Manubri in fuga: Andrea Cardarelli e il Madagascar

Manubri in fuga: Andrea Cardarelli e il Madagascar
Antonio Privitera
  • di Antonio Privitera
Cardarally Adventures a Nosy Be, in Madagascar: un'organizzazione italiana per vivere l'isola in sella
  • Antonio Privitera
  • di Antonio Privitera
27 settembre 2016

La piccola Ediane, tre anni appena, scende dal 4X4 di Andrea che ci sta accompagnando all'aeroporto; non parla perché è il primo giorno di scuola, e c'è da comprenderla: scomoda nella sua impeccabile divisa scolastica, restìa ad allontanarsi dall'atmosfera familiare che si respira nell'accogliente casa Cardarelli di Nosy Be, il suo giustificabile silenzio da inizio anno scolastico è la nota blu di questo arrivederci. La vediamo allontanarsi nelle mani della fidanzata di Andrea, la gentilissima Poopy, lungo lo sterrato che porta all'asilo e poi io e Andrea si ritorna a parlare di moto, di enduro, di chi ,come lui, nella vita non è mai andato oltre i 150 all'ora e se n'è sempre bellamente fregato.

Andrea Cardarelli è uno dei tanti italiani trasferiti all'estero che siano riusciti a mantenere viva la propria passione per la motocicletta e a metterla al centro della propria vita professionale, in questo caso aprendo un Adventure Tours in Madagascar, precisamente a Nosy Be, un'isola di circa 300 km quadrati al largo della costa nord-occidentale della “Grande Terre”.

In un giorno di settembre abbiamo avuto il piacere di fare un bel giro in motocicletta (una Beta 300 RR 2T in condizioni perfette) scoprendo uno dei tanti itinerari che propone la Cardarally Adventures alla scoperta dei meravigliosi lati nascosti di Nosy Be, raggiungibili solo percorrendo le strade... cattive e apprezzando le notevoli capacità di pilota di Andrea, unite ad un'incredibile conoscenza del territorio che arriva fino al singolo sentiero sperduto. Sono stati circa 90 chilometri divertenti - e per certi versi pure impegnativi - lungo quest'isola di sessantamila abitanti, selvaggia e dolcissima; dopo un giorno trascorso per mulattiere, sentieri e pietraie, dopo essere passati dai laghi alle spiagge, avere aspettato dentro il cratere di un vulcano spento il sole diventare rosso ed esserci riempiti gli occhi di meraviglie naturalistiche, volevamo approfondire il come e il perché si fa la scelta di andare all'estero e guidare la gente per mulattiere in sella a motociclette da enduro professionale.

Andrea è nato nel '59, e già a quattordici anni è in sella per le strade di Milano; solo a venti, però, inizia a fare sul serio vincendo il campionato regolarità lombardo del 1978 con una Fantic, ma sacrifica in parte la sua attività di pilota per continuare gli studi. Questo non gli impedisce comunque di ottenere negli anni successivi l'appoggio di Rigomoto, e in sella a Yamaha e Cagiva accumula buoni piazzamenti, (Campionato Italiano Motorally, Rally del Titano, Rally di Roma, Rally di Sicilia, Rally di Sardegna); parallelamente lavora per alcuni anni mettendo a frutto la sua passione per l'archeologia, ma sembra che le passioni non sempre siano remunerative e nel 1991 avvia un'azienda agricola nel Monferrato, dove produce vino fino al 2004, quando molla il colpo. Anzi, chiude il gas.

«Sono andato via dall'Italia perché mi ero stufato della vita che conducevo; ho fatto dei lavori che non mi hanno dato quello che immaginavo potessero darmi, e quindi, ad un certo punto...» la pausa è brevissima, quasi un sussurro di silenzio «...ho cambiato aria. Ho provato prima Cuba, dove sono stato quattro anni, ma ho maturato la convinzione che a Cuba o vai come turista o fai il grande imprenditore, altrimenti non sei nemmeno considerato. Immagina che ho cercato di organizzare lì un Rally assieme a Gianluca Tassi (pilota di Rally moto, dal 2003 corre in auto a causa dei postumi di un incidente n.d.r.) ma alla fine non si è prodotto nulla; non mi davano nemmeno una moto per fare le perlustrazioni, e la federazione cubana non è riconosciuta dalla FIM».

Mai abbattersi.

«Lasciata Cuba giro un po' l'America Latina, poi, nel 2004, sono venuto qua in Madagascar, dove ho acquistato immediatamente una Honda CRF450 con la quale partecipo al campionato enduro malgascio».

