Gionata Nencini: Tour delle Vie della Seta - Settimana 13 e 14

Non riesco a trovare uno pneumatico anteriore tubeless per la mia moto così, dopo ore di ricerca in lungo e largo per Nuova Delhi, mi arrendo e porto in hotel una 21″ + camera d’aria prodotte dalla Royal Enfield per il nuovo modello Hymalaian...
14 settembre 2016

Questa metropoli mi soffoca e il clima comincia a peggiorare con forti acquazzoni che si ripetono più volte durante la giornata.
Così mi dirigo verso il Kashmere, ignaro della situazione attuale, ma certo che qualche cosa stia succedendo, visto che sia nei mesi precedenti che adesso, chi mi da il suo commento al riguardo parla di forti tensioni fra i cittadini e le forze dell’ordine. Tutto quadra con il mio viaggio in Pakistan e il vano tentativo di entrare nel Kashimere Indiano da quella stessa frontiera. Il no secco dei militari mi aveva fatto desistere subito.
Così rimacino 300 chilometri della stessa autostrada che ho già percorso e poi mi dirigo verso Jammu, nello stato di Jammu & Kashmere. Prelievo, faccio il pieno, tutto regolare e le persone sono cordiali e affabili, come sempre.
La mappa che ho stampato da Internet sotto consiglio del gentilissimo Manoj (conosciuto in capitale giorni prima) mostra una variante che, nel mio GPS telefonico, sembra avere milioni e milioni di tornanti. La strada si allunga di 220 chilometri, ma sono qui per le curve e non appena avrò esplorato questo luogo spunterò a Sirnagar per iniziare a scalare i massicci himalayani.
Ci metto due giorni e mezzo a fare quei 220 chilometri, i tornanti sono moltissimi, le strade bellissime e non ho fretta. Accampare poi è facilissimo, vista la grande presenza di verde e la tranquillità delle persone. Ogni tanto vengo fermato a un posto di blocco, ma sono le solite scartoffie che, normalmente, devo riempire a penna da solo.
L’ultima giornata sulla variante però non comincia proprio bene: sopraggiunto a uno dei tanti villaggi, vengo agganciato da un mini van che facendo inversione a U non rispetta la precedenza e, considerandomi innocuo per l’evidenziante differenza di mole rispetto al suo veicolo, mi viene addosso buttandomi a terra.
La mia reazione è quella di gridargli in faccia una lista di parolacce e afferrarlo per il colletto mentre lo scuoto come un olivo. Il tipo rimane pietrificato dal terrore e non mostrando nessuna intenzione di aggravare il confronto, lascio perdere e incavolato come un serpente tiro su la moto e me ne vado lasciando una lunga lista di parolacce in toscano, che riecheggiano nella valle.

Per oggi ne ho avuto abbastanza, ma il peggio deve ancora arrivare. All’ora di pranzo la moto si ferma per dei problemi di carburazione e noto che sono a secco. Il posto di blocco dove chiedo informazioni mi dice di tornare indietro, perché a 60 chilometri c’è una stazione di benzina, ma con l’unico litro e mezzo che ho non riuscirei a percorrerne nemmeno metà. Così mi faccio spiegare cosa troverò davanti e mi dicono che ci sono 18 chilometri di salita sterrata fino al crinale della montagna che corrisponde a un passo di 3.700 metri slm. Dopo di che dovrò fare altro 40-50 chilometri fino al villaggio, dove potrei trovare benzina:
– ma non siamo sicuri ce ne sia, ci sono stati degli scioperi ecc ecc”
– ma la strada dal crinale è tutta in discesa?
– si, più o meno
– ok, provo
La strada è bellissima, ma l’idea di pernottare lì senza benzina e viveri mi distrae da tutto, riesco però ad arrivare al passo e noto che la strada che scende è tutta asfaltata e le persone che incrocio e a cui chiedo di comprare un litro della loro benzina, mi esortano a scendere in folle “perché forse ce la farò”. Non ho altra scelta e così a motore spento mi godo una discesa in silenzio lunga 40 chilometri e, roba da non credere, quando riaccendo il motore a valle la benzina finisce proprio davanti alla prima stazione di benzina, che non sembra avere problemi di disponibilità e così mi fanno il pieno, mentre festeggio ballando.
Ma il commento sugli scioperi era reale e noto che, a mano a mano che mi avvicino al punto in cui questa deviazione rimbocca la tangenziale per Sirnagar, sulla strada sono posizionate lunghe e frequenti file di grandi sassi per bloccare il transito. Tuttavia non ci sono persone a pattugliare il posto di blocco e i sassi hanno uno spazio fra loro grazie al quale tutte le moto riescono a transitare, così procedo a passo sostenuto per non incappare in problemi con chi potrebbe non apprezzare la mia presenza.
Ma quando sono ormai giunto alla fine del villaggio situato nel punto in cui le due strade si uniscono, mi trovo davanti a una fila tripla di sassi, ceneri di copertoni al suolo e un gruppo di 30 persone tutte attorno. Quando si accorgono di me sono a pochi metri dalla fila di sassi, accodato alla piccola moto di una famiglia di 3 che sta passando senza problemi, ma la mischia eleva un grido di dissenso verso di me e comincia a correre nella mia direzione armandosi di pietre molto grandi.
Reagisco con grande rabbia e disapprovazione, perché nella mia testa non giustificherei una lapidazione a uno sconosciuto per nessun motivo e così arresto la moto di scatto, tolgo il casco, affronto verbalmente il più vicino dei trenta (parlando in italiano, ma il dissenso era palese) e in risposta mi si avvicina un altro protestante che riconosce la videocamera sul mio casco e cerca di strapparmela via.
Rimonto in sella, accendo e schizzo via, seguendo la famiglia in moto che ancora zigzagava fra le file di pietre e senza badare ai sassi, fuggo osservando pietre di ogni dimensione che atterrano su ogni mio lato, ma senza centrarmi.

