Viaggi in moto: 19 passi alpini in 4 giorni

Viaggi in moto: 19 passi alpini in 4 giorni
Albeggia, non sta piovendo, è già qualcosa. Dopo tanti tentennamenti dovuti al tempo non propriamente estivo si parte per il nostro giro in moto sulle Alpi, quest’anno l’obiettivo principale è la Svizzera e rientro dall’Italia...
4 settembre 2014

Mercoledì 30 luglio 2014
Albeggia, non sta piovendo, è già qualcosa.
Dopo tanti tentennamenti dovuti al tempo non propriamente estivo si parte per il nostro giro in moto sulle Alpi, quest’anno l’obiettivo principale è la Svizzera e rientro dall’Italia.
Il rifornimento l’ho fatto ieri ed il tagliando dei 20 mila Km pochi giorni fa, la motina è pronta. Mi spalmo la faccia di Noxema ed incomincio a radermi. Mi guardo nello specchio e penso: ma perché non resto a casina mia con i miei cari ed i miei canetti? Invece di andare al giro come fossi un ragazzino?. Mi passo un po’ di dopo barba e lavandomi i denti bofonchio: dai su, muoviti, che non voglio far tardi.
Mi vesto da pioggia, piano piano entro in camera e bacio Laura che mi sussurra: tato vai piano, mi raccomando.
I ragazzi li ho salutati e baciati e così i golden ed i gattacci, posso ribaciare Mirò che si è alzato ed esco in fretta.
Caricate le borse sulla moto, la sfilo lentamente dal garage ed esco sulla strada, richiudo il cancello e metto in moto.
Il boxer parte pronto e pimpante, come se sapesse cosa lo aspetta, la mattina è grigia ma non piove, innesto la prima e mi avvio per la discesa, così lascio l’accelleratore e faccio il nome del padre lanciando un bacio verso casa. Le previsioni indicano temporali in Emilia Romagna. All’Agip sulla superstrada già ci sono gli amici castellani, Paolo, Francone e Marcello. Fabione e Sergino già scalpitano e Fabio sembra un modello tant’è elegante nella sua RT celeste. Manca Lido, lo aspettiamo, arriva dopo poco e ci dice che è tornato indietro perché aveva dimenticato la patente.
Gli dico: hai preso la carta d’identità? Vedo che fa una faccia strana ed aggiunge: avviatevi, vado a casa e vi raggiungo per strada.
Ci mettiamo in movimento verso il Verghereto, piano piano per i primi chilometri, così i motori si scaldano un po’.
La strada è quella che è, si sa, s’inizia lo slalom tra le buche, che vergogna.
Io sto in fondo e Fabione dietro me, guardo nello specchietto per vedere se Lido arriva, ci raggiunge dopo Sarsina e ci sorpassa a tutta stecca; la sua Transalp è una gran moto e lui la guida in modo assai spigliato.
Al casello ci fermiamo un attimo. Alcuni chiedono: ce le togliamo le tute antipioggia? Io ripeto quanto ho già detto: troveremo acqua, ora, verso Bologna e ci seguirà sino ad oltre Parma, io la tengo.
Il cielo in Romagna era abbastanza aperto e si affacciava anche un timido sole ma, verso nord, le nuvole erano piuttosto minacciose.
Entrando in autostrada accendo il casco: Ciao… Cardo Sho one, ciao. Zazzico sui pulsanti e trovo la radio, ma le stazioni programmate si sentono male e quindi cerco isoradio, eccola, mi fa un po’ di compagnia; quanto è noiosa l’autostrada in moto.

A Bologna, puntuale, la pioggia inizia a cadere fitta e sento che c’è una coda di quattro chilometri verso Modena, causa incidente. L’autostrada è bloccata e tutte le corsie intasate.
