Viaggi in moto: la Provenza

Viaggi in moto: la Provenza
Alessandro e Debora hanno trascorso due settimane in giro per la Provenza in sella alla loro Suzuki SV 1000S. Ecco il loro racconto e i consigli per godersi il Sud della Francia in moto
31 ottobre 2014

L'antefatto

Un saluto a tutti i motociclisti, sono Alessandro e ho 29 anni. Vengo da una bellissima vacanza in moto con la mia ragazza, e voglio condividerla con chiunque abbia voglia di leggerla. Quest’estate Debora ed io avevamo due settimane di vacanza. Dal momento che siamo appassionati sia di moto che di viaggi, non ci rimaneva che scegliere la destinazione!
La stagione motociclistica era iniziata da un po’ e qualche giretto di riscaldamento l’avevamo già fatto, in particolare il raduno dello Stelvio e il giro notturno dell’alta Lombardia.
Con due sole settimane di anticipo rispetto alla partenza, abbiamo deciso per un viaggio nel Sud della Francia, approfittando anche delle origini francesi di Debora, che tradotto nel pratico significa che alcune notti ci siamo fatti ospitare da suoi zii che abitano nelle regioni della Francia più prossima a noi. La maggior parte dei pernottamenti, comunque, è stata in tenda!

La moto

Nostra compagna di viaggio è stata “Milla”, la mia fedele SV 1000 S, già vecchiotta ormai (è nata nel 2003) ma ancora sana e forte. Una moto che regala grandissime soddisfazioni, un bicilindrico potente e godurioso ma all’occorrenza docile e trattabile, che permette di divertirsi in pista così come di fare migliaia di chilometri più turistici. Per affrontare il viaggio, ho deciso di adottare la massima "poca spesa tanta resa" e di metterla in pratica con due modifiche: la prima, grazie ad un utente di un forum da cui ho preso spunto, è stata costruirmi un telaietto per dare più stabilità alle borse laterali, le morbide espandibili della Kappa: il risultato è davvero ottimo e la spesa molto contenuta (dieci euro al Brico); la seconda, imbottire le selle con un foglio di gel (circa 1 cm di spessore), operazione che, per quanto non risolutiva, ci ha permesso di ricevere un sentito "grazie" dalle nostre chiappe.
La moto alla partenza risultava un tantino appesantita: borse laterali riempite all’inverosimile, borsa serbatoio bella pienotta, zaini in spalla (riempiti con le cose più leggere) e tenda Quechua montata dietro la seduta di Debora.
Se aveste visto una SV 1000 blu in queste condizioni sfrecciare sulla A4 domenica 10 agosto, molto probabilmente eravamo noi!

L'itinerario

Il viaggio inizialmente prevedeva varie tappe con visita ad alcune città famose come Arles, Avignone, Aix-en-Provence, sfortunatamente per loro, né io né Debora amiamo seguire i programmi: ci piacciono un sacco le variazioni dell’ultim’ora, perché è bello lasciarsi stupire da ciò che si trova e farsi guidare dai paesaggi, senza la pretesa di sapere già cosa valga la pena visitare.
Risultato: non abbiamo visto quasi nulla di ciò che avremmo dovuto vedere!
In breve, il nostro itinerario ha toccato tre regioni (Rhone-Alpes, Provenza e Languedoc Roussillon) e le seguenti località: Champcella, Saint Marcel d’Ardeche, Vaison la Romaine, Mont Ventoux, Nimes, Baux de Provence, Manosque, Moustiers Saint Marie, Entrevaux, Barcellonette.

Primo giorno

Nemmeno il tempo di partire e subito si è presentato il primo imprevisto! Sostituita la lampadina bruciata e fatto l’ultimo controllo, siamo saltati in sella e abbiamo preso la A4 in direzione Torino, lasciandoci felicemente alle spalle l’afosa pianura novarese e le sue allegre zanzare.

