Marcello Carucci: il viaggiatore estremo

  • di Alfonso Rago
In solitaria in ogni angolo della Terra: il centauro romano ha percorso finora oltre un milione e mezzo di km e non ha ancora intenzione di fermarsi
  • di Alfonso Rago
11 ottobre 2018

Se si trovasse a riscrivere oggi il suo immortale “Don Chisciotte della Mancia“, Miguel Cervantes prenderebbe a riferimento uno come Marcello Carucci: senza Sancho Panza accanto, certo, e con una moto potente al posto del pur fido Ronzinante.

Eppure, accettate queste modifiche come concessione al tempo che scorre, non c’è dubbio che la figura del viaggiatore in solitaria sia quella che più somiglia al romantico hidalgo protagonista di uno dei capolavori mondiali della letteratura di tutti i tempi.
Perché nello statuario moto-errante romano brucia la stessa brama del cavaliere che si mette in viaggio per girare il mondo e portare il suo pur modesto aiuto a ripararne i torti e stare accanto ai deboli.
Ci vuole una forte motivazione a fare in moto, ed in solitaria!, oltre un milione e mezzo di km, arrivando da Roma praticamente in tutti gli angoli di Terra raggiungibili per strada, asfaltata o sterrata che sia.

Dopo essere andato e tornato quasi tre volte fino alla Luna, Marcello conserva lo sguardo intenso di chi ha capito quanto è grande il Mondo e che non smette di cercarne i confini: nella vita quotidiana è un insegnante di educazione fisica (e si vede!), ma si intuisce subito che i soggiorni in città sono per lui solo una parentesi d’attesa, prima di mettere altra strada sotto le ruote per il prossimo viaggio.

Mai banale, il suo andare: che viaggi in solitaria lo abbiamo scritto, ma a fare impressione è l’elenco dei territori raggiunti.
Oltre a tutta l’Europa in lungo (fino a Capo Nord, ma è quasi banale) e largo (l’infinita distesa della Madre Russia oggi frantumata in mille nazioni), è arrivato fino in Giappone, conoscendo le genti di Turchia, Iran, Mongolia, Kazakistan e Pakistan; e poi c’è l’amore più recente, la grande “Mama Africa“, i cui infiniti contrasti operano un fascino magnetico e lo portano a girare lo sterzo sempre più lontano, verso l’Equatore ed oltre.

Un viaggiare frenetico, capace di sfiancare i comuni mortali; ma quando sale in sella, Marcello si trasforma, doma il demone che lo agita dentro e si fonde con il mezzo.
Allora schizza via a manetta, coprendo distanze enormi e fermandosi solo per i bisogni essenziali: mangiare, dormire un po' e, per la moto, rifornimento di carburante.

Sulla sua pelle sono impressi come fossero tatuati i momenti difficili, primo tra tutti l’esperienza estrema di restare senza benzina in Mauritania, mentre puntava su Dakar nel 2005.
Ben 36 ore senza che nessuno passasse sulla pista per dargli soccorso, con solo una borraccia d’acqua e temperature diurne superiori ai 50° C: allucinazioni, incubi e il pensiero di non farcela.
Un rischio così alto che al confronto le rapine a mano armata, gli incontri con i guerriglieri, gli incidenti meccanici che pure ci sono stati impallidiscono e retrocedono al ruolo di aneddoti divertenti da raccontare ai nipoti.

L’elenco di moto usate da Marcello in anni di attività è piuttosto lungo, con una evidente predilezione per i modelli made in Japan: Suzuki Hayabusa (quella che più gli è rimasta nel cuore), Kawasaki ZXR 1200.Yamaha Thunderace ed FJR 1200, prima della conversione ad Honda, di cui ha guidato una CBR 1000 F, una CBX 750, una Crosstourer, un X-Adv e, la più recente, Africa Twin.
Oggi Marcello Carucci condivide le sue esperienze con una vasta comunità social, e spesso lo si incontra ai Saloni o ai più importanti raduni: se vi capitasse di incrociarlo, non fatevi intimorire dal suo aspetto da guerriero unno e rubategli dieci minuti di racconto.

Capirete perché, in tempi in cui con lo smartphone siamo connessi in tempo reale con tutto il mondo (o crediamo di esserlo), due ruote e un motore sono i soli elementi capaci di farci alzare dal divano, uscire di casa e lanciarci verso l’orizzonte.
Incontro alla gente, alla ricerca del sorriso di un bambino o di una mano da stringere con forza, dopo aver ricevuto l’omaggio di una notte da passare su un letto di una casa sconosciuta, invece che sul rigido di una panchina di un parco pubblico.

Un viaggiare per il valore stesso del viaggio, come un tempo faceva Don Chisciotte: oggi, anche per noi che non possiamo o che non abbiamo lo stesso coraggio, lo fa Marcello Carucci…