Nicola Bonetti (H-D Pordenone): "Quante notti in officina"

Nicola Bonetti (H-D Pordenone): "Quante notti in officina"
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  • di Moto.it
Dietro le vetrine dei nostri concessionari si nasconde sempre una passione smisurata per la moto. Passione che per loro è diventata anche un lavoro. Nicola racconta come da un annuncio sul giornale è arrivato agli USA
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21 dicembre 2011


Il progetto di Harley-Davidson Pordenone non nasce per caso. Le motociclette, le automobili, la tecnologia e tutta quanta la meccanica, erano da sempre nel mio cuore. Le Harley in particolare. Mio fratello di dieci anni più grande, fin dai primi del ‘90 ne possedeva una, poi un’altra ed un’altra ancora. Ed io ci scorrazzavo, le pulivo, le smontavo, le studiavo e col tempo me ne innamoravo. Sentivo che tutto questo prima o dopo, avrebbe dovuto assumere una forma operativa. L’occasione arrivò nel ’98 e ’99 quando attraverso un annuncio su una rivista di settore si cercavano persone intenzionate a costituire una struttura dedicata alla vendita ed assistenza di una sola famiglia di motociclette Harley-Davidson; erano le “Americana Sports”.
L’idea non era del tutto convincente anzi, riflettendoci ora col senno di poi, si trattava di un suicidio commerciale, ma rappresentava l’unica opportunità in grado di farmi vivere da protagonista le motociclette di questo marchio. La posta in gioco era alta perchè le zone libere in Italia erano davvero limitatissime ed in ogni caso avrei dovuto lasciare tutto, fare armi e bagagli e trasferirmi definitivamente. Abitavo in culo al mondo.

Così fu. Se penso a quel momento rabbrividisco. Lasciai tutto, la mia famiglia con mio padre che in quell’anno morì, i miei affetti, gli amici, la mia terra di vera montagna, la mia band di rock’n’roll, il mio vecchio lavoro (anche se quello non mi rincresce) e tutto, proprio tutto quello che avevo. Mio fratello Marco si offrì di appoggiarmi nella provincia di Pordenone dove lui abitava. Da quel momento non ebbi più santi in paradiso. Da solo feci tutto. Ricordo ancora quando peregrinavo per strade sconosciute in cerca di un locale idoneo, quando sfogliavo le pagine gialle per cercare i contatti ed organizzare i lavori, i preventivi ed il progetto. Stavo costruendo un piano che convincesse la Harley, ma soprattutto me stesso. Quelle piastrelle di gres ceramicato da 20x20 che posai assieme al piastrellista, i fori che feci nel pavimento con il martello pneumatico per posizionare i ponti sollevatori Bolzoni, le attrezzature per una officina organizzata al centimetro, piccola ma funzionale. E tante altre cose ancora.


Finalmente il mio sogno si realizza


Finalmente aprii. Era il tardo 2000. Era bellissimo. Mi alzavo la mattina ed arrivavo in negozio un’ora prima per pulire e preparare tutto, acquisivo i miei primi titubanti clienti e spiegavo loro con passione tutto quello che sapevo. Mi occupavo degli ordini, della programmazione, delle motociclette, dei contratti e dei finanziamenti. La sera raccoglievo il necessario per l’amministrazione da portare al commercialista e alla banca per i pagamenti. Poi facevo la chiusura. Ma il bello arrivava dopo, perché la sera cominciava la mia vera sfida. Dopo cena mi dedicavo alla parte tecnica, ai tagliandi, alla manutenzione, alle personalizzazioni delle moto, a risolvere i problemi tecnici e a studiare sui manuali. Quante notti in officina. Quante e-mail scritte ad Alberto Poggi per taroccare i carburatori. Grazie Alberto, le tue “lezioni on-line” le conservo ancora, anche se adesso non mi servono più! Facevo tutte le convention negli USA ed in Italia, frequentavo tutti i corsi di formazione e di aggiornamento, sia commerciali, sia tecnici, inseguivo gli obbiettivi prefissati e col tempo sono cominciati ad arrivare i primi risultati. Ecco, così cominciò la mia avventura.

Negli anni a venire arrivò la Harley-Davidson Italia. Cambiarono molte cose, praticamente tutto, e per fortuna in meglio


Negli anni a venire arrivò la Harley-Davidson Italia. Cambiarono molte cose, praticamente tutto, e per fortuna in meglio. Avremmo avuto maggiori strumenti, più informazioni, più know-how, una tecnologia migliore, e tutto andava a beneficio dei clienti che avrebbero goduto di un servizio moderno e competente. Ci fu una rivoluzione sulla rete e tutti siamo cresciuti professionalmente. Fui felice di proporre ai miei clienti tutta la gamma di motociclette Harley-Davidson, di interagire sui nuovi Big Twin 1450 cc ed i nuovissimi Revolution raffreddati a liquido, sulle nuove Buell, e poi ancora i 1584 cc. Finalmente ero un concessionario a tutti gli effetti e non di serie B!

Venne la necessità di una struttura adeguata ad una situazione commerciale più ampia, che potesse assorbire un maggior numero di motociclette in assistenza ed in display, e che si predisponesse ad avere grosse quantità di merchandising in esposizione. Avevo anche bisogno di collaboratori validi, appassionati come me, che si prendessero le responsabilità di un comparto tecnico, di uno commerciale ed uno amministrativo. Chiesi allora a mia moglie di lasciare il suo lavoro per dedicarsi a tempo pieno alla concessionaria. Ero sicuro che mi avrebbe seguito, in passato lasciò anche la sua città per sposarmi, vi lascio immaginare. Ed anche stavolta le cose cambiarono in meglio. Ora gestiamo assieme le scelte importanti dell’attività e con lei sbaglio meno di prima. Ha ottimizzato le risorse economiche e controlla l’amministrazione sviluppando un rapporto diretto con le banche e con la Casa madre. Nel comparto assistenza abbiamo due collaboratori che lavorano a tempo pieno, Antonio e Luca, ed uno part-time, Antonio anche lui. Altri due fidi collaboratori, Carlo a tempo pieno e Valter part-time seguono le vendite assieme a me e completano l’organigramma della concessionaria. Già nel 2003 ricevetti a San Diego in California il premio Award come best performance Dealer, consegnatomi da Jim McCaslin in persona, presidente e COO di Harley-Davidson Inc. dal 1974. Una bella soddisfazione.

La mia storia è un piccolo esempio del sistema americano che a me piace tanto, dove non contano le raccomandazioni ma l’impegno. Ora guardo avanti, ad un mercato nuovo fatto di esigenze diverse che dovremo recepire al meglio. Ma di quel piccolo negozio pieno di ricordi ed emozioni che tirai a lucido più di dieci anni fa non me ne sono ancora liberato. Ancora non mi va di farlo.