USA. Giorno 4 - da Key West a Miami

USA. Giorno 4 - da Key West a Miami
La Harley-Davidson per l’ultima giornata on the road è una Street Glide con il nuovo motore bicilindrico Twin Cam da 103 pollici cubi, 1690 cc. Ci ha portato da Key West a Miami, 180 miglia| Paolo Sormani
18 marzo 2011


Serata a Miami Beach

Rinunciare al sabato sera che chiude trionfalmente la Bike Week di Daytona è un sacrificio accettabile solo a patto di trascorrerlo a Miami Beach. A meno che alle belle ragazze non si preferiscano a tutti i costi biker irsuti e irrimediabilmente sbronzi, ma c’è un limite a tutto no? E così, nonostante la stanchezza della giornata in sella, ci siamo lasciati travolgere dalla serata appena parcheggiate le Harley direttamente sulla Ocean Drive, la celebrata «vasca» che si affaccia sulla spiaggia di Miami Beach, l’isola collegata a Miami città da una serie di ponti. Fra Ocean, Washington avenue e la 15esima strada fanno passerella i migliori esempi dell’Art Déco District, il quartiere che vanta il maggior numero di esempi dello stile architettonico di gran moda negli Stati Uniti fra il 1920 e il 1945. Tra vecchi hotel, negozi ed empori riconvertiti a bar e ristoranti, l’Art Déco District (dichiarato patrimonio dell’umanità dal 1979) è un florilegio di curve morbide, di linee stilizzate «streamline», accenti mediterranei ed esotici nei caratteristici giallini, rosini e azzurrini pastello, che di sera si ravvivano di nostalgiche insegne al neon. All’altezza della 11esima strada fa ancora notizia Casa Casuarina, la candida villa neo-mediterranea dove nel 1997 fu ucciso lo stilista Gianni Versace. Riconoscerla è facile: è quella davanti alla quale i turisti si fanno fotografare sorridenti, daiquiri alla mano.

La South Beach è un concentrato della gioia di vivere, del ritmo e della sensualità che Miami emana come poche città al mondo. Vi si affacciano bar e ristoranti strabordanti di giovani ben decisi a cogliere l’attimo e godersi la serata. Oltretutto ci siamo arrivati in piena «spring break», la tradizionale pausa primaverile che gli studenti delle high school e dei college americani sfruttano per riversarsi in massa in Florida e fare il pieno di eccessi, lontano da professori e genitori. Sulla Ocean Drive, i giovani springbreaker sovraccaricano di caos un movimento inesauribile di auto vistose e belle ragazze. Tantissime belle ragazze. Di ogni sfumatura di pelle, dal marrone scuro al caffelatte, dall’olivastro al bianco lattiginoso. Sì, perché Miami è una tavolozza di razze, di lingue e di culture, una metropoli di cinque milioni di abitanti dove si compie il miracolo della fusione tra gli Stati Uniti, le isole caraibiche e l’America centrale. Lo spagnolo non è meno parlato dell’inglese, radio e televisione sono bilingue, anche perché Miami è stata la terra promessa per generazioni di cubani in fuga prima dalla revoluciòn, poi dal regime castrista. E le notti dei weekend di Miami Beach corrono sul ritmo della dance latina mista al R&B, pompati senza economia di decibel fino all’alba.

Harley-Davidson Street Glide


La Harley-Davidson per l’ultima giornata on the road è una Street Glide con il nuovo motore bicilindrico Twin Cam da 103 pollici cubi, 1690 cc. È una Touring che coniuga il piacere di viaggiare con una facilità di guida insospettabile, grazie all’aspetto ribassato da lowrider. Sulla Street Glide c’è solo quello che serve per affrontare la strada, senza troppi fronzoli e cromature, ma proprio per questo si apprezzano più sensibilmente le migliorie apportate alla ciclistica e la vivacità del Big Twin, che dichiara 134 Nm di coppia ad appena 3.500 giri. Niente Tour Pak della Classic e della Ultra Limited, ma nelle valigie laterali da 64 litri c’è abbastanza spazio per non farsi mancare nulla. Dettaglio custom: il fanalino posteriore è integrato negli indicatori di direzione rossi, come sugli Sportster Nightster e Forty Eight. Peccato solo che la Highway US1 non abbia nemmeno una curva per apprezzarne le doti dinamiche.

Miami


Inevitabilmente, nel lasciarsi alle spalle – con una certa riluttanza – Key West e i paesaggi da cartolina tropicale delle Florida Keys le aspettative su Miami si moltiplicano. Chiunque non ci sia mai stato ne ha assorbito comunque un’idea attraverso cinema e serie tv. Dunque quale sarà la vera Miami, avrà la violenza ora allucinata, ora glaciale di «Scarface» e «C.S.I.» o la patina glamour anni 80 di «Miami Vice», la vitalità esasperata di «Ogni maledetta domenica» (ancora con Al Pacino) o i lunatici chiaroscuri di «Dexter»? Miami è tutto questo e molto altro. È, prima di tutto, una metropoli di enormi contraddizioni. Un cocktail dai colori saturi, un mix inestricabile fra la gioia di vivere tipico delle città subtropicali e la violenza legata ai flussi di droga, fra la «manhattizzazione» della skyline e l’alta finanza stagliati sullo squallore dei quartieri periferici. Miami è stata eletta da uno studio della banca UBS la città più ricca degli Stati Uniti. Forbes Magazine le ha attribuito il titolo di «città più verde degli Stati Uniti», ma anche il secondo posto nella classifica delle più miserabili per numero di ipoteche e corruzione dilagante. Il turista può sempre coglierne gli aspetti migliori, come la vitalità artistica e culturale, l’incanto della gli ampi spazi verdi e le prospettive spettacolari. Per rendersene conto basta lasciarsi sorprendere dalla Dixie Highway che attraversa la città da sud. La galleria vegetale formata dai banyan e altre varietà di alberi frondosi introduce a Coconut Grove, un ex villaggio ottocentesco di case basse e variopinte dove la Miami bene trascorre le sue serate e ama godersi il brunch domenicale. Le grandi ville alberate e i porticcioli di Coral Gables preludono alla dimostrazione di potenza architettonica dei grattacieli della downtown. Qui la US1 prende il nome di Brickell avenue e schiaccia chi la percorre con le sue prospettive estreme.

Certo che ci vorrebbe più tempo. Per visitare il Design District e, oltre Miami, l’immenso parco naturale delle Everglades e le spiagge di Manatee e Sarasota, lungo la costa meridionale del Golfo del Messico. Ma c’è solo quello necessario per restituire le Harley-Davidson da Petersen’s e prendere il volo del ritorno in Italia, con il viso allegramente ustionato dal sole. La Florida merita la chance di essere raccontata un’altra volta di più.



Paolo Sormani

Foto di P. Sormani e Stefano Gadda


 

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