I prototipi a 5 valvole di Aprilia e... Gilera

I prototipi a 5 valvole di Aprilia e... Gilera
Massimo Clarke
  • di Massimo Clarke
Le due case italiane hanno realizzato a suo tempo interessanti prototipi con una distribuzione di questo tipo. La cui maggiore diffusione fra le moto di serie si deve a Yamaha che iniziò con la famosa FZ 750 del 1985
  • Massimo Clarke
  • di Massimo Clarke
12 febbraio 2016

Nel 1984 la Yamaha ha stupito il mondo presentando la FZ 750 dotata di una testa con cinque valvole per cilindro. Questa moto è entrata in produzione l’anno successivo ed è stata ben presto seguita da altri modelli destinati a ottenere una grande diffusione. L’obiettivo era quello di migliorare la respirazione agli alti regimi grazie a maggiori sezioni di passaggio alla aspirazione, per la quale si impiegavano tre valvole. Per ridurre la complessità realizzativa, ovvero per agevolare il lavoro di fonderia e le lavorazioni, inizialmente la testa dei motori quadricilindrici (FZ e FZR) era realizzata in due parti: una testa vera e propria, nella quale erano ricavate le camere di combustione e i condotti ed erano montate le valvole, e un “sopratesta” nel quale venivano alloggiate le punterie a bicchiere ed erano ricavati i supporti per i due alberi a camme.
 

Dopo Yamaha altri big dell'auto

 

Hanno utilizzato teste a cinque valvole per cilindro sui loro V12 di F1 sia la Ferrari che la Yamaha, e hanno effettuato prove con distribuzioni di questo tipo anche la Cosworth e la Lamborghini

Come abbiamo già scritto, diversi altri costruttori, viste le ottime prestazioni dei motori Yamaha, hanno ben presto deciso di sondare la strada delle cinque valvole. Si trattava principalmente di case automobilistiche, alcune delle quali pensavano a un eventuale impiego della soluzione sui loro motori da corsa. E infatti hanno utilizzato per qualche tempo teste a cinque valvole per cilindro sui loro V12 di F1 sia la Ferrari che la Yamaha, e hanno effettuato prove con distribuzioni di questo tipo anche la Cosworth e la Lamborghini.

Durante gli anni Novanta la BMW non correva ufficialmente ma ha continuato a sviluppare motori da competizione, realizzando anche un bellissimo V12 con tre alberi a camme in ogni testa e cinque valvole per cilindro. Contraddistinto dalla sigla E 41, è stato progettato e messo al banco nel 1990-91 da un team di tecnici guidati dal famoso Paul Rosche. Si trattava di un motore sperimentale nel senso più pieno della parola, costruito anche per provare soluzioni tecniche e metallurgiche d’avanguardia. In ogni testa c’erano tre alberi a camme, due dei quali, affiancati, provvedevano ad azionare le tre valvole di aspirazione di ogni cilindro. In pratica era come se a una normale testa bialbero a quattro valvole fosse stato aggiunto un altro albero a camme che provvedeva a comandare una terza valvola di aspirazione, collocata tra le altre due (ma lievemente spostata rispetto ad esse). Tra le altre particolarità spiccava l’impiego di un basamento in lega di magnesio rinforzata con fibre ceramiche. Con una cilindrata di 3,5 litri, questo motore al banco ha fornito una potenza leggermente superiore a 720 cavalli a poco più di 14.500 giri/min, assai prossima a quella dei migliori V12 impegnati nel mondiale di Formula Uno nel 1991 e uguale a quella del V10 Renault. Parallelamente la BMW ha sviluppato anche un altro motore, con caratteristiche analoghe ma con teste a quattro valvole, che nel complesso si è rivelato leggermente migliore…

Per quanto riguarda la produzione automobilistica di serie, vanno ricordati alcuni ottimi motori a cinque valvole prodotti da Audi, Ferrari e Mitsubishi.
 

Rotax con il "mono"

In questa immagine della testa del motore Rotax 655 si possono osservare la disposizione delle cinque valvole e l’impiego di quattro camme troncoconiche
In questa immagine della testa del motore Rotax 655 si possono osservare la disposizione delle cinque valvole e l’impiego di quattro camme troncoconiche

In campo moto, oltre alla Yamaha ha abbracciato la filosofia delle cinque valvole la Rotax, quando ha realizzato il suo primo mono a quattro tempi con raffreddamento ad acqua. Si trattava del 655, con comando della distribuzione a catena e due alberi a camme in testa; quello di aspirazione era dotato di tre camme, delle quali le due esterne erano troncoconiche e agivano su punterie a bicchiere del diametro di 34 mm, mentre quella centrale, di tipo convenzionale, azionava un bilanciere munito di rullo. Questo monocilindrico aveva un alesaggio di 100 mm e una corsa di 83 mm; le tre valvole di aspirazione erano da 30 mm e le due di scarico da 32 mm.

Di questi motori si è già parlato di recente in un articolo nel quale si è pure accennato ad alcuni di prototipi con testa a cinque valvole realizzati da due importanti case italiane, che sono stati anche provati a lungo e che erano quasi pronti a essere messi in produzione quando è stato deciso di non procedere oltre e di rinunciare alla loro industrializzazione.
 

Le Gilera e Aprilia sperimentali

Testa del monocilindrico Gilera 620 del 1989, rimasto allo stadio di prototipo. Le camme comandano le cinque valvole per mezzo di bilancieri a dito
Testa del monocilindrico Gilera 620 del 1989, rimasto allo stadio di prototipo. Le camme comandano le cinque valvole per mezzo di bilancieri a dito

Nel 1989 la Gilera ha sviluppato un monocilindrico costruito con uno schema simile a quello dei motori della nota serie Dakota/RC 600/Nordwest ma dotato di raffreddamento ad aria. Aveva una cilindrata di 620 cm3, ottenuta abbinando un alesaggio di 100 mm a una corsa di 78 mm. La lubrificazione era a carter secco. Di questa interessante realizzazione, non uscita dalla fase sperimentale, non si sa granché. L’unico componente che sono riuscito a fotografare è proprio la testa a cinque valvole, mosse dai due alberi a camme per mezzo di bilancieri a dito; ne esistono due esemplari, uno dei quali giaceva da un rottamaio dalle parti di Velate...

Nel 1991 la casa di Arcore ha realizzato un altro monocilindrico a cinque valvole, destinato alle maratone africane (all’epoca assai in voga), che aveva una cilindrata di ben 750 cm3. In questo caso il raffreddamento era ad acqua.

Nella prima metà degli anni Novanta i vertici dell’Aprilia hanno deciso di ampliare la gamma delle moto stradali realizzando un bel bicilindrico a V di 60°, compatto e dalla meccanica raffinata. La distribuzione era bialbero e in ciascuna delle due teste erano alloggiate cinque valvole. Il prototipo aveva un alesaggio di 92 mm e una corsa di 64 mm, per una cilindrata totale di 888 cm3. Pure in questo caso le camme agivano su bilancieri a dito, che però erano montati su fulcri con testa sferica, il che rendeva necessario l’impiego di apposite piastrine di guida. Le tre valvole di aspirazione di ogni cilindro avevano un diametro di 28 mm; le due di scarico erano invece da 30 mm. Anche questa interessante realizzazione purtroppo non è uscita dallo stadio di prototipo. Evidentemente i costi di industrializzazione erano tali che per la sua ammiraglia l’Aprilia ha ritenuto conveniente impiegare il bicilindrico Rotax di 1000 cm3, che di valvole ne aveva quattro per ogni testa.