Hayden, un "figo" diverso da tutti

Hayden, un "figo" diverso da tutti
Giovanni Zamagni
Il paddock è sgomento: impossibile parlare del GP di Francia dopo quanto accaduto a Nicky. Dovizoso: “Uno umanamente sopra la media”. Rossi: “Un gran pilota, ma, soprattutto, un bravissimo ragazzo”. E così via. Non frasi di circostanza, ma la pura verità
18 maggio 2017

LE MANS – C’è poca voglia di parlare di moto, di gomme, di meteo e di tutto ciò che riguarda il GP di Francia. Troppo grande lo sgomento per quanto accaduto a Nicky Hayden: il pensiero va sempre al pilota statunitense, si spera che qualcosa possa cambiare, anche se l’ultimo bollettino medico – che parla per la prima volta di “gravissimo danno cerebrale” – sembra aver tolto ogni speranza. I ricordi si rincorrono, tutti – nessuno escluso – hanno solo belle parole per Nicky. Qualcuno potrà pensare: normale in queste situazioni. No, non è così, non sono frasi di circostanza: se si ha avuto la fortuna di conoscere Hayden, si sa che questa è la semplice verità. «Un bravissimo pilota, ma, soprattutto, un bravo ragazzo, sempre sorridente, amico di tutti» dicono più o meno all’unisono – cambiano le parole, ma il concetto è il medesimo – Valentino Rossi, Andrea Dovizioso, Andrea Iannone, Marc Marquez, Dani Pedrosa, Jorge Lorenzo e tutti i piloti che lo hanno conosciuto, frequentato, che lo hanno avuto a fianco nel box o come rivale.

LA SOLIDARIETA’ DEL PADDOCK

Insomma, Hayden è uno di quei pochi esempi che mette d’accordo tutti, Dovizioso con Iannone, Rossi con Marquez.

«Quando gli è accaduto ci sta toccando tutti: Nicky è uno al di sopra della media. Ha un buonissimo rapporto con chiunque, io lo conosco bene perché ho anche avuto la fortuna di averlo come compagno di squadra. Normale che quello che gli è successo stia colpendo tutto il paddock» spiega Dovi, così come fa anche Rossi.

«Ero a casa quando ho saputo di Hayden e subito dopo mi ha chiamato un dottore mio amico che era lì: immediatamente mi ha detto che la situazione era difficile. E’ stato uno sock: adesso comincio a metabolizzare un po’ la situazione, ma è sempre difficile. Con Nicky ho passato tanto tempo insieme: me lo ricordo ancora nel 2002 (Nicky debutterà nel mondiale nel 2003, NDA) alla stazione di Tokyo, vestito da americano. Era un pesce fuor d’acqua, quella immagine me la ricorderò per tutta la vita. E’ stato un gran pilota, ha vinto un mondiale, ha fatto tanti anni ad altissimo livello. Ma, soprattutto, è un bravissimo ragazzo, simpatico a tutti, uno figo. Nel 2006 abbiamo lottato per tutto il campionato e alla fine mi ha battuto, ma essere sconfitto da uno come lui brucia un po’ meno. Allora, dopo la gara, gli feci i complimenti, mentre nel 2015, dopo quello che era successo a Valencia, mi strinse la mano in pista e mi diede un po’ di coraggio in un momento difficile. Non sono in tanti a farlo: è un bel ricordo, speriamo bene, anche se la situazione è molto, molto critica».

UN MODO DIVERSO DI VIVERE LE CORSE

Marquez ha ricordi diversi, ma sempre belli («l’anno scorso, a Phillip Island, lo convinsi a rimanere con me alla festa fino alle sei del mattino…»), Pedrosa, che nel 2006 lo aveva steso alla penultima gara dopo un tentativo di sorpasso sbagliato, lo elogia, ma chi lo inquadra meglio di tutti è forse Andrea Iannone, quando dice: «Mi ha trasmesso la libertà e la positività degli americani». Ha ragione Iannone: Hayden ha portato nel motomondiale un modo diverso di vivere le corse. In un ambiente dove l’agonismo è esasperato a ogni livello – non solo tra i piloti, ma tra tutti quelli che frequentano il paddock -, dove il sentimento più diffuso è l’odio (sportivo, naturalmente), Nicky ha fatto capire che ci si può scontrare, sfidare, battersi sempre con il massimo rispetto e il sorriso sulle labbra. Il vero prototipo di sportivo: non ce ne sono tanti così nel mondo, non solo nel motociclismo.