Come, scusa?

«Beh, avevo già chiuso l'azienda agricola e non avevo ancora chiaro che lavoro avrei fatto, ma fin da subito ho iniziato a girare il Madagascar in moto. L'ho fatto per pura passione per quattro anni assieme a Thierry Perez, e nel 2008, consci delle enormi possibilità che offre il Madagascar, abbiamo deciso di organizzare insieme raid motociclistici in fuoristrada. Abbiamo iniziato con cinque, datate, XR 400 e due CRF450X, e ora il nostro parco moto comprende cinque Beta 450, tre Beta 300 2T 2016, due KTM, tre CRF-X ed una Husqvarna, tutte in perfetta efficienza».

E' stato facile mettere in piedi quest'attività?

«Prima di tutto devi trovare gli itinerari e provarli. Non è semplice, perché ogni anno possono cambiare, a parte poche strade statali (definirle un disastro è un eufemismo, immaginate una strada di Aleppo, oggi n.d.r.), la rete viaria è assente e dopo le piogge i sentieri che avevi individuato qualche mese prima possono essere scomparsi o impraticabili. A livello organizzativo bisogna quindi trovare la gente che abbia capacità d'adattamento: se uno viene qui aspettandosi alberghi a quattro stelle... casca male. Magari arrivi nel villaggetto dopo un giorno passato nella foresta e devi sistemare per la notte dodici persone: non è infrequente dormire con il materasso per terra. Spesso può essere assente l'energia elettrica o mancare totalmente la rete cellulare».

E le istituzioni locali?

«Nessun problema: qui non esistono i divieti presenti in Italia per chi pratica Enduro, nemmeno la targa è obbligatoria, figurati. L'unica cosa... beh, la mancetta» e mi allarga le braccia: Andrea si riferisce alla diffusa e preoccupante prassi di Polizia e Gendarmeria di chiedere una piccola somma di denaro locale per “velocizzare” il controllo documenti. Solitamente con l'equivalente di tre Euro si supera il problema, ma come dice Andrea, deciso nello stigmatizzare questo comportamento esecrabile: «l'importante è che la moto sia assicurata e che sia in ordine; non possono farti nulla se rispetti la legge. Per il resto, durante i nostri raid dal 2008 ad oggi non abbiamo mai avuto nessun patema, nemmeno con la popolazione locale: una volta è sparita una piccola fotocamera, ma niente più di questo».

Sfatato il timore del Madagascar come luogo dalla legalità incerta, chiediamo ad Andrea quanto bisogna essere bravi nella tecnica di guida per fare un tour in moto con Cardarally Adventures.

«Preferisco avere gruppi omogenei di persone che possiedono buone capacità di guida in fuoristrada, ma capita ogni tanto che ci sia uno che non va neanche a spingerlo: il gruppo lo accetta comunque, in genere, ma invece di impiegare tre ore magari se ne impiegano cinque per fare la tappa. Poi, regolarmente, su dieci c'è sempre uno di quelli che arrivano tutti belli bardati con la Dainese da inverno quando magari c'è un caldo becco e mi chiedono se la prima è in su o in giù! Non durano più di qualche chilometro e poi scelgono di passare sulla macchina d'appoggio... comunque il ritmo non è mai esagerato, anche perché se ti fai male qui è un problema fare arrivare i soccorsi nei posti più remoti; non ci è mai capitato di usarlo, ma per questi casi abbiamo il telefono satellitare. Fortunatamente non abbiamo mai avuto nemmeno seri problemi di moto, le nostre motociclette sono sempre arrivate in fondo».

Andrea non ha peli sulla lingua, è diretto ma sempre cordiale

«Propongo diversi itinerari, ma quello che preferisco di più è il tour del nord Madagascar, perché lì le piste sono sempre diverse: si va dal single track enduristico con pietre e mulattiere, alla sabbia, alle piste in laterite, cambia sempre! Il centro invece non che sia monotono ma è diverso, ci sono tante colline però non vedi mai il mare. Il sud è bellissimo a livello paesaggistico, veramente spettacolare, ma a livello di guida è un po' monotono perché è tutta sabbia e piste dritte, non è nemmeno facile: ci vuole tecnica!»