Provo a passare tra le auto ferme ma alcuni automobilisti chiudono gli spazi. Che cosa gli cambia a loro se tu passi? Allora provo sulla destra, ai bordi della corsia di emergenza, un po’ dentro ed un po’ fuori, rientrando ogni pochi metri, pianissimo; guardo lo specchietto ed arriva la gazzella della stradale e gli faccio strada, non mi dicono niente e piano piano, a distanza, li seguo. Arrivano i castellani e mi sorpassano tranquilli a destra, con andatura più sostenuta. Io proseguo lentamente e resto indietro. Finalmente la strada si apre appena superato il punto dell’incidente, ormai rimosso, la pioggia è sempre più forte.
Il motore gira bene, i giri sono pochi, e lui quasi borbotta, sul filo dei centodieci.
Verso Parma ricevo una telefonata da Sergino: dove sei? A Parma, voi siete parecchio avanti? rispondo, siamo all’autogril sopra l’autostrada. Ah, a Fiorenzuola! Ora arrivo, un quarto d’ora, venti minuti son lì.
Aumento l’andatura e l’acqua diventa sempre più pesante, si vede piuttosto male ma le gomme nuove ed il peso mi danno una buona stabilità. Ecco Fiorenzuola, entro e vedo le moto al distributore, abbiamo fatto circa trecento chilometri e rabbocchiamo i serbatoi, un buon caffè e si riparte. Ora siamo tutti otto insieme, la pioggia è in diminuzione. A Somaglia solo poche gocce ed a Melegnano s’incominciano a vedere le montagne. In vita mia, neppure quando abitavo a Milano, non avevo mai visto la neve a luglio, quasi agosto. Il Monte Rosa sembrava lì, vicinissimo e rosato non a caso. Era la direzione da seguire: Gravellona, Crevoladossola, Sempione.
Tra Rho e Busto un altro mega ingorgo, autostrada bloccata di nuovo. Stessa storia, i soliti simpaticoni che ti chiudono ed allora che fai? Arriva Fabione e mi dice: proviamo sulla destra, mi sposto verso la corsia di emergenza e piano piano avanziamo. Dopo qualche chilometro s’intravvedono le autolettighe e le auto della polizia. Brutto Giuda! Una Harley Davidson appoggiata sull’asfalto con decine di strisciate che convergono verso lei, mi prende male a pensarci, spero il meglio ma la scena è tremenda. Schizzo via e come reazione cerchiamo di scappare da quel punto malefico il più velocemente possibile. La deviazione per Gravellona non l’avevo mai fatta e mi sembra una bella opera stradale. Il traffico è piuttosto contenuto. Dopo le prime salite s’intravvede il Lago Maggiore: bello, grande. Non lo ricordavo così grande. Una volta, sarà stato il ’66, ci venimmo in gita con la scuola dall’Arcivescovile di Saronno, anche al San Carlun.
Avevo ribadito a Sergino uscita Crevoladossola ed infatti me lo ritrovo fermo, all’improvviso, prima di Stresa.
Io sono sulla corsia di sorpasso e proseguo. Fatti due o tre chilometri mi chiama: noi ci siamo fermati per mangiare qualcosa senno si fa tardi, Va bene esco e torno indietro.
Arrivo a Stresa e li trovo al ristorante indicatomi, sul piazzale del posteggio, su ogni filo delle tettoie s’intravvedevano i panni stesi ad asciugare e le ghette colorate appoggiate qua e là. A tavola l’appetito non manca e ci riposiamo anche un po’, poi si riparte.
Un vecchino, più di me, con una Jeep esce all’improvviso da uno stop, per fortuna andavo piano. I vecchini sono pericolosi, soprattutto dopo pranzo. E’ andata bene, via andiamo, almeno non piove.
La strada è bella, il fiume Toce stracolmo d’acqua. Le moto svelte dirette verso il primo (escluso il Verghereto perché appenninico) dei 19 Passi Alpini che ci accingiamo a percorrere in quattro giorni. Il Passo del Sempione è molto ampio, sembra una superstrada, pieno di traffico pesante. Decine, centinaia di bilici lo attraversano con estrema facilità.
