I viaggi dei lettori: in Toscana attraverso l'Appennino

I viaggi dei lettori: in Toscana attraverso l'Appennino
Ci sono situazioni, nella vita di un motociclista, che segnano e insegnano. Questa, credetemi, è una di quelle…
8 aprile 2022

Non era molto che l’avevo ceduta a mio zio e già ne avevo bisogno. Era un vecchio K100RS 16v . Una moto splendida con un grande fascino. Oggi se ne vedono alcune totalmente modificate nell’estetica, ma utili solo per andare a bere l’aperitivo nel locale trendy, in compagnia di una minuta fidanzata, che forse preferirebbe seguirti in macchina.

Quell’esemplare, invece era completo di tutto l’occorrente per un bel viaggio in compagnia della mia futura moglie, che definire minuta non sarebbe corretto.
L’avevo acquistata da un conoscente che aveva percorso 40.000 chilometri e poi, come molti, l’aveva dimenticata nel box, dopo la nascita del primo figlio.Infatti, portandola a casa, diede i primi segni di cedimento, su parti che necessitano di cure periodiche.

Mi toccò fasciare il serbatoio del liquido del freno anteriore, come fosse un dito ferito dal coltello mentre affetti l’ultimo pezzo del salame. Per combinazione, la portai a riparare da un amico che aveva un’officina in via Thaon de Revel, a Milano, dove oggi esiste un luogo culto per chi ne desidera una così, ma trasformata in cafè racer.

Avevo poi deciso di cederla a mio zio, dopo un’estate passata in giro per la città, facendo percorsi brevi e frequenti. Le clamorose sudate ai semafori mi avevano convinto che non fosse la moto ideale per me.
Lui, che ne aveva avuta una dieci anni prima e ne era ancora innamorato, non se la fece scappare.

Ma quando gli amici del Motogruppo decisero di organizzare un viaggio nel centro Italia, mi toccò chiedergliela in prestito.
Quel gruppo eterogeneo di amici nacque grazie all’impegno creativo di un vecchio amico che aveva un’officina ben organizzata ai confini di Milano, in zona Greco, per l’esattezza.
Non era il primo viaggio che facevamo insieme. In passato, in una torrida estate, incrociai le sue ruote in un’area di sosta sui Gorghi del Verdon, mentre era intento ad ammirare il panorama, a bordo della sua cara vecchia Africa Twin.

Era un passista che amava guardarsi intorno, il Max, viaggiando adagio. In quel periodo avevo la prima delle BMW GS che ho posseduto. Una 1100 giallo acido che mi diede grandi soddisfazioni.
Decisi quindi di unirmi al gruppo, conscio delle loro intenzioni non belligeranti, con la fidanzata al seguito e a bordo di una delle migliori grandes routieres, conosciute e apprezzate in mezzo mondo.

La prima tappa fu a Brisighella, ai confini dell’appennino tosco romagnolo, in un ristorante in cima alla collina, da dove si ammirava uno splendido panorama e dove si potevano assaggiare ottime specialità locali ad un modico prezzo.
Verso le tre del pomeriggio ci rimettemmo in viaggio, con l’intenzione di arrivare, comodamente per cena, a destinazione. Dovevamo raggiungere la bassa Toscana, ai confini con l’Umbria e non essendo amanti delle autostrade, avevamo messo in conto almeno tre ore di viaggio.
Eravamo in una dozzina di moto e le soste, in questi casi, fanno perdere molto tempo. Ma la sosta che ci toccò da lì a poco, non era affatto prevista.

Stavamo scollinando e il quattro a sogliola borbottava allegramente tra una curva e l’altra, quando, intravista la provinciale che ci avrebbe condotto verso la destinazione, tirai la frizione per scalare una marcia, la sensazione che provai quando, alle cinque del pomeriggio di quella domenica 25 aprile del 2004, la leva non tornò nella sua posizione di riposo, fu di scoramento totale! Mi sentivo come Wile Coyote dopo aver superato il bordo del precipizio, sospeso nel vuoto, prima del tonfo, avete presente, vero..?!

Feci un cenno a chi in quel momento mi era più vicino e accostai, terrorizzato dalle conseguenze di quella situazione.
Gli amici, però, non si persero d’animo. Vuoi perché uno di loro era un meccanico, vuoi che si era solo all’inizio di quella bella avventura che è un viaggio in moto. Così ci si raccolse intorno alla BMW ferita in battaglia e si cominciò a pensare ad una soluzione. Purtroppo il cavo era sfilacciato oltremodo e non fu possibile recuperarlo.

Nessuno aveva pensato a portarne uno di scorta, me compreso. L’alternativa fu di trovare un benzinaio o un’officina aperta e così decidemmo di dividerci, in due o tre, lasciando gli altri compagni di viaggio a riposarsi un po’.
Io andai con un amico verso sud, a bordo della sua Ducati Monster sr4, ma nulla.. di officine e benzinai aperti neanche l’ombra. Provammo anche a citofonare a casa di un meccanico che aveva l’officina sotto casa, ma mi preferisco sorvolare sulla sua risposta.
Tornammo alla base e scoprimmo che nessuno fu più fortunato.

L’unica soluzione che ci rimase fu quella che meno mi auguravo. Escludendo, naturalmente, il ritorno a casa a bordo di un carro attrezzi, accettai di buon grado, ma un po’ preoccupato, la spinta di quattro robusti amici e misi in moto il K100. Ovviamente la mia fidanzata fu invitata a proseguire con l’unico amico solitario del gruppo. Si trattava del “Diavolo”, un tipo pacioso e tranquillo, contrariamente a quanto ci si potesse aspettare da uno con un soprannome simile.

Ingranai le marce, una dopo l’altra, cambiando ad orecchio e sperando di non incontrare troppi semafori. Il primo passo di montagna, dei tre che valicammo, fu utile per imparare a percorrere i tornanti in terza.
Degli innumerevoli stop e dare precedenza che incrociai, solo uno mi costrinse a inserire la seconda.
Escogitammo una tecnica quasi infallibile, a meno di non imbattersi in un t-rex (non molto frequenti, in quel periodo) o in una pattuglia della Polizia Municipale. Si trattava di creare un corridoio composto dai compagni di viaggio, attraverso il quale passare indenne gli incroci e senza dover spegnere il motore. Questa tecnica mi faceva sembrare una personalità sotto scorta, ma serviva egregiamente allo scopo.

Giungemmo a destinazione, dopo circa 200 chilometri, senza che il motore si spegnesse mai.
Fu un ottimo lavoro di squadra e seppi di aver imparato molto da quella inaspettata esperienza, almeno in termini di sensibilità di guida.
Il giorno dopo, su indicazione di un amico che conosceva un concessionario BMW alle porte di Perugia, la moto fu riparata immediatamente e le mie preoccupazioni sulla resistenza della trasmissione furono fugate dal capo officina, avevo guidato bene e il cambio era salvo!

Il costo dell’intervento fu di 20 euro ma la disponibilità loro e dei miei amici a due ruote fu impagabile!

Marco Cannarozzi

Argomenti