Viaggi in moto: il Sudamerica

Viaggi in moto: il Sudamerica
Mi chiamo Salvatore "Sasaplanet" Di Benedetto, e viaggio in giro per il mondo in moto da ormai 10 anni, durante i quali ho percorso le strade di 4 continenti e 26 paesi
17 marzo 2015

Non sono un viaggiatore di "professione", sfrutto le ferie aziendali per appagare questa mia sete di conoscenza e questo vuole esser un articolo che può spiegare ad ognuno di voi che: viaggiare in moto, non è un lusso per pochi ma un'esperienza che ognuno di noi può realizzare.
Ho iniziato all'età di 22 anni con un viaggio attraverso Thailandia, Laos e Cambogia, con un noto tour operator, a questo sono seguiti vari viaggi in Africa.
Man mano che questi si susseguivano, che le conoscenze meccaniche e gestionali aumentavano, cresceva dentro me la consapevolezza che tutto ciò poteva esser gestito in solitaria, senza l'aiuto di costose agenzie.
Ho così affrontato, un viaggio nella terra che fuma, l'Islanda, paese dai mille colori.
Tornato da questo, è nata dentro me la voglia di fare qualcosa di grande, un avventura vera. Ho pensato per mesi a ciò che mi sarebbe piaciuto fare, ed intanto continuavo a leggere i miei libri preferiti: Brum Brum, The long way round, fino a che mi è capitato di leggere delle gesta di due giovani medici Argentini, i quali intrapresero un ambizioso viaggio alla scoperta dell'America del Sud, per chi non avesse letto il libro "i diari della motocicletta" , magari il nome dell'autore può aiutare , Ernesto "Che" Guevara, si proprio lui , il "Che" il grande combattente, poco più che vent'enne affronto un viaggio all'avventura con l'amico Alberto Granado.
Non potendo permettermi 6 mesi di ferie, come poter affrontare un viaggio così lungo avendo a disposizione poco più di un mese all'anno? Farò un viaggio a tappe e di volta in volta cercherò un posto dove lasciare la moto. Non volevo però fare una copia, questo dev'esser il mio viaggio e la scelta è presto presa, da punta a punta del continente Americano, da Ushuaia all'Alaska.
Mi sono poi scontrato con burocrazia che c'è dietro ad un viaggio come questo, è estenuante, devi cercare lo spedizioniere, preparare tutte le carte, tutto dev'esser perfetto o altrimenti rischia di saltare tutto, e non dimentichiamo la scelta della moto e la preparazione.
Ovviamente la scelta non può che cadere su di una moto di basso valore. Ho perciò acquistato una vecchia Honda Dominator 650, l'ho sistemata e preparata per il viaggio.
Trovo lo spedizioniere, che mi offre un passaggio nel container di altri viaggiatori, preparo tutte le carte necessarie, e finalmente ci siamo, non resta altro che partire.
Ma già alla partenza commetto il primo errore, scelgo un volo con scalo a Toronto. Niente di strano se non fosse Dicembre e il mio volo per Santiago viene cancellato a causa di una forte nevicata. Di conseguenza perdo anche la connessione con Puerto Mountt, dove arriverò con un giorno di ritardo, quando i miei “compagni” hanno già sdoganato le moto e fatto le assicurazioni, io intanto mi metto subito al lavoro per preparare la moto.
Sistemiamo i bagagli, accendiamo il motore, e il rombo del piccolo monocilindro rimbomba per la prima volta in terra Americana. Partiti, i primi chilometri scorrono con un po’ di difficoltà, piano piano prendo confidenza anche se la guida in due con tutti i bagagli caricati al posteriore, non è proprio il massimo in stabilità.
La prima tappa prevede l’isola di Chiloè, dove arriveremo tramite una piccola traversata in barco. Iniziamo una spettacolare strada di terra in direzione di Castro, bellissima cittadina con palafitte affacciate sul mare, soggetto a delle forti maree.

