I Racconti di Moto.it: "Al passo coi tempi"

I Racconti di Moto.it: "Al passo coi tempi"
Antonio Privitera
  • di Antonio Privitera
Due fanciulli violenti col volto coperto entrarono nella piccola banca di una tranquillissima periferia, il terzo li aspettava fuori con una potente Peugeot rubata...
  • Antonio Privitera
  • di Antonio Privitera
20 giugno 2014

Punti chiave

Due fanciulli violenti col volto coperto entrarono nella piccola banca di una tranquillissima periferia, il terzo li aspettava fuori con una potente Peugeot rubata: dentro la filiale c’erano un panettiere, una vecchia signora accompagnata da una badante rumena e una ragazza incinta, oltre ad Umberto Vestucci, un ex carabiniere che aveva appena parcheggiato la propria Honda Varadero.


Che idea totalmente anacronistica quella di rapinare una banca; eppure i tre disperati armati di un taglierino presero ad ostaggio la ragazza incinta e prima si fecero consegnare i telefoni da tutti i presenti e li distrussero insieme al centralino telefonico, poi fecero uscire dal gabbiotto la guardia giurata e gli sottrassero la pistola, intimando di buttarsi tutti quanti per terra sennò erano morti: i due impiegati si sdraiarono sul pavimento chiedendosi perché la guardia giurata all’ingresso non fosse intervenuta prima, ma il povero Aldrighetti non era mai stato un eroe. Il panettiere fu l’unico a obbedire immediatamente: era lì solo ad implorare la clemenza del direttore per le rate di mutuo arretrate. La ragazza incinta temette che le si fossero rotte le acque mentre invece fu soltanto costretta a sdraiarsi nella propria pipì. La signora anziana, una nobildonna quasi sorda e con difficoltà nella deambulazione, pensava che ancora nel 2014 degli sciagurati fanno le rapine in banca mentre invece la sua badante pensava in rumeno e non saprei tradurre, scusate. Comunque, semplicemente ghiacciate da quella pistola puntata, queste ultime due donne rimasero in piedi.


Ne restava uno, l’ex brigadiere Vestucci; non era la sua pancia da buongustaio a negargli di distendersi a terra ma la sua dignità e un’artrosi che a 58 anni lo perseguitava come una fatwa.


Il ragazzo con la pistola urlava di stendersi e minacciava di uccidere chiunque non avesse obbedito, quando la nobildonna corse a suo modo verso la porta: il fuoco della rivoltella la freddò in un guaito acuto; l’anziana si afflosciò come una margherita secca. Fu un attimo di terrore dove nessuno, neppure i due rapinatori, seppe cosa fare e a quel punto la rumena, una virago (ma il 1100, non il 535…) dai fianchi larghi e dalle mani da falegname, si scagliò addosso al ragazzo con l’arma e lo schiacciò al muro facendogli volare la pistola dalle mani mentre Vestucci aggredì il complice, lo immobilizzò a terra e gli sfilò la calza che gli copriva il volto; il panettiere raccolse la pistola dal pavimento e tenne tutti sotto controllo; in pochi secondi la situazione cambiò totalmente aspetto. Vestucci urlò ad Aldrighetti:

- Sono un ex carabiniere, prenda il mio posto e aspettatemi qui! Mi raccomando non chiamate nessuno, manco la polizia altrimenti facciamo scappare gli eventuali complici che sono fuori, tanto la signora è già morta! Voi! -rivolto agli impiegati con un’assertività che non lasciava spazio alle incertezze- appena esco bloccate l’ingresso e non fate entrare nessuno, aspettate che torni io!- gli impiegati gli obbedirono come soldati un po’ per lo shock, un po’ per il sollievo di sapere che c’era qualcuno che sapeva cosa fare.


La guardia giurata fece come gli diceva il Vestucci mentre quest’ultimo schizzava fuori dalla banca; l’ex brigadiere non si sbagliava: prima ancora di uscire in strada, dai vetri della banca aveva localizzato la Peugeot in attesa ma appena fu sul marciapiede l’automobile sgommando iniziò la sua fuga.


Vestucci salì sulla sua Varadero e si buttò all’inseguimento senza manco indossare il casco: era un osso durissimo; dentro la Benemerita era stato considerato un personaggio controverso e opaco e per questo pensionato con una fretta che mal celava qualche dubbio sulla sua condotta morale.