Arriviamo al Passo, ci fermiamo pochi minuti, il tempo non è un granché e la strada è piuttosto viscida, ma scendiamo bene verso Brig. Dall’alto si nota l’importanza di questo nodo logistico, noi giriamo a destra verso Ulrichen, la nostra prima tappa.
Inizia a piovere e chiedo informazioni, gentilmente mi dicono che Ulrichen si trova a circa sei chilometri da lì. Raggiungo gli altri fermi per infilarsi l’antipioggia ma non mi fermo pertanto, alla prima tappa: maglia rosso/blu, che è il colore del Tour de Swisse, vinto ad oggi ben 19 volte (come i nostri Passi Alpini) da corridori italiani.
Arriva Sergino e ci distribuisce tra i due alberghi prenotati. Noi andiamo al Neufenen, bell’albergo antico, piccolo ma molto curato e pulito, la proprietaria è gentilissima ed assomiglia all’attrice di Saving Grace (L’erba di Grace). Ci fa mettere le RT nel suo garage e poi mi consiglia alcune varianti al nostro itinerario che risulteranno utili.
Mi dice che il tempo dovrebbe migliorare e che l’estate non c’è stata quest’anno, in pratica è ormai finita.
Ceniamo tutti all’albergo degli altri, a pochi chilometri da noi. Inizia la suonata in “franco svizzero maggiore” ma si sapeva, in Svizzera è così, tutto è più caro che da noi, esclusa un po’ la benzina.

Ottima la colazione al Neufenen; qualche foto aspettando gli altri e quattro passi per le antiche case con giardini ed orti fantastici. Mentre aspettiamo facciamo rifornimento! Andiamo all’Agip. Paghiamo in euro ad un fanciullo; i ragazzi sono in vacanza dalla scuola e li mettono dietro le casse dei vari negozi, dei distributori ed attività che dir si voglia, per imparare subito a buggerare i turisti, particolarmente quelli italiani; per loro, credo, questo è il primo sport nazionale. Il biondino, dicevo, con la sua bella faccia angelica ci prende gli euro, addebitandoci commissioni fisse che non si sa bene quanto siano e calcolando il cambio ad 1.1 FRS per Euro (cambio ufficiale 1.21). Dai siamo in vacanza, si sa, qui è così! Ma allora la storia che almeno la benzina costa meno non è di fatto più vera? Gia! Dimenticavo, ci eravamo alzati con un nebbione ed ora… per fortuna c’è il sole! Un fantastico sole che inizia a sciogliere le nebbie e la strada trasuda vapore acqueo. Partiamo buggerati ma contenti. Meno buggerato Sergino che, sulla sua Honda, mette dieci euro di benzina per volta, per stare leggero. Il Passo della Novena è bellissimo, ma la strada è zuppa e quindi si sale con attenzione. Al Passo facciamo amicizia e foto con un pulman di thailandesi, davvero simpatici. Raggiunto Airolo saliamo al San Gottardo, via Tremola (deviazione consigliataci da Brenda Blethyn), strada antica con il pavè. Strada mitica, percorsa dalla maggior parte dei ciclisti. Arrivati al Passo ci sgranchiamo un po’ in qua ed il là. Ripartiamo verso Andermatt e poi Wassen.
Fortunatamente iniziamo l’anello in senso anti orario, incontrando una coda contraria causata da lavori in galleria, di chilometri e chilometri. Una vera follia. A Wessen Sergino prova a mettere un po’ di benzina, è quasi a secco.