Il giorno seguente sotto un abbondante pioggia, ci dirigiamo verso sud, con destinazione Quellon, dove prenderemo il traghetto che ci riporterà sulla terra ferma. Nonostante la pioggia procediamo con calma, visitiamo i punti d’interesse dell’isola, tanto il battello salperà solo nel pomeriggio, ma arrivati alla meta scopriamo che in questo periodo non effettuano servizio viaggiatori, siamo quindi costretti a tornare velocemente indietro, questa deviazione ci costerà più di mille chilometri, in quanto dobbiamo risalire l’intera isola, traghettare a Puerto Mountt e continuare verso nord per Osorno. Questa zona del Chile è praticamente divisa tra nord e sud, senza traghetti si è costretti a passare per l’Argentina. Arriviamo in serata nei pressi Puyehue, stanchi morti decidiamo fermarci e riposarci.

Sveglia di primo mattino, riprendiamo la strada, che si inerpica tra le fitte foreste del Parque Nacional Puyehue, un paesaggio che varia dai fitti boschi, alle pendici ricoperte dalla cenere del Vulcano Casabianca. Facciamo poi il nostro primo ingresso in terra Argentina, dove un sole estivo ci culla tra le sinuose curve della strada dei sette laghi, una delle più belle di questo immenso paese. Arriviamo ad orario di pranzo nella località sciistica di San Carlos de Bariloche, che non ha nulla da invidiare alle più blasonate località Europee, la differenze è che qui i nostri palati verranno deliziati dal primo assaggio delle rinomata carne Argentina. Purtroppo però dobbiamo recuperare il tempo perso e ripartiamo, a pochi chilometri da Bariloche un cartello ci indica che abbiamo imboccato la Ruta 40, strada leggendaria che attraversa tutto il paese da nord a sud con 4885 km, l’emozione è tanta, è da quando sono bambino che ne sento parlare e finalmente le mie ruote scorrono veloci su questo tratto di terra.
Entriamo nel parco del Los Alerces, percorrendo l’incantevole strada di terra che costeggia il fiume. Ci fermeremo a campeggiare per la notte.
La strada al mattino scorre piacevolmente sotto le ruote tassellate, famiglie festose di Argentini si godono la giornata soleggiata sulle sponde del fiume, e noi ne carpiamo l’aria allegra e spensierata.
È già tempo del nostro secondo ingresso in terra Cilena, che avviene tramite il passo di Futaleufù, qui entriamo in quella che è un'altra leggendaria strada di questo Continente, La Carrettera Austral. Arriveremo in serata al Parque Nacional Queulat, dove nella mattinata seguente faremo un fantastico trekking fino all’omonimo ghiacciaio, che si lascia cadere in una scintillante cascata dalle pendici di una splendida collina.
Raggiungiamo Coihaique dove ci fermiamo per prendere informazioni, ripartiamo subito dopo in direzione Villa Cerro Castillo, non mi ero però reso conto che la strada si inerpicava per le alte montagne che dividono le due città, l’acqua e il forte vento rendono il tragitto di poco più di 100 chilometri un calvario, qui se si parla di vento, si parla di raffiche a più di 100 km/h, che rendono la marcia lenta e faticosa, arriviamo così in tarda serata al piccolo villaggio, cerchiamo un sistemazione per la notte e andiamo a dormire.
Al risveglio facciamo un giro nel piccolo villaggio e ci rimettiamo in marcia, fermandoci sulle sponde del Lago General Carrera, facciamo un escursione in barca, per visitare le accecanti formazioni Marmoree che grazie all’erosione dell’acqua, hanno formato splendide grotte dal colore bianco. Riprendiamo la Carrettera, che continua a regalarci panorami incantevoli, di lì a poco facciamo una sosta per ammirare la confluenza di due fiumi di colori totalmente diversi, siamo sorpresi da quanto questa sia marcata. Tornati alla moto mi accorgo di avere forato, smonto il tutto e riparo il pneumatico.

Si sta facendo tardi, abbiamo tanta strada da fare, mi dirigo verso il passo di montagna di Roboallers, splendida strada che porta alla Dogana Argentina, ma purtroppo nonostante stiamo percorrendo una delle strade più belle fatto fino ad oggi, non abbiamo molto tempo per fermarci. Arriviamo in Dogana, e dopo aver velocemente svolto le pratiche Cilene, veniamo fermati dalla parte Argentina, il poliziotto è dubbioso, continua a controllare i documenti che gli ho fornito e la moto, non capisco ma aspetto, fino a che non si sta facendo tardi e chiedo spiegazioni. Mi verrà risposto che non coincide il numero della patente sull’assicurazione, sicuro di me rispondo che non corrisponde perché non mi è stata chiesta, ho la mia licenza ancora in tasca, ma a questo punto dopo due ore perse inutilmente, capiamo che c’è un problema, io ho imparato lo spagnolo in Venezuela dove la targa della moto si chiama placca, per gli Argentini è invece la patente, quindi al momento della stipula ho consegnato il numero della licenza di guida, capito il disguido il poliziotto ci lascia andare ma è veramente tardi siamo in alta montagna e sta calando il sole, arriviamo in tarda serata a Lago Posada.