Arrivati nei pressi di Torino il cielo si copriva di nuvoloni scuri; il sole però ci teneva a salutarci e ci mandava dei bellissimi raggi di luce che filtravano attraverso le spesse nuvole: lo scenario aveva un che di soprannaturale, sembrava che qualcuno dall’alto ci indicasse la strada.
Salendo verso il colle del Sestrière l’aria diventava sempre più fredda e si riempiva di nebbia: questo è l’ultimo scorcio d’Italia che abbiamo visto.
La discesa è stata più piacevole grazie ad un clima più mite; arrivati a Briancon, abbiamo poi proseguito in direzione Gap per raggiungere un piccolo paesino costruito sul pendio di una montagna.
Champcella è un piccolo borgo di poche case e un centinaio di abitanti, tra cui gli zii di Debora, che ci hanno cucinato la nostra prima cena francese a base di patate della Normandia, spinaci dell’orto e gorgonzola di Novara portato da noi.
Ci vengono consigliati molti posti da visitare nel Sud della Francia e il nostro itinerario comincia ad essere quel cantiere aperto che è stato per tutta la sua durata.
Un consiglio: se passate da quelle parti e amate la montagna, non perdetevi la passeggiata che porta al lago di Sainte-Anne (seguite per Ceillac): in un paio d’ore di camminata sarete in riva ad un meraviglioso laghetto a 2400 mt di altezza, ma occhio che l’acqua non è un brodino come in Romagna.

Secondo giorno

Sveglia di buon’ora, colazione francese con baguette, marmellate e pain-au-chocolat e si riparte alla volta dell’Ardèche (un dipartimento della regione Languedoc-Roussillon, a ovest della Provenza), luogo dove Debora ha molti ricordi d’infanzia e teneva particolarmente a rivedere.


Il tragitto prevedeva il passaggio dal lago di Savines (bello ma molto turistico) dove la strada piena di macchine diventa noiosissima: per fortuna la maggior parte degli automobilisti francesi ci ha agevolato il sorpasso, una piacevole costante quando si viaggia in Francia.
Arrivati a Gap abbiamo fatto pausa pranzo mangiando un panino fuori da un centro commerciale e incontrando casualmente tre ragazzi torinesi in viaggio verso la Spagna: è sempre bello trovare altri mototuristi, si scambiano opinioni e si condivide un’esperienza molto particolare e intensa come il viaggio su due ruote.
Ripartiti da Gap puntando verso ovest (direzione Nyons) la strada si faceva via via sempre più bella: una statale immersa nel verde della campagna francese, con prati immensi e dolci colline. La strada è bellissima, l’asfalto perfetto, ci sono poche auto, tanti ciclisti e motociclisti; qua e là si incontrano paesini minuscoli dove i pochi abitanti seduti al bar ci osservano incuriositi.
La parte più divertente della strada l’abbiamo trovata tra Veynes e Serres, dove si susseguono dei bei curvoni ampi tutti da pennellare, godendosi nel frattempo il panorama; nei pressi di Serres abbiamo fatto una breve sosta per sgranchire le gambe: un meraviglioso silenzio interrotto solo dal canto delle cicale e una vallata tinta di verde e giallo ci hanno ristorati come meglio non avremmo desiderato.
Arrivati a Nyons troverete tantissimi vigneti, è zona di vini rossi molto pregiati: è stato un peccato non poterli provare, ma non era compatibile con i km che ancora dovevamo percorrere.
Dopo Nyons ci siamo diretti a Saint Marcel d’Ardèche: laggiù abitano altri zii di Debora e abbiamo pernottato in tenda nel loro giardino, fermandoci qui tre giorni… ma non per pigrizia, anzi!