«Sicuramente le soddisfazioni che ricavo sono grandi, in genere i clienti sono super entusiasti, e se c'è stata qualche lamentela è derivata dall'inesperienza di alcuni partecipanti o dalla “logistica malgascia”: alberghi senza corrente, servizi scadenti, robe così. Per andarci in pari dovrei fare almeno quattro viaggi all'anno, perché i costi di gestione e mantenimento delle moto sono alti: le gomme costano una follia, non ti dico i ricambi; tra l'altro con Beta va meglio, ma con altre Case capita di aspettare anche due o tre mesi per un pezzo! E' un'attività stagionale, certe volte c'è il boom e faccio sei viaggi all'anno, altre ti disdicono i viaggi già organizzati. Sai, forse la gente si spaventa del volo aereo di nove ore, oppure crede che 1200/1400 Euro per un tour di una settimana tutto compreso sia troppo».

Ma di chiudere il gas non se ne parla, questo è chiaro. E nemmeno di rientrare stabilmente in Italia.

«Ho bisogno ogni tanto di tornare in Italia, perché non voglio dimenticare le mie radici; e non mi voglio nemmeno malgascizzare. Quando ne sento la necessità torno in Italia, dove quello che mi da più fastidio è vedere che i problemi politici sono sempre insormontabili, non cambia mai nulla. Io qui sto bene, mi trovo bene come vita». la piccola Ediane gioca a pochi metri da noi, Andrea mi travolge con la sua schiettezza cortese che diventa, e mi lusinga, una piccola confidenza: «Non ero venuto in Madagascar con l'obbiettivo di fare quest'attività, non era il mio “sogno”; ma io sono sempre andato in moto, ho sempre gareggiato, anche da ragazzo ho fatto la guida, ho fatto Rally, e aprire la Cardarally Adventures qui è stato facile: qui la vita è più facile e non ci si annoia».

Quello che la sincerità di Andrea non confessa, è che la sua permanenza in Madagascar non è frutto di un approccio rapace tipico dei colonizzatori, anzi, l'impressione è che lui dia a quest'isola più di quanto riceva: la differenza tra chi va in Madagascar in cerca di piaceri a buon mercato ed Andrea, ci gioca accanto mentre rimettiamo le moto in garage e si chiama Ediane, ha tre anni, stava in strada come un sacco di riso, i genitori malgasci non se ne curavano; mentre ora, nonostante il colore della pelle diverso, considera Andrea suo “pére”, papà.

Piccole informazioni per l'aspirante mototurista malgascio:

  • La valuta malgascia è l'aryary: 100.000 Ar valgono circa 3,5 euro, quindi preparatevi a tenere in tasca un gigantesco malloppo di soldi, come al Monopoli. Euro accettati ovunque. In Madagascar si parla il francese, nei luoghi più turistici anche italiano e inglese.
  • Da evitare da dicembre ad aprile (stagione delle piogge), a meno che non vi piaccia il bagno nel fango.
  • Un litro di benzina costa circa 1 Euro, e i distributori sono frequenti nei centri abitati, ma il consiglio è sempre di fare il pieno ogni volta che se ne incontra uno. Diffidare di chi vende benzina in bottiglia per la strada (anche se è la vostra ultima chanche prima di restare a secco), perché il carburante potrebbe essere miscelato con acqua.
  • Polizia e Gendarmeria sono solite chiedere, in modo più o meno velato, una mancia per lasciarvi andare dopo il controllo dei documenti. Se si mantiene la calma e non si hanno reazioni nervose basta fare finta di non capire o dire che non si ha denaro per bypassare la richiesta, altrimenti 10.000 Ar, e tanti saluti. Fino al prossimo posto di controllo. Casco obbligatorio.
  • I malgasci sono in genere accoglienti e gentili. Però mai viaggiare col buio o farsi sorprendere in luoghi isolati dopo il tramonto.
  • Le poche strade asfaltate sono in condizioni che vanno dallo scadente al disastroso: manca l'illuminazione pubblica, e sono strette, piene di buche di diametro fino a tre metri, animali (zebù, cani, maiali, galline) e persone le attraversano senza preavviso. Velocità media di percorrenza circa 40 km/h: se andate più forte prenotate un posto alla Dakar o al Fatebenefratelli, in ortopedia.
  • Assistenza sanitaria di base discreta nei grossi centri, assente nel resto del territorio. Condizioni igieniche approssimative.
  • Se andate con una motocicletta a ruote alte (21/18, in genere le normali enduro) portate con voi gli attrezzi per smontare le ruote, perché i gommisti locali potrebbero non averli e anche una banale foratura potrebbe diventare una bega.
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