S’infrena con l’automatico del distributore e dopo venti minuti, vista la mala parata dice: dai andiamo, in discesa andrò a motore spento. Sono cattivo e gli dò del “chiucco”: ma sapevi che oggi abbiamo oltre trecento chilometri da fare, perché non hai fatto il pieno ad Ulrichen?. Come dire brutto al lupo, non lo scalfisco neppure un po’: la sua moto pesa quasi 300 chili e quindi il pieno non è consigliabile. Mha? Comunque, in compenso, una carta da gioco gli si è infilata da qualche parte e praticamente fa lo stesso rumore di quando, da bambini, usavamo la molletta di legno ed il cartone sui raggi delle nostre biciclette.
Il mistero non verrà chiarito per tutto il prosieguo del viaggio e lui s’inventerà che … è colpa della benzina, sì, quella che mette con il contagocce!

Il Susten Pass è molto bello, parto un po’ prima per l’arrabbiatura e quindi mantengo la maglia in cima al Susten. Mi sorpassa agevolmente il nostro amico austriaco incontrato al distributore famoso, insieme alla moglie al seguito. Persone simpatiche, con un K 4 cilindri rosso e poi, al collo, ha una Nex7 come la mia e gli scatto qualche foto. Ci salutiamo cordialmente e via, si riparte subito. A proposito dei saluti tra motociclisti devo dire che: io saluto sempre ed in genere anche gli altri che incontro fanno altrettanto e questo rituale, per me, vale da quasi 50 anni. Alcuni tuttavia non staccano la mano dal manubrio e per questo è nata la leggenda che si tratta di quelli con le Bmw. Si può darsi, è vero, qualcuno è proprio altezzoso ma, come nel nostro piccolo gruppo, quante sono le mucche? Almeno l’80%, pertanto la questione, per me, è chiara. Torniamo concentrati sul percorso. Le strade sono perfette, veri biliardi, non una buca ma, che dico buca? Nemmeno una buchina. Niente, immacolate! E sono strade alpine oltre duemila metri. Bravi sti sguizzeri. Anche l’andamento del percorso è molto ben progettato. Pensate che il San Gottardo l’hanno fatto almeno tre volte, ci sono tre percorsi diversi nel versante da Airolo.
Lungo la discesa verso Innertchirken ci sono diversi bei localini dove fermarsi, con tavole infiocchettate e fiori ma “nein”… qui ci fregano, questi sono i posti dove ci fregano. Mi rifiuto di andare a mangiare in un ristorante in mezzo al paese e aggiungo: io mi avvio, vi aspetto in cima al Passo. Arrivati ad Innertchirken è stato necessario trovare un distributore per Serginen. Fabio gli spiega che sull’automatico può optare per l’italiano e quindi: rifornimento fu. Con il tedesco, a Wassen, non ch’aveva cavato niente. Ci provava ma nein, niente benzinen. Il Glimsenpass è bellissimo! Ci fermiamo ad ammirare i laghi artificiali per l’energia elettrica e le varie opere d’ingegneria che li circondano, bravi! Svizzeri! La strada è bella bella. Ci fermiamo al Passo e mangiamo due puttanatelle care come fossero buone. Un altro biondino alla cassa mi buggera 4.5 FRS per un Magnum classico. Tanto qui è così, se ci vieni è così. Devo ammettere che questa storia mi è venuta a noia. Girata una curva si apre la vista sulla valle, con la discesa dal Grimsel e la salita al Furkapass: una vera meraviglia. Al Passo del Furka ci fermiamo, io ho perso la maglia rosso blu già da un pezzo.