Terzo e quarto giorno

Queste due giornate ci han visto prendere una pausa dalla moto e immergerci nel mondo del rafting. Un’esperienza unica che consigliamo a tutti coloro che passassero in quelle zone: la discesa del fiume Ardèche, un fiume di 32 km immerso in un canyon con delle rapide lungo il percorso (affrontabili senza particolari problemi), vi posso assicurare che lo scenario paesaggistico ripaga ampiamente della fatica delle pagaiate!
Vi consigliamo di fare la discesa in due giorni con bivacco in tenda lungo il fiume, prenotabile all’ufficio turistico di Saint Martin d’Ardèche, dove troverete anche le compagnie che noleggiano le canoe e vi portano all’inizio del fiume. La discesa è andata molto bene; arrivati al bivacco e montata la tenda, abbiamo cenato guardando il tramonto seduti in riva al fiume.
La notte è trascorsa sotto un’abbondante pioggia, ma la nostra mitica tenda Quechua ha dato prova di essere totalmente impermeabile!
Il mattino dopo siamo ripartiti con le prime luci dell’alba e abbiamo completato la discesa, in tempo per prendere anche un paio d’ore di sole mentre aspettavamo che ci riportassero a Saint Martin.
La sera siamo tornati dagli zii di Debora e abbiamo cenato con degli amici alsaziani che ci han fatto gustare dell’ottimo champagne e una loro bevanda tipica che è il Picon, un liquore a base di anice che si aggiunge alla birra creando una bevanda molto buona: occhio a non esagerare però!

Quinto giorno

Non c’è due senza tre, dice il detto, ma non nel nostro caso: due giorni senza moto erano troppi, così il terzo siamo saltati in sella pronti a nuove avventure! Gli obiettivi della giornata erano due: Vaison-la-Romaine e Mont Ventoux (Monte Ventoso… poi abbiamo scoperto il perché del nome!). Vaison è un piccolo borgo molto caratteristico, direi un mix ben riuscito – per quanto non voluto - di rovine romane e medievali (è stato più volte ricostruito nei secoli in seguito a guerre).
Abbiamo pranzato seduti sul muretto di un giardino e un signore francese, di passaggio in camper, ci ha offerto della buonissima frutta del suo orto, facendoci apprezzare, oltre alla frutta stessa, anche la bellezza di un gesto spontaneo, gratuito e altruistico, qualcosa che la nostra società dovrebbe forse riscoprire.

Ci siamo poi incamminati verso la parte alta del paese, quella medievale, fatto di case in pietra molto ben conservate, che culmina con un castello che svetta sulla pianura sottostante regalando una vista notevole.
Finita la visita a Vaison, abbiamo preso la strada in direzione del Mont Ventoux, famoso anche per essere una delle tappe più difficili del tour de France. In effetti la strada è pazzesca, davvero ripida, immagino la fatica che devono fare i ciclisti, un detto del posto recita: “Non è folle colui che sale al Mont Ventoux, è folle colui che ci ritorna”. Che aggiungere?
E’ un monte di 1900 metri che svetta in mezzo a montagne molto più basse, e in cima tira un vento incredibile: per darvi un'idea, Debora non ha nemmeno voluto togliere il casco, sembrava un’astronauta che passeggia sulla luna... copritevi bene!