Cerchiamo un alloggio ma il piccolo villaggio non ha molte strutture, bussiamo alla porta di una simpatica coppia di arzilli anziani, che però non hanno posto, poiché stanno ospitando la famiglia, ci dicono che hanno delle case in costruzione, se non abbiamo problemi possiamo dormire lì, i fabbricati sono effettivamente senza nemmeno il pavimento, ma ho visto che il proprietario sta facendo un barbeque per la famiglia, faccio la mia proposta, accetterò la camera solo se verrò invitato al banchetto, tornerò strisciando come una biscia verso la camera.
Veniamo svegliati di primo mattino, ormai facciamo parte della famiglia, abbiamo confessato che Mery è un ottima cuoca, quindi vogliono che cuciniamo la pasta all’italiana, non possiamo esimerci ed organizziamo un pranzo per dodici persone, ma a malincuore dobbiamo ripartire anche se la nostra nuova famiglia non vorrebbe lasciarci andare.
Non abbiamo molti Pesos, ma non c’è modo di cambiare a meno di pochi euro che i nostri nuovi amici vogliono tenere come ricordo. Dopo appena 100 km a Bajo Caracoles, riusciamo a fare il pieno alla moto, ci immettiamo cosi ancora nella Ruta 40, che qui si manifesta nella sua immensità, così come per anni me l’ero immaginata, siamo nella Pampa, le distanze diventano abissali, il paesaggio è brullo e spoglio, dinanzi a noi il nulla, chilometri su chilometri percorsi senza un solo albero nè una collina, questo immenso paese ha le dimensioni di un continente e spostarsi da una parte all’altra significa star in moto tutto il giorno. Arriviamo a Tre Lagos paese natale del nostro nuovo nonno, che ce l’aveva decantata come una splendida città, in realtà non è altro che un paesino, senza banche ne alberghi, non abbiamo molti soldi con noi, quindi racimoliamo gli ultimi spiccioli, e dopo aver fatto benzina ripartiamo. I chilometri scorrono ma di El Chalten nostra prossima meta nemmeno l’ombra, arriviamo in tarda serata, restando senza il prezioso greggio a pochi metri da una stazione di servizio, grazie Dio.
Ci fermeremo qui qualche giorno nella speranza di poter scalare la famosa vetta del monte Fitz Roy, le attività outdoor sono molteplici, la sera i ristoranti tipici e le cioccolaterie allietano la permanenza. Faremo qualche trekking ma la pioggia con nebbia ci impedirà di vedere l’ambita vetta.