L’attenzione si concentra su una Carrera 4S rossissima che, a detta dai miei compagni di viaggio, era condotta da un’altrettanto bellissima bionda teteska. Io non ho avuto il piacere di vederla, la bionda intendo dire, ma ci credo ci credo: non si smuovevano dal culo di quella Porsche. Lungo il percorso noto quattro somarelli lungo la strada. Il piccolo ha pochi giorni e saltella giocando come un bambino dietro agli adulti, con una espressione di contentezza: che dolcezza! Vorrei fare qualche fotografia per il mio amico Malcom Head ma non posso fermarmi e mi fisso questa immagine nel cuore. Scendiamo nuovamente verso Andermatt e via, un altro rifornimento. Qui non c’era il classico ragazzino bensì un saggio vecchiettino, risultato? Cambio 1 FRS per 1 Euro Sono fantastici! Ma noi invece, come siamo rimbambiti! Suggerisco di accelerare un po’, per passare il Lucomagno e cercare l’albergo che non è stato ancora prenotato. Facciamo l’Oberalppass e poi il Lucomagno. Il tempo è bello e le strade ancor più belle. La temperatura sale oltre i 30°, sfiorando anche 33°. Ad un certo punto ci fermiamo cotti a puntino. Inizia la svestizione. Un caldo da non credere. Fabio e Sergio trovano un albergo con l’Ipad a Lumino, manco a trovarlo col lumicino, vicino a Bellinzona. Non faccio il nome perché… non me lo ricordo, ma mi ricorderò di non tornarci. La sera andiamo a cena a Bellinzona, ristorante italiano ma orchestra e musica sempre quella svizzera, una musica monotona ed esagerata! Passeggiamo per Bellinzona e prendiamo un gelato.

Bellinzona è una bella cittadina, piena di castelli, meriterebbe un’attenzione maggiore di quella a lei riservata da otto scalmanati che vogliono vedere il mondo in 10 minuti. La mattina successiva ci alziamo ed ancora non piove. Colazione e giù un temporale mai visto. Aspettiamo che diminuisca. Dopo due ore partiamo ugualmente: piove davvero forte. La strada è deserta, è festa nazionale in Svizzera. I paesini verso il Passo del San Bernardino sono molto belli. Un paesino lungo la strada si chiama Laura e penso… Laura o laura (lavora in dialetto svizzero lombardo)? Francone ha fatto un numero di alta acrobazia, in un binario di un trenino in una curva, ancora non si rende conto come sia riuscito a rimanere ritto. Meno male.
Il Passo del San Bernardino è bellissimo, forse uno dei tratti più belli, motociclisticamente parlando ma, ahimè molto bagnato. Io maglia nera, da come andavo piano, mi hanno superato schifiti, come dire: ma come guidi?. In fondo abbiamo avuto problemi ad imboccare la strada per il Passo Spluga ma alla fine ci siamo riusciti. Fabione si è scatenato ed anche Sergino si è inchinato al mandingo con quell’organo a sei canne che suonava come una lamborghini. Fatto lo Spluga, percorsi due metri, dico due metri d’Italia e, mi ha fatto piacere vedere il cartello Italia, con i mille simboli dei limiti di velocità in vigore in questo efficiente Paese, due metri … e giù buche. Ci siamo: siamo a casa! La strada verso Chiavenna è brutta a prescindere dall’asfalto. A Chiavenna un rabbocchino di benzina per poter arrivare a Livigno. La signora al distributore è paziente e gentile e dopo averla salutata si riparte.


Fermata d’obbligo all’Acqua Fraggia. Quest’anno le cascate sono impressionanti, bel posto per una sosta ed uno spuntino, lo consiglio a tutti. Qui abbiamo trovato una coppia, sembravano francesi, su una Horex 6 cilindri 1200 con targa tedesca, la moto è bruttoccia ma il rumore è davvero bello, loro erano molto simpatici e spartani. Ripartiamo per il Passo del Maloja, molto bello sia come fondo stradale che come tracciato. Arriviamo al lago di Sils, un luogo davvero incantevole e Monti lo sa bene. A Silvaplana (ma quanto hanno costruito…) giriamo a sinistra per percorrere il Passo del Giulia (Julierpass). Non l’avevo mai fatto, devo dire che mi ha notevolmente impressionato, è davvero un bel percorso, con allunghi e curvoni tipo Brands Hatch, con una serie di tornantoni dove non finisci mai di piegare, guardando con calma chi ti segue, sembra di essere in un film. Arrivati a Tiefercastel svoltiamo a destra per l’Albulapass. La strada è strettina ed antica ed in cima, nell’altopiano, entriamo in un paesaggio quasi lunare, dove una simpatica mucca cammina tranquilla sulla strada e viene a curiosare in mezzo alle motociclette posteggiate. La discesa è piacevole e si rientra in Engadina sotto Zernez ed a nord di Saint Moritz.