Sesto e settimo giorno

Salutato l’Ardèche ci siamo diretti a Nimes, la città più grande del nostro tour, seguendo la statale che passa attraverso i paesi di Pont St.Esprit, Bagnols-sur-Cèze e Remoulins, scelta azzeccata perché ci si mette poco più che in autostrada, non si paga nulla e soprattutto ci si gode una volta di più la meravigliosa campagna francese. In capo a un’ora si è a Nimes, non lontano dal mare della Camargue: non possiamo che consigliarvi una sosta anche qui. Già dalla periferia la città si presenta molto ordinata, pulita e piena di aiuole fiorite di vari colori.
Anche questa come altre città della zona è di origine romana e si vede: un esempio su tutti è l’arena, che sembra un piccolo Colosseo. Di sera Nimes è molto viva, piena di cafè e ristorantini su strade chiuse al traffico, il tutto condito con eventi musicali e culturali.
Noi ad esempio eravamo in un parco del centro a vedere uno spettacolo fatto con fontane che sparavano alti getti d’acqua colorati, con fuochi e musiche di contorno, il tutto a tema festa, nelle sue interpretazioni nel tempo e nelle culture.
L’indomani abbiamo deciso di visitare una località più pittoresca, les Baux de Provence, uno dei posti più belli della Provenza per quanto non molto conosciuto. Partendo da Nimes, prendete la statale in direzione Beaucaire e in tre quarti d’ora siete in questo grazioso villaggio che da il nome alla bauxite (un minerale) e a sua volta deve il nome ad una nobile famiglia estinta intorno al 1400 che un tempo controllava il territorio. Se volete visitare les Baux vi sconsigliamo di andare ad agosto, perché le sue strette vie sono piene di turisti; meglio in autunno o in primavera. Di questa piccola località abbiamo apprezzato la vista (è costruita in cima ad una rupe), le casette scavate nella roccia e le storie che queste vi racconteranno al solo guardarle.

Ottavo giorno

Appunto su Nimes: è una delle città più sorvegliate di Francia, il suo centro è pieno di telecamere anticrimine ed è quindi molto sicuro. Per contro, ci è stato caldamente sconsigliato di lasciare la moto all’aperto di notte in zone più periferiche: non è detto che la si ritrovi l’indomani. Tornando al viaggio, abbiamo passato l’ottavo giorno per gran parte in sella! La nostra meta erano le “calanques du Cassis”, che più persone ci avevano consigliato. Dato che volevamo evitare ancora una volta la noiosa autostrada, abbiamo imboccato la statale che da Nimes porta ad Aix-en-Provence passando per Beaucaire, Fontvieille, Mouries e Miramas.
Complice una partenza ritardata e qualche deviazione non prevista, a metà pomeriggio eravamo ad Aix-en-Provence interrogandoci sul da farsi: scendere a Sud e fare almeno un giorno di mare o dedicarci meglio alle Gorges du Verdon?
Abbiamo rimandato l’appuntamento con Cassis e imboccato la statale in direzione Gap con l’obiettivo di trovare un campeggio poco distante dal parco nazionale del Verdon. E’ così che abbiamo scoperto Manosque, il più misterioso dei paesi visitati.
Mentre passeggiavo per le sue strette vie, fermandomi ad osservare le vecchie casette dall’aspetto un po’ decadente, tendevo l’orecchio cercando di coglierne tutti i rumori, per capire che voce avesse. Tutto ciò che sentivo era uno strano silenzio, molto carico; avevo l’impressione che ci fosse qualcosa che mi sfuggiva, qualcosa che andava oltre la percezione dei sensi: sembrava che Manosque mi parlasse, che mostrasse la sua anima.


Mi son chiesto quante cose avesse visto, quanti cambiamenti avesse subito, quante persone fossero passate di lì nel corso di tutti questi secoli.
Manosque ci ha fatto scoprire l’Occitania, una regione invisibile che abbraccia il sud della Francia e parte del nord della Spagna e dell’Italia. Una zona che al tempo del profondo Medioevo era accomunata da una lingua, l’occitano. La storia però ha voluto che tale entità non divenisse mai una nazione, e la lingua occitana è stata messa da parte in favore della lingua d’oil (l’antenato dell’attuale francese).
A Manosque tutte le vie sono ancora indicate in doppia denominazione, francese e occitano, il quale suona come un curioso mix di francese, spagnolo e dialetto ligure!

