare, ma a difendermi, è un po’ più semplice».


Adesso, in teoria, puoi solo attaccare e basta?

«Boh, è difficile ragionare così, perché se sbaglio un’altra volta è veramente finita. Invece bisogna provare a tenere vivo il piccolo lumicino e non bisogna fare pazzie da una parte e dall’altra, lavorare bene in prova e poi in gara vedere cosa riesci a fare, se è il giorno giusto per rischiare un po’ di più, come è stato qui nel 2015, oppure se devi stare più abbottonato».


Sempre a proposito di stress, le nuove gomme, danno un po’ più di stress al pilota?

«Sì, c’è più stress psicologico, perché sono gomme diverse rispetto alle Bridgestone, che erano più “matematiche”: sapevi come andavano, con i loro pregi e i loro difetti. Sapevi esattamente cosa aspettarti, mentre con le Michelin ci sono più variabili, sono più sensibili alle condizioni climatiche e ai cambiamenti della pista. Però, le Michelin sono più facili fisicamente».

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