Ci fermiamo al primo distributore. Qui i vari meccanici cambiano una lampadina della moto di Paolo, operazione un po’ sofferta ma alla fine ce l’hanno fatta. Nel frattempo io ho provato a dire al distributorista: faccio benzina, dieci euro per 12 franchi? e lui mi risponde in una lingua svizzero/lombarda: meglio 11 franchi. Sono fortissimi! Bhe, ormai mi sono diventati simpatici, almeno lui non ha calcolato le provvigioni fisse su 10 euro. Prendiamo il Bernina, questo bel Passo lo conosciamo bene tutti. Fabione parte con il Kappone ed io dietro, mi piace questa strada. Ovviamente fatico un po’ a tenere il suo passo, ma arriviamo in cima velocemente. Facciamo il Passo “Forcola di Livigno”, che non avevo conteggiato, ma è un vero Passo a 2336 metri di altitudine e quindi lo devo aggiungere alla lista.

A Livigno l’albergo è prenotato e, fatto il rifornimento, togliendosi il lusso di fare la benzina che più super non si può, arriviamo all’Hotel Loredana. Con gradita sorpresa troviamo un ambiente accogliente e pulito ad un prezzo giusto. A cena andiamo al solito ristorante dove mangiamo molto bene spendendo la metà di quanto sborsato a Bellinzona, ma mangiando molto, ma molto meglio, manco da paragonare. Io e Fabione abbiamo scelto un piatto vegetariano, polenta e finferli. Gli sguardi delle mucche del Passo dell’Albula mi hanno commosso, hanno lo stesso sguardo di Kevin, uno dei nostri golden retrievers. Gli Unni Umbro Toscani hanno preso quasi tutti il cervo in salmì, con polenta e finferli.
Fa freddo nel tornare all’albergo e andiamo a riposare subito; i caloriferi sono accesi a tutto fuoco, colgo lo spunto per far asciugare i guanti ed altre cose zuppe.

2 Agosto, l’ultimo giorno, il giorno del rientro.
Facciamo colazione e partiamo in direzione Passo del Gallo (anche questo non l’avevo considerato: aggiungere alla lista). Alla dogana paghiamo 10 euro per il tunnel che ci porta in Val Mustair.
Questa valle è bellissima e merita di essere vissuta con calma, così pure il Passo del Fuorn; arrivati a Santa Maria seguiamo le indicazioni per il Passo dello Stelvio.
Così facendo scaliamo il 18° Passo, quello dell’Umbrail, che finisce alla frontiera italiana, innestandosi nel Passo dello Stelvio quasi in cima. Sono praticamente ultimo, posizione che mi si confà proprio. Al Passo non mi fermo perché devo fare una bonifica igienica a scarpe e moto, caccose (fortunato chi le pesta, dicono …) e lascio li gli amici a rimirare la nebbia fitta dello Stelvio. S’intravvede molta neve ed ogni tanto fa capolino un po’ di sole.
La discesa di questo Passo, verso Prato allo Stelvio, non mi è mai piaciuta granché, ma rispetto la sua storia e soprattutto ammiro i numerosi ciclisti, di ogni sesso ed età, che lo scalano con grande impegno e con tutte le loro forze. Ci sono quelli allenati che salgono senza grande fatica, ma la maggior parte ce la mette tutta e le loro espressioni mi fanno sentire piccolo piccolo. Ho grande rispetto per tutti loro; forse mio figlio un giorno lo farà anche per me, insieme ai suoi amici, chissa? Per un ciclista è un cimento importante.