Nono giorno

La notte in tenda a Manosque è stata molto più fredda e umida di quanto ci aspettassimo. Fatte asciugare al sole la tenda e Milla e fatta colazione con brioches (ottime) e caffè (pessimo), a metà mattina siamo partiti alla volta di Moustiers-Sainte-Marie, bellissimo paesino nel parco del Verdon. La statale D952 è molto piacevole ed il paesaggio altrettanto: vien voglia di fermarsi ad ogni paese che si incontra!
Arrivati a destinazione, montata la tenda e pranzato, abbiamo preso la moto e siamo andati a visitare il vicino lago di Sainte-Croix. (NB: se girate da quelle parti state attenti alla polizia, noi abbiam trovato due pattuglie con i radar per la velocità).
Il suddetto lago, sebbene di origine artificiale (la sua diga fornisce energia a tutta la regione) è davvero bello: acqua azzurrissima, bagnanti e piccole imbarcazioni, il tutto in una cornice di verdi colline e paesini provenzali.
Rientrando dalla scampagnata al lago abbiamo percorso una stradina secondaria (la “route de moustiers”) che ci ha fatto apprezzare le distese di campi di lavanda, sonnecchianti casolari e fattorie: abbiamo deciso che trascorreremo la nostra vecchiaia in quel paradiso terrestre!
Prima di cena abbiamo visitato Moustiers, che ha scalato subito la nostra classifica dei paesi più belli, mettendosi stabilmente in prima posizione.
Questo piccolo borgo sorge ai piedi di una parete rocciosa e viene attraversato da un fiume che lo divide in due, unito da un piccolo ponticello in pietra. E’ stato bellissimo perdersi nelle sue viette mangiando con gli occhi ogni piccolo scorcio, i balconi fioriti, i negozietti d’artigianato locale (sono famose le sue maioliche), il ristorantino sul fiume, la chiesetta, le piazzette.

Decimo giorno

Passata la seconda notte in tenda sotto la pioggia, al mattino il sole francese ci metteva di buon’umore e illuminava la nostra strada alla scoperta delle Gorges du Verdon. Ripensandoci, è incredibile che siano così poco conosciute: oltre ad essere il canyon più grande d’Europa, sono bellissime da scoprire sia in moto che a piedi (svariati gli itinerari di trekking), in scalata, in mountain bike, in canoa.
 

Lungo la strada troverete molti belvedere quasi sempre recintati, a parte uno dove si è a tu per tu con uno strapiombo di centinaia di metri e giù in fondo il fiume sembra un rigagnolo d’acqua piovana…noi avevamo di fianco una famiglia spagnola i cui figli adolescenti si sono seduti proprio a picco sullo strapiombo, per la felicità dei loro genitori che tentavano invano di dissuaderli!
Proseguendo lungo la D952 arriverete a Palud sur Verdon, poco dopo il quale troverete una deviazione a destra che indica la D23, la “route des crétes”: vale la pena prenderla, non tanto per le curve ma per i panorami mozzafiato che regala, evitatela se soffrite di vertigini!
Dopo esser arrivati a Castellane e aver subito un cazziatone dalla gendarmerie per esserci fermati a bordo strada a consultare la mappa, abbiamo proseguito fino ad Entrevaux, paesino che ci ispirava senza un particolare motivo, forse per il nome che suona così francese, chi lo sa!
Abbiamo scelto un campeggio poco distante che si è rivelato davvero carino, con una spiaggia privata e un laghetto, scenario davanti al quale abbiamo cenato godendoci il sole che scompariva piano piano dietro le montagne.
Prima di cena abbiam percorso un sentiero nel bosco che dal campeggio porta direttamente al borgo di Entrevaux, paese che ha la particolarità di avere un castello in cima ad una ripida salita costellata di porte (più di una ventina!) a protezione del castello stesso, i cui proprietari o erano paranoici o subivano frequenti attacchi, più probabilmente la seconda temo!
Vi segnalo anche il museo della moto di Entrevaux, di cui però purtroppo non so dirvi molto perché non abbiamo avuto tempo di vederlo: un motivo in più per tornarci!