L’eterna lotta tra il bene e il male si sostanziava questa volta nella sfida tra una motocicletta, più rapida in rettilineo e in accelerazione, e un’automobile sportiva molto più stabile e veloce nelle curve di una grossa enduro stradale a due cilindri. La Peugeot uscì dalla città e prese la statale che portava su per la collina, col contorno di un forte odore di gomma bruciata che la guida spregiudicata del suo pilota provocava ad ogni curva. Vestucci, a dispetto di una forma fisica tutt’altro che perfetta, brandeggiava la sua moto come un’arma bianca e tagliava le curve, infilava la moto alla corda con violenza, strappava il gas rendendo difficile la vita alla trasmissione finale, tormentava i freni per non cedere nemmeno un metro in ingresso di curva alla maggiore impronta a terra degli pneumatici della vettura.


Le strade erano deserte, in collina ci si va la sera ad appartarsi o il sabato mattina con le moto per fare quattro pieghe, quelle strade non portano da nessuna parte e sembrano fatte solo per divertirsi. L’ex brigadiere arrancava ad ogni curva ma sapeva che sarebbe bastato il rettilineo del lago per recuperare terreno: sapeva che sarebbe arrivato, quelle strade le conosceva come le sue tasche per averle percorse centinaia di volte, mancava poco. Eccolo, il rettilineo: la Peugeot uscì dalla svolta prima del lungo rettifilo ad una velocità impressionante, mentre Vestucci mancava poco che torcesse il manubrio per la foga nell’aprire il gas, deciso a fermare a tutti i costi quel criminale. Ma i freni della Peugeot erano surriscaldati e cedettero, la macchina frenò solo debolmente prima della stretta curva a chiusura del dritto e si schiantò contro il guard rail rimanendo miracolosamente in strada con infinite carambole ora a destra ora a sinistra della riga di mezzeria, per poi fermarsi in senso opposto a quello dal quale proveniva.


Vestucci tirò uno staccatone che mandò a pacco la forcella e si vide tutta la scena sotto gli occhi fino all’arresto della automobile oramai con la carrozzeria a brandelli; buttò la moto a terra senza nemmeno mettere il cavalletto e corse verso quel che rimaneva della vettura.


In quel preciso istante una Fiat 500 arrivava in senso inverso, si fermò a bordo strada e ne scese l’unico occupante. Si chiamava Edoardo, aveva trentadue anni.


Vestucci aprì con difficoltà lo sportello lato guida e cercò il conducente tra gli airbag esplosi e la lamiera piegata, sul tappetino del passeggero trovò una rivoltella, la prese nella mano sinistra e con la destra libera afferrò per un braccio il malvivente per estrarlo dalla macchina, quando la voce del signore della Fiat lo freddò:

- Madonna benedetta… cos’è successo?


Vestucci si voltò sorpreso:
- Un incidente… mi aiuti, tenga aperto questo sportello…


L’ex carabiniere stese delicatamente sull’asfalto il giovane che sembrava solo spaventato ma cosciente e tutto sommato integro; guardandolo negli occhi mormorava piano “stai zitto, stai zitto, deficiente stai zitto…”, poi puntò la pistola contro Edoardo.
- Sali in macchina!


Edoardo non ci capiva più niente e si diresse verso la sua 500 terrorizzato.
- No! Entra dentro questa!! Sbrigati! – disse Vestucci indicando il rottame della Peugeot. Edoardo sedette al posto guida della Peugeot distrutta e balbettava.
- Un attimo… che vuoi fare…


Vestucci esplose due colpi, Edoardo si spense senza capire il perché. Poi l’ex militare ne prese la mano destra e lasciò accuratamente le impronte digitali del morto sulla pistola. Nella speranza che non passasse nessuno ancora per un po’, si girò verso il giovane ancora sdraiato sull’asfalto.
- Angelo, quei due hanno combinato un casino! Hanno ucciso una vecchia! Ma che cazzo vi viene in mente di rapinare una banca come se fossimo all’epoca dell’Atari!
- Papà… puntavamo al bancomat dall’interno…
- Stai zitto sennò ti faccio fare la fine di quello dentro la macchina! Ora tu ti alzi e torni a casa a piedi senza farti vedere da nessuno, non importa quanto tempo ci impieghi. Questa è l’ultima volta che ti paro il culo, l’avete fatta grossa, per una rapina da idioti ci è scappato il morto, anzi due. Io dichiarerò che il conducente della Peugeot era questo qui e che mentre cercavo di tirarlo fuori dalla macchina ha cercato di aggredirmi ma io gli ho preso la pistola e gli ho sparato per legittima difesa. In qualche modo me la caverò. Tu sparisci alla velocità della luce, ora!