Bene, stai attento alla strada Franco, ci sono diversi scalmanati che salgono!
Davanti tuttavia c’è un furgone rumeno che ha fatto una fila lunghissima e non lascia passare nessuno.
Quando è il momento di sorpassarlo sopraggiungono tre svizzeri, il primo svizzero con una Moto Guzzi, con scritto sul parabrezza appunto “Moto Guzzi” a caratteri cubitali, tant’è pensavo fosse italiano, mi sorpassano proprio mentre stavo superando il camioncino, stringendomi e chiudendomi verso la spalletta. Ma non si fa così!
Dopo duecento metri c’è un piccolo allungo ed il bialbero ruggisce arrabbiato: scalo e li supero tutti e tre con cattiveria ma senza stringerli, e tiro fuori il piede destro. Se hanno capito non lo so, ma spero si siano resi conto.
Per calmarmi pronuncio mentalmente il motto “de minimis non curat praetor” (non preoccuparti di cose di poco conto, passaci sopra Franck) e scendo svelto verso valle.
Li perdo dopo poche curve; l’RT è una mucca agile come uno scoiattolo su quel tipo di tracciato, in discesa con strada asciutta, credetemi, è vero!
A Prato allo Stelvio mi fermo in un distributore e chiedo se c’è un lavaggio con idropulitrice. Il ragazzo mi accompagna in officina e mi indica come fare. Inserisco qualche moneta, mi spruzzo lo shampoo su scarpe e moto e poi premo risciacquo. Se mi avesse visto qualcuno sarebbe stato autorizzato a pensare questo è suonato, ma per fortuna il locale era chiuso ed anche i tre svizzeri sono filati via e non mi hanno visto, fiuuu, è andata.
Pulito e lindo come calimero, insieme alla mucca pulita, mi reimmetto sulla strada, ma non aspetto gli altri perché sono fradicio, ed un leggero sole e l’aria mi asciugheranno.
Dopo un chilometro, nel rettilineo prima dell’innesto con la SS40 che scende dalla Val Venosta, dei simpaticissimi vigili urbani con autovelox, senza alcun cartello visibile, esposto correttamente, nascosti dietro ad una siepe, fanno l’agguato ai poveri automobilisti e motociclisti ignari.
Faccio una telefonata a Fabione, ma non risponde ed io proseguo, tanto il punto di raccolta è fissato a Foresta, al ristorante dove andava a mangiare Bud Spencer quando faceva la pubblicità della birra Forst.
E’ ormai tappa d’obbligo: si mangia bene ed è un bel posticino, dal nome impronunciabile, Urtengandkeller Forst.
Tanto si sa dov’è, lo trovai per caso tre anni fa per fare delle fotografie ai meli e qui abbiamo davvero dei bei ricordi.
Qui non ti fregano. Alto Adige si, ma non Sguizzera!
Ah dimenticavo, la Val Poschiavo, come mi ero ripromesso, non l’ho fatta! Povero M13.
Ebbene, telefono a Sergio, mi dice che loro sono indietro una 25na di chilometri a causa del traffico e poi, mica si erano arrabbiati con i tre svizzerotti quindi, forse, io sono andato un po’ più forte, strano!
Bene, gli ricordo dove devono girare e gli dico che li aspetto a tavola. Mi risponde che non si fermano, semmai si fermano un secondo per prendere una birra alla Forst. Va bene, fate come volete, io son là, poi ci sentiamo.
Ma che birra e birra, entro ed ordino vegetariano: tagliatelle con finferli e frittelle di mele con gelato alla vaniglia e cannella. Mi telefona Fabio e dice: macchè birra e birra, aspettaci che veniamo, chiedo: tutti? Allora fisso una tavola?, risponde: Sì tutti, tra un quarto d’ora siamo lì. Ah che bella tavolata, io mi sposto insieme a loro e poi, preso un buon caffè, ripartiamo.

