Le tendenze emergenti nei motori (Seconda parte)

Le tendenze emergenti nei motori (Seconda parte)
Massimo Clarke
  • di Massimo Clarke
Esempi di soluzioni oggi quasi completamente abbandonate in tema di cambio, distribuzione, lubrificazione e trasmissione. Magari non andavano male, però…
  • Massimo Clarke
  • di Massimo Clarke
7 marzo 2017

Per la trasmissione primaria, e in alcuni motori ad aste e bilancieri anche per il comando dell’albero a camme, in passato sono stati largamente impiegati gli ingranaggi con dentature elicoidali. In altre parole, con i denti inclinati e non paralleli rispetto all’asse di rotazione. In questo modo si otteneva agevolmente un funzionamento silenzioso, con i denti che entravano in presa in maniera graduale. Nascevano però delle spinte assiali, in un senso quando il motore era in tiro (cioè trasmetteva il moto) e in senso opposto in rilascio (ossia quando veniva trascinato in rotazione). Con i denti dritti queste spinte non c’erano e il rendimento della trasmissione era leggermente migliore; era però difficile abbattere la rumorosità. Per questa ragione si è andati avanti a lungo con le dentature elicoidali. Poi la situazione è cambiata perché sono diventate più accurate le lavorazioni e hanno cominciato a venir prodotti ingranaggi con denti dritti a profilo “corretto” che consentivano di ottenere un funzionamento con emissioni acustiche molto ridotte. Da lungo tempo perciò gli ingranaggi delle trasmissioni primarie sono pressoché invariabilmente a denti dritti. Quelli a denti elicoidali hanno invece qualche interessante applicazione in certi cambi, nei quali evidentemente si desiderano livelli di silenziosità difficilmente ottenibili in altro modo.
 

Occhio all'olio

Agli appassionati più attenti alle cose tecniche non sarà sfuggita la scomparsa, nei pistoni destinati ai motori di alte prestazioni, dei piccoli fori praticati nelle portate e destinati a far passar l’olio per la lubrificazione dello spinotto, così diffusi fino a pochi anni fa. Nei pistoni dei moderni modelli sportivi, specialmente se forgiati, questi fori sono stati eliminati in quanto costituivano zone di concentrazione delle tensioni. A lungo andare, in presenza di rilevanti sollecitazioni, potevano diventare punti di innesco per le rotture per fatica. Sono quindi stati eliminati e, per fare arrivare l’olio tra lo spinotto e le portate del pistone, in queste ultime sono state realizzate delle fresature assiali (nelle zone meno caricate). Questa soluzione offre anche un interessante vantaggio in termini di distribuzione delle pressioni nelle zone di contatto dei due componenti. Le portate infatti sono meno rigide e possono “accompagnare” in una qualche misura la flessione dello spinotto, evitando che in corrispondenza del margine interno del loro foro (cioè dal lato del piede di biella) si possa creare un picco di pressione molto elevato. Per quanto riguarda quest’ultimo aspetto, si ottiene in pratica un risultato analogo a quello al quale in certi motori diesel di grossa cilindrata si arriva impiegando uno spinotto non perfettamente cilindrico ma leggermente “profilato”.

Rimanendo in tema di lubrificazione, nel nostro settore da molti anni sono scomparse le cosiddette zampe di ragno, che una volta non di rado venivano realizzate sulle camme dei motori da competizione e nelle bussole (in particolare quelle inserite nei piedi di biella). Queste cave avevano la funzione di raccogliere l’olio e migliorarne la distribuzione. A parità di dimensioni della bussola, o della camma, riducevano l’estensione della sua reale superficie di lavoro, destinata a sopportare il carico. La distribuzione delle pressioni peggiorava e i valori che venivano raggiunti, per una data forza in gioco, erano più alti. Per funzionare, funzionavano, ma in effetti non facevano altro che rimediare, in maniera peraltro discutibile, a ben avvertibili mancanze a livello di lubrificazione, di materiali, di trattamenti o di disegno. La quantità di olio che arrivava nelle zone di lavoro era insufficiente o i componenti interessati non avevano una adeguata durezza superficiale, e via dicendo… E non si deve trascurare il fatto che i lubrificanti di una volta non avevano certo le caratteristiche di quelli moderni.

In passato nei motori da competizione hanno avuto una certa diffusione sulle camme le “zampe di ragno”, cave destinate a raccogliere l’olio e a migliorarne la distribuzione. Di questa soluzione non si parla più da tempo. La foto mostra alcuni componenti della distribuzione di una Mondial da GP degli anni Cinquanta
In passato nei motori da competizione hanno avuto una certa diffusione sulle camme le “zampe di ragno”, cave destinate a raccogliere l’olio e a migliorarne la distribuzione. Di questa soluzione non si parla più da tempo. La foto mostra alcuni componenti della distribuzione di una Mondial da GP degli anni Cinquanta

 

 

Cambio sequenziale

È interessante segnalare che in vari motori moderni si impiegano bronzine di banco nelle quali la cava circonferenziale per l’olio che deve entrare nell’albero per raggiungere i perni di biella è presente solo nella metà meno caricata; nell’altra non c’è, il che consente di avere una superficie portante di maggiore estensione.

I cambi moderni sono invariabilmente del tipo con ingranaggi scorrevoli e denti di innesto frontali. In qualche raro caso si possono impiegare manicotti scorrevoli, sempre con innesti frontali. Per comandare il movimento delle forcelle che spostano tali ingranaggi (o manicotti) si è da da tempo standardizzato l’impiego di un tamburo selettore munito di cave sagomate, che viene fatto ruotare a scatti, mediante un semplice meccanismo azionato dal pedale. Ogni volta che quest’ultimo viene premuto o sollevato avviene uno “scatto” in un senso o nell’altro. Un sistema sequenziale, quindi, con il tamburo che si ferma in posizioni prefissate, a ognuna delle quali corrisponde una marcia. Le forcelle di innesto sono inserite su assi paralleli al tamburo (ma talvolta sono montate direttamente su quest’ultimo, che in tal caso ha la superficie esterna rettificata) e sono munite di apposite spine di guida, che si inseriscono nelle cave sagomate.

Per controllare il movimento delle forcelle però si può impiegare, al posto del tamburo, una piastra (essa pure munita di cave sagomate). Questa soluzione è stata adottata diffusamente in passato, mentre oggi viene utilizzata solo di rado. Nella versione con piastra fulcrata (ossia rotante) la impiegavano quasi tutte le classiche moto inglesi degli anni Cinquanta e Sessanta, e la ha usata a lungo la BMW sui suoi bicilindrici boxer.

Diverso, e utilizzato assai più raramente, era lo schema adottato dalla Morini per le sue 175 ad aste e bilancieri e dalla Mondial per i modelli con basamento a tunnel, sia da corsa che da strada. La piastra, piazzata subito dietro gli alberi del cambio, si spostava infatti rettilineamente, lungo due guide verticali. Anche in questo caso il movimento avveniva a scatti, con un puntalino caricato da una molla che la bloccava nelle posizioni previste penetrando a turno negli intagli in essa praticati.