GP del Regno Unito. Dammi un cinque!

GP del Regno Unito. Dammi un cinque!
Giovanni Zamagni
Cinque episodi che rendono indimenticabile il GP di Gran Bretagna: questa volta, fortunatamente, c’era l’imbarazzo della scelta. Eccoli in ordine crescente | G. Zamagni, Silverstone
18 giugno 2012

Punti chiave

 

QUINTO: PRIMO GIRO MOTO2
Pronti via e i due piloti di casa, Scott Redding e Bradley Smith se le sono date – sportivamente parlando, naturalmente – per tutto il primo giro, con sorpassi e controsorpassi tanto rischiosi quanto spettacolari: bello davvero.


QUARTO: ULTIMO GIRO MOTO2
Ma se il primo giro della Moto2 è stato spettacolare, l’ultimo è stato addirittura magnifico. Protagonista, ancora una volta ScottRedding, questa volta con Marc Marquez, con in palio il secondo posto: il sorpasso decisivo, bello e difficile, l’ha effettuato l’inglese all’ultima variante prima del traguardo.


TERZO: SETTIMO E OTTAVO GIRO MOTOGP
All’inizio del settimo giro, Jorge Lorenzo in tre curve ha passato prima Bautista e poi Spies (quest’ultimo con una manovra difficilissima); poi, pochi secondi più tardi, Andrea Dovizioso e Dani Pedrosa hanno cominciato una durissima battaglia, protrattasi fino all’ottavo giro, con Andrea bravo e tenace a conquistare il quinto posto.


SECONDO: 12ESIMO GIRO MOTOGP
L’attacco di Jorge Lorenzo su Casey Stoner per la testa della corsa è iniziato sul traguardo dell’undicesimo giro, ma nelle prime quattro curve del 12esimo passaggio, Lorenzo e Stoner si sono superati quattro volte, evidenziando un controllo superiore delle moto più difficili del mondo. Nessuno dei due ha sbagliato: una dimostrazione di guida sopraffina tra i due piloti in questo momento più forti al mondo.


PRIMO: CAL CRUTCHLOW DA ULTIMO A SESTO
L’impresa da ricordare a lungo del GP di Gran Bretagna è quella di Cal Crutchlow che dopo aver saltato le qualifiche per infortunio, è partito dall’ultima posizione con la caviglia sinistra rotta, rimontando fino alla sesta e girando, a tratti, con il passo dei primissimi. E’ finita con quella che gli americani chiamano “Standing Ovation”, ovvero con i 63.000 appassionati in piedi ad applaudire: da pelle d’oca.