- …e Massimo e Sebastiano… sono ancora in banca?
- A quei due inetti penserò tra poco, dovevi vedere che faccia sorpresa hanno fatto quando mi hanno visto. Comunque, andrò alla banca e darò questa pistola a Massimo, che ha una buona mira; gli farò uccidere tutti, poi mi farò consegnare la pistola e farò fuori anche loro due e rimarrò l’unico testimone… anche questa volta la scamperai. Ma non è possibile continuare così… perché sei scappato? Non bastava fermarsi fuori città? Ora è tutto più complicato!

- Papà… è stato divertente, no? Dico… inseguirsi per le strade come in Fast and Furious… ti rendi conto che questi sono gli unici cinque minuti di gioco che mi hai concesso negli ultimi vent’anni? Sempre occupato, sempre in servizio, sempre pensieroso. Poi ti beccarono con la droga in macchina… riuscisti a difenderti dichiarando che l’avevano messa altri per incastrarti perché eri un carabiniere scomodo… ti è andata bene che ti hanno solo obbligato a pensionarti per non alzare polveroni… avrei voluto che mi seguissi di più… invece sono solo diventato un delinquente da quattro soldi cui tu cerchi di evitare la galera.

- Angelo, la droga me l’ero messa da solo in macchina… ho passato la mia vita a proteggerti grazie al fatto che ero un carabiniere e speravo che se fossi stato buttato fuori tu avresti smesso di delinquere sentendo che non potevo più fare i salti mortali per evitarti il carcere, ma ho sbagliato. Ora è troppo tardi per rimediare. Come vedi nonostante sia stato obbligato alla pensione, sono ancora qui… ma stavolta è diverso: sono già morte due persone… ora vai!
 

Vestucci non aggiunse nient’altro. Rialzò la moto e si avviò in fretta verso la banca. Ma la motocicletta aiuta a riflettere e nei dieci chilometri da percorrere verso la città mise in fila una serie di pensieri disordinati.


La Varadero ha ancora i carburatori e centomila chilometri. Oggigiorno la tecnologia ha preso il sopravvento su tutto e questa moto non è più attuale, ci sono quelle con i controlli elettronici. La Varadero è impreparata di fronte alle sfide degli anni a venire e forse pure il suo proprietario. Consuma pure troppo.


Rapinare una banca è una pazzia da sbandati degli anni ’80.


I cellulari, i satelliti, le telecamere.


Aldrighetti chiuso nel gabbiotto blindato; Massimo e Sebastiano avevano dimenticato di levargli il telefono.


Quest’ultima tirata in moto era stata proprio bella, la più bella della sua vita. Di questo era proprio grato ad Angelo e si era rammaricato di non avere mai fatto col suo unico figlio una gita come questa prima di allora; magari senza prima rapinare una banca. Era comunque stato un padre distante e un marito fedifrago che aveva meritato la separazione con addebito. Però era pure stato un motociclista appassionato e a suo modo fedele alla sua moto da oltre quindici anni; forse si era rivelata l’unico punto fermo nella sua vita un po’ traballante e improvvisata degli ultimi trent’anni, l’unica relazione duratura.


Non poteva proteggere Angelo da se stesso in eterno, non puoi aiutare una persona che resiste.


Si sentì, di colpo, inutile, debole, superato. Non in linea con i tempi come la sua moto a carburatori. Chiuse il gas e andò in rilascio, levò le mani dal manubrio distendendole sui fianchi; la moto rallentò fino ad ondeggiare col manubrio libero per poi cadere su un fianco violentemente, Umberto non fece resistenza e piombò sull’asfalto pure lui con lo sguardo verso il cielo. Il motore della Varadero si spense, la quiete era pressoché totale in quell’angolo di collina. Era troppo presto per provare dolore mentre per rimediare agli errori era già troppo tardi; era stanco, irrecuperabilmente spossato e contento di essere caduto, di essersi arreso, privo della voglia di rialzarsi. La rivoltella era ancora nella sua cintura, Umberto pensò che c’erano comunque altri sei colpi.


Ne bastò uno. 

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