Undicesimo giorno

Ci svegliavamo l’ultimo giorno della nostra vacanza molto tristi all’idea di tornare. Consumata l’ultima colazione francese in riva al lago e caricata la Milla, abbiamo deciso di goderci l’ultima giornata con una bella tappa da più di 300 km di curve!
La prima meta erano le Gorges du Cyans, un piccolo canyon con delle grosse pietre violacee molto particolari, da vedere. Risalendo lungo la route de Bréa prima e la route des grandes Alpes poi, ci siamo imbattuti nel Col de la Cayolle, un passo che sale fino a 2300 mt molto bello sia come panorami sia come curve; qui abbiamo pranzato sdraiati sull’erba, immersi nel verde della montagna e scaldati da un tiepido sole; chiudendo gli occhi sentivamo in lontananza i campanacci delle mucche… e null’altro.
Risvegliatici da un pisolino in quell’oasi di pace, siamo scesi dal passo e siamo stati immortalati da un fotografo che scatta delle foto sui passi delle Alpi francesi e le vende dal suo sito internet (“declicphoto”): la Milla in versione turistica piena di borse non è troppo fotogenica, ma lo dico a bassa voce che sennò mi sente…
Abbiamo fatto sosta a Barcellonette per sgranchirci un po’ le gambe, prendere un caffè e riempire le borse con gli ultimi souvenirs dalla Francia; quindi siamo ripartiti in direzione Colle dell’Agnello, godendoci la meravigliosa valle dell’Ubaye e il Parc du Quéyras. Le Alpi francesi sono un piccolo paradiso per i motociclisti, piene di passi tanto spettacolari quanto divertenti, vale la pena conoscerle visto che non sono nemmeno così lontane! Non a caso era pieno di motociclisti da varie parti d’Europa, francesi italiani belgi tedeschi svizzeri spagnoli, tutti uniti dalla passione per le due ruote!

Considerazioni

In primis devo fare i complimenti agli automobilisti francesi, che si dimostrano sempre molto sensibili e rispettosi verso noi motards. Ciò significa sia che ci favoriscono, sia che si accorgono di ciò che succede intorno a loro, cosa non scontata purtroppo. Parlandone con alcuni francesi mi hanno confermato che è normale per loro far passare i motociclisti perché è meno pericoloso averci davanti che dietro, in modo che possano vedere cosa facciamo: oltre che una questione di rispetto, è anche questione d’intelligenza, o quantomeno intelligenza stradale, chiamatela come volete.
Tornato in Italia, mi spiace dirlo, ho subito notato il cambiamento in peggio, tanto è diverso il comportamento degli utenti della strada: con le dovute proporzioni, mi ha ricordato quando ero in Etiopia, dove nel caos del traffico regna la legge del più forte, ovvero il mezzo di trasporto più grosso.



Una considerazione sugli stop in Francia: dopo aver più volte notato che le auto si fermavano completamente anche se non arrivava nessuno, ho chiesto spiegazioni e mi è stato detto che spesso la polizia si nasconde in prossimità degli stop per controllare che le auto/moto si fermino del tutto, pronta a dar multe in caso contrario.

Nel complesso posso dire che si viaggia proprio bene in Provenza ed anche in quanto turisti siamo sempre stati trattati bene.
Un unico neo (ma per molti non sarà un problema) è il cibo: se come noi siete vegetariani, tanti auguri! Organizzatevi e sfruttate i supermercati, diversamente non mangerete molto.

In conclusione, il giro è stato bellissimo e non possiamo che consigliarvi tutti i posti da noi visitati, nessuno escluso, anche se probabilmente saremmo rimasti soddisfatti di qualunque località della Provenza: sono zone davvero incantevoli.
Altrettanto bello è stato non avere una tabella di marcia prefissata ma piuttosto dipingere il nostro giro strada facendo: non unire i puntini numerati della settimana enigmistica, ma guardare il foglio bianco e dare sfogo alla propria creatività facendosi guidare dall’istinto.

Alessandro Spada

Argomenti

Hot now