Palesemente preoccupato di poter trovare altri gruppi più avanti, magari avvisati dal gruppo appena seminato, spalanco e non mi fermo finché la situazione sembra cambiare del tutto e così, a notte fonda, mi rendo conto che non ho cenato dall’ansia e mi fermo in una taverna dove vengo ragguagliato dai militari su ciò che ho appena vissuto.
– Sei passato da Anantnang? Ma come hai fatto? Non ti hanno fermato?
– Boh, io ho tirato dritto
Da questo momento in poi sono fuori dal Kashmere e la regione di Ladakh mi appare subito bella, desolata e piena di turisti. Ho tuttavia problemi di carburazione, il filo frizione vecchio che si spezza di continuo e il mio stato di salute che mi fa gli scherzi, sarà l’altitudine o la stanchezza di un viaggio intenso che vivo sulla mia pelle da già 4 mesi. A Leh decido di rallentare il ritmo, dormire in hotel, lavorare su Internet e fare il permesso per i laghi che viene richiesto per circolare in questa zona. Nel contempo cambierò il pneumatico, pulirò filtri e candele e tutto andrà meglio.
Ma scopro che le tensioni del Kashmere che ho incontrato si erano intensificate da poco fino a raggiungere livelli drastici e per questo motivo sono stati anche interrotti i servizi satellitari che abilitano cellulari e Internet. Sono passati 7 giorni da quando ho lasciato Nuova Delhi e non ho ancora comunicato con la mia famiglia. Provo la chiamata internazionale, ma non funziona nemmeno il telefono. La nostalgia di casa, la preoccupazione per il lavoro con exmotours da seguire (preventivi, programmi ecc) e dare notizie alla mia compagna e mio figlio, mi portano in uno stato di disagio che raramente avevo provato in altri paesi, dove bene o male Internet si trova almeno ogni 5 giorni (vedi Pamir).
Così quando la pausa a Leh è terminata riparto e visito zone di una bellezza indescrivibile. Le valli, i laghi, i passi oltre i 5.300 metri slm. A settembre il turismo è ridotto rispetto ai mesi di alta stagione, ma ci sono visitatori ovunque, sia su Royal Enfield a noleggio che in gruppi organizzati.
Il mio perlustrare, scoprire, salire e scendere dura altri 5 giorni, tempo durante il quale il silenzio accumulato con la casa comincia a farsi sentire. Mi ritrovo nostalgico, emotivo e sensibile e tutto ciò che vedo dalla moto viene filtrato da questo stato d’animo portando via la bellezza sgargiante della prima esperienza di queste vette himalayane.

Il contachilometri segna 10.000 dall’ultimo tagliando e sono ancora in zone talmente remote che devo posticiparlo. Esploro e accampo al lago Pangong, Moriri, raggiungo Turtuk dove sono presenti le famiglie Pakistane rimaste in territorio Indiano dopo l’indipendenza e assaporo la cucina turistica locale in ogni spaccio della regione constatando quanto siano tutte schifose allo stesso modo.
A confermarmelo la mia pancia, che duole da giorni e una spossatezza che si accentua quando accampo oltre i 4.000 metri slm. Ma fa parte del gioco, so benissimo che quando sarò sceso dalle nuvole, mi mancherà l’intensità di questo silenzio e la purezza di questa aria. Tutto questo è talmente puro rispetto all’ambiente contaminato nel quale viviamo, che il nostro corpo non riesce a sopportarlo.
Una volta arrivato a Manali decido di fermarmi per prendere contatto con casa, riprendere fiato, sistemare la moto, lavorare, celebrare il mio 33° compleanno e pianificare il mio imminente ingresso in Nepal, Bhutan e Myanmar. Una volta pronto valuterò se a avrò il tempo di continuare a esplorare queste vette che, a parer mio, meritano almeno 3 settimane di tempo per lasciarsi scoprire.
La Spiti Valley è vicina, ma la moto ha bisogno di un tagliando, che con filtri lavabili e ricambi posso realizzare nel parcheggio dell’hotel, senza problemi. Intanto, visto che il lavoro mi chiama e che stasera (13 settembre) vado a regalarmi una cena italiana in un ristorante della città, vi lascio al nuovo video che ho appena realizzato.

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