Fabione fa strada per la panoramica Merano Bolzano, quella che passa per Averlengo, Meltina etc., una delle strade più belle che io abbia mai fatto. Il tempo però non è bello ed una leggera pioggia impedisce la giusta andatura. Il fondo stradale rispetto a due anni fa è molto peggiorato, peccato. Comunque è sempre un bel tratto, che esclude la monotona superstrada. Alla radio sento un comunicato sul traffico che parla di chilometriche file tra Bolzano e Rovereto in entrambe le direzioni.
Fabione aveva lanciato l’idea di fare il percorso che da Nova Levante e Carezza conduceva in Val di Fassa e poi attraverso il Passo Manghen verso Bassano e Padova, spostandosi dalla direttrice Brennero Modena.
Mi piaceva l’idea, i chilometri erano gli stessi e le opzioni alternative tante e diverse, quindi a Bolzano comunico a tutti delle file chilometriche aggiungendo che era bene scavalcare verso Est, in Valsugana.
No, si va per l’autostrada, tanto le file ormai non ci sono più (non ricordo neppure chi l’ha detto)!
E qui ho sbagliato io: dovevo fare quello che mi sentivo di fare.
Entriamo in autostrada e solo grazie a Marcello, che fa l’apripista ai bordi della corsia di emergenza, lo seguo e scendo verso sud in un traffico assurdo, con rallentamenti e ripartenze ad elastico: una delle cose che odio maggiormente. Ma lui và troppo veloce ed io sono lento e titubante, per cui lo perdo.
Già l’autostrada in moto mi fa schifo, in condizioni normali, figuriamoci in quelle condizioni.
La prossima volta mi fermo e faccio come mi sento, lo giuro. O forse è meglio che vada da solo?
A quest’ultima domanda ho cercato di rispondermi tra Mantova a Bologna, dove il traffico era diminuito ed avevo inserito il cruise control a 130 Kmh, ma una volta arrivato a Bologna e sino a Forlì: un’altra situazione di traffico davvero schifosa.
Alcuni giovani in moto mi hanno superato salutandomi come per dire: che fai qui, sei troppo ligio alle regole, dai seguici... e, facendo lo slalom, mi hanno guidato per un bel pezzo di strada verso casa. La corsia più libera era quella di destra, ovvio, no? Stressante per me sta cosa, ha acuito la mia stanchezza ed il nervosismo.
Non essendomi mai fermato da Bolzano, mi son ritrovato davanti a tutti, mi fermo e faccio un veloce rifornimento e riparto. Esco a Cesena Nord e mi metto calmo a 90 all’ora.
Aspetto gli altri, mi raggiungono a Pieve S. Stefano, li faccio passare e li seguo, ma ormai siamo a casa.
Cari amici, io personalmente, un rientro così non lo rifarò mai più, voi farete come vorrete, ciao.
 

Il viaggio è stato bello ( …vorrei solo cancellare il pezzo Bolzano Cesena).
Il tempo diciamo “variabile”, ma con qualche bello sprazzo di sole.
Le moto si sono comportate tutte bene, a parte la carta Modiano nei raggi del VFR di Sergino.
Gli amici piacevoli. I più anziani davvero pimpanti, escluso il sottoscritto.
Gli svizzeri? Esosi, ma la Svizzera è bella.
Bellissima la nostra Italia, tutta, si sa, ma potrebbe essere ancora molto più bella se...

Transalp 2014
Marcello (Bmw R1200GS), Francone (Bmw R1200GS Adventure), Franchino/io (Bmw R1200RT), Fabione (Bmw K1600), Paolo (Bmw R1200GS Adventure), Sergio (Honda VFR1200), Fabio (Bmw R1200RT), Lido (Honda Transalp 700).

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