Prossima destinazione El Calafate, dove arriviamo tramite strada asfaltata, purtroppo a causa del turismo tra qualche anno le epiche traversate del paese non avranno più la stessa magia. El Calafate è la base di partenza per visitare il ghiacciaio più famoso del mondo, il Perito Moreno, che si innalza imperioso per più di venti metri dinanzi alla vista incredula dei suoi ammiratori. Resterò affascinato, ancora una volta la natura ha dato sfoggio della sua grandezza.
A malincuore riprendiamo la strada, questa parte di paese ci sta letteralmente catturando. Rientriamo in Cile percorrendo una sterrata che costeggia il Lago del Toro. Arriviamo alle Torres Del Pain uno dei parchi più famosi del continente, qui la natura la fa da padrona e la strada immersa in essa sembra esser un tutt’uno con il cielo terso. Parcheggiata la moto alla casa del guardia parco, ci incamminiamo per un trekking di tre giorni, avanziamo a fatica, il vento a raffiche a più di 110 kmh ci rallenta e ci mettiamo tutta la giornata per fare i 24 km che ci separano dal rifugio. Alla fine dei tre gironi avremo percorso 68 km, siamo stremati e io ho la febbre, in più piove e non ho voglia di campeggiare, riprendiamo la moto, ma mi accorgo di aver dimenticato il gps sul bus che ci ha riportato indietro, lascio Mery e le valige e mi metto all’inseguimento, dopo 45 minuti e 50 km riesco a riprendere la mia attrezzatura, torno indietro , preparo tutto e ripartiamo per Puerto Natales, che dista poco più di 100 km, ma la strada che tanto mi aveva affascinato all’andata, ora mi sta togliendo le ultime forze, arrivati completamente bagnati e distrutti cerchiamo riparo in una posada.
Dopo aver dormito come sassi, scopriamo che la gomma anteriore è a terra, questa volta non ho le forze per cambiarla da solo, e poi siamo in una città meglio cercare un gommista, sembra assurdo ma provo in almeno 10 officine nessuno dei quali accetta le moto. Dopo un po’ trovo El Gomero Movil, un gommista con officina mobile su di un Pick-up, ma poco dopo mi accorgo che forse sarebbe stato meglio far da solo, non so come sia stato possibile, ma dopo avergli dato la camera d’aria nuova, fa il gioco delle tre carte e rimette all’interno quella bucata, risultato bisogna rifare tutto da zero, ma qui entra completamente nel pallone, e la ruota alla fine del lavoro sembra frenata, ed io sono troppo stanco per capire cosa c’è che non va.

Ripartiamo il giorno dopo, facciamo una deviazione per vedere una Pinguineria, la strada per arrivarci è una bella sterrata mista roccia sabbia, non proprio facile. Qui incontriamo Orazio,un simpatico Cileno proprietario di un agenzia di viaggi in moto. Salutiamo il nostro nuovo amico e riprendiamo il viaggio, pochi metri e siamo fermi, la ruota risultava frenata, perché il gommista aveva montato male i distanziali, i quali lavorando storti hanno rotto i registri della catena. Nemmeno il tempo di scendere dalla moto ed arrabbiarsi che arriva Orazio, si ferma e dopo aver capito la situazione ci carica sul furgone con il quale sta facendo da supporto a due motociclisti Svizzeri. Facciamo tutto il tragitto nel retro fino a Punta Arenas, dove arriviamo un po’ shakerati, faccio una riparazione di fortuna e mi metto alla ricerca del concessionario Honda indicatomi, dopo averlo trovato aspetterò per più di quattro giorni nella monotona città, prima che grazie all’aiuto di una torneria, mi sistemano la moto.
Finalmente siamo ancora on the road, e ci dirigiamo verso quella che sarà la nostra meta, Ushuaia, la città più Australe del mondo. Siamo però partiti nel tardo pomeriggio, e tengo una media più alta del solito, arrivati allo stretto di Magallanes, traghettiamo e siamo finalmente sulla Terra del fuoco. Ci dirigiamo verso sud e passiamo la Dogana Cilena, ma nei 15 km di terra di nessuno accade l’imprevisto, non ho ben calcolato che, con le medie che sto tenendo la moto ha consumato di più, e la moto si ammutolisce, scendo al volo sta passando un camionista, che mi dà un passaggio fino in Dogana Argentina, faccio benzina, chiedo un passaggio per tornare indietro, in meno di mezz’ora sono ancora in gioco, ripartiamo facciamo dogana ed arriviamo in serata a Rio Grande.

Ci siamo, riprendiamo la strada per gli ultimi chilometri di questo primo viaggio, facciamo il passo Garibaldi e poi giù verso Ushuaia, dove un enorme cartello ci dà il benvenuto alla Città più Australe del mondo, Well done primo obbiettivo raggiunto, intanto che cerchiamo un posto dove lasciare la moto, ci dedichiamo al turismo con un’escursione al noto fare Fin del Mundo. Troveremo un concessionario auto disposto a tenerci la moto per circa un anno, quindi la prepariamo per il duro inverno e prendiamo un volo che ci porterà a Santiago, giusto in tempo per goderci l’arrivo della Dakar. Santiago non ha però molto da offrire e decidiamo di passare gli ultimi giorni a Valparaiso, splendida località dichiarata patrimoni dell’umanità dall’Unesco, il centro storico e un museo a cielo aperto e i colori sgargiati la fanno da padrone.
Non ci resta che tornare in Italia e darci appuntamento al prossimo anno per la seconda parte di questo viaggio.

Salvatore Di Benedetto

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