Non ci sono più i personaggi di una volta!

Non ci sono più i personaggi di una volta!
Nico Cereghini
  • di Nico Cereghini
Saggio semiserio intorno alla tesi che circola tra gli appassionati: mancano i personaggi, i piloti di oggi non esprimono quasi niente, una volta era tutta un'altra cosa. C'è del vero o è la memoria che colora? Risponde l'esperto Schopenhauer
  • Nico Cereghini
  • di Nico Cereghini
16 aprile 2022

“Non ci sono più i personaggi di una volta!” Scuotono il capoccione, amari e delusi, molti appassionati di corse motociclistiche. E puoi dargli retta e rincarare la dose con tutti i luoghi comuni che ti vengono in mente: bravo, anche le mezze stagioni non esistono più, e gli scozzesi sono taccagni e tutti i ciclisti viaggiano affiancati tre a tre. Oppure puoi provare ad approfondire. Sarà vero, che i personaggi non nascono più?

Se penso alle grandi figure del passato, ai campioni anni Sessanta come Hailwood e poi Ago, dei Settanta come Saarinen o Sheene o Roberts, e vado avanti decennio dopo decennio, allora identifico tanti personaggi carismatici. E al giorno d'oggi c'è un personaggio come Valentino Rossi, certo, ma lo è stato anche Casey Stoner (non è un personaggio, Stoner?) e adesso Marc Marquez.   

Ma vado oltre: io dico che quasi tutti i piloti, quelli di oggi come quelli di ieri, sono dei bei personaggi. Quando ne prendo uno per raccontarlo sul sito, da Masetti fino a PP Bianchi o Hansford, scopro o riscopro qualità e imprese grandissime. Bisogna però guardarli bene, questi piloti, e lasciarli esprimere come nel caso esemplare di Danilo Petrucci (clicca qui per vedere la nostra intervista a Danilo sulla Panda 4x4).

Danilo Petrucci
Danilo Petrucci

​​​​​​​Petrucci: personaggio si diventa

Lui stesso lo dice: “Fino a ieri ero nessuno, dopo la Dakar mi amano tutti”. Cosa è cambiato? Semplice, tutti lo abbiamo guardato in un altro modo: era un pilota medio della MotoGP e poi lo abbiamo seguito alla Dakar dove ha tirato fuori qualità insospettate, non solo alla guida della moto, ma anche nella comunicatività, nella simpatia, nei bei video che ha fatto. E adesso si lancia nel MotoAmerica e diventa bello anche quel campionato...

Certo, in MotoGP per Petrux era dura emergere come personaggio. Ha vinto due gare, ok, ma nella possibilità di esprimersi è stato chiuso dentro confini molto stretti, lui come tutti gli altri. Quando girano molti soldi tutto è più difficile, i piloti di oggi devono stare attenti anche più di quelli di ieri. Se ti senti sicuro e lo dici in tivù e poi per qualche motivo non vinci, ti bollano: un montato; se tieni il profilo basso e poi vinci concludono: un falso.

E la gente si lamenta: “Dicono sempre le stesse cose: se vincono ringraziano subito la squadra, se perdono andrà meglio la prossima volta”. Ma è sempre stato così. Kevin Schwantz trent’anni fa, nel dopogara delle sue 500, prima di qualsiasi altra cosa ringraziava la Suzuki, poi lo sponsor del tabacco, i meccanici e il gommista, nell’ordine. Era un ritornello che gli perdonavamo volentieri perché Kevin era veramente simpatico, ma pochi piloti hanno avuto e hanno abbastanza carisma da andare più in là.

I social e l'esposizione mediatica
Certo, a vedere Jorge Lorenzo che ritira la sua nuova supercar Pagani con l’accompagnamento del pianista e il brindisi e la torta si resta un po’ basiti, anche le foto di Fabio Quartararo dalla piscina sul grattacielo più alto di Dubai fanno un po’ sorridere, ma sono i social che li fregano. Sui social oggi ci devi essere e qualcosa di eclatante devi pur postare. Fa bene Valentino a disertare i social, ma forse lui se lo può permettere, lui e pochi altri.

Troppa esposizione. Spesso mostrare tutto è un danno e il caso di Capirossi è interessante. Ecco un pilota eroico, vince da bimbo, guida con le mani rotte, è un bel personaggio e appare su Motosprint il servizio fotografico della sua casa quando ancora stava in Emilia. Qualcuno se lo ricorderà: quel lettone matrimoniale, con il baldacchino a forma di pacchetto di sigarette bianco e rosso, gli fece perdere molti punti ben prima del famoso speronamento ad Harada. Che, per inciso, se non si fosse visto in tivù sarebbe stato mitico, roba da leggenda del motociclismo, l'ultima curva della storia, come Nuvolari a fine gara con la macchina senza il volante. E invece purtroppo si è visto.

Harada tirato già da Capirossi
Harada tirato già da Capirossi

Era meglio una volta?

Concludendo, ci sono appassionati che arrivano a dire: “I campioni del passato sì che erano uomini, questi sono solo dei bambini viziati!”

La verità è che il passatempo preferito di tutti i tempi è demolire il presente guardandosi indietro. Pessima abitudine, anche perché del passato si ricordano solo le cose migliori. Provate a pensarci: le fitte dopo la frattura alla clavicola e tutte le giornate all'ospedale per l’ernia al disco e le volte che la moto ti è caduta da fermo te le scordi volentieri, mentre la soddisfazione di una conquista ti resta dentro per sempre. Il primo amore, la prima moto, la vetta più alta, la coppa che hai conservato sulla libreria: guarda caso restano nel mito per tutti. 

Del resto ben prima di me lo diceva anche Arthur Schopenhauer (filosofo tedesco, 1788-1860). “Nessuno si è mai sentito felice nel presente, a meno che non fosse ubriaco”.