I racconti di Moto.it: Debutto in pista

I racconti di Moto.it: Debutto in pista
La prima volta non si scorda mai… Quel debutto rimane nella mia memoria con un sapore di unicità forse irrepetibile, ma si tratta in fondo di un sogno alla portata di molti di noi
6 febbraio 2012


Una sera di aprile, sul divano di casa, immerso come sempre in letture di spessore… motociclistico, odo distrattamente: “Hai qualche desiderio per i nostri 10 anni di matrimonio?”. Trasecolo: “Come? 10 anni!? Un regalo!?”. Abituatissimo a fantasticare a due ruote, non mi lascio cogliere di sorpresa e rilancio senza tergiversare: “Una giornata in pista, anzi, debutto in pista !”. Giulia accetta, è fatta!

Inizia la fase della ricerca spasmodica su web di proposte, blog e prezzi, non senza qualche calo di rendimento sul lavoro... Mi lascio presto convincere dalla proposta di corsidiguida.it: il circuito innanzitutto, Castelletto di Branduzzo, adatto a chi non ha esperienze precedenti di guida veloce in pista e a chi, come il sottoscritto, da possessore di supermotard – una KTM 690 SMC – vuole più di tutto curve, curve e ancora curve. E poi lo staff, da leccarsi i baffi: Meda, Locatelli, Luzzi, Temporali, Corsi, un certo Gasolio e altri ancora, insomma un’abbuffata di quel motociclismo che seguo da quasi 30 anni su ogni tipo di supporto, TV, stampa e più recentemente web.

Aspettando il grande giorno realizzo di non essermi ancora tolto la ruggine dell’inverno. Devo cercare di rimediare: mi angustia l’idea di arrivare in pista, al debutto in pista, rigido e impacciato nella guida. Avendo poco tempo per staccare la spina dal lavoro, decido di allungare il tragitto in moto di una noiosa Milano-Lecco con una dose concentrata di curve. Scelgo poco furbamente la strada che porta a Morterone, il comune più piccolo d’Italia, sperduto nelle prealpi che attorniano il gruppo del Resegone. E’ la strada più stretta che mi sia mai toccata in sorte e mi ritrovo spontaneamente con la gamba interna tesa all’interno di ogni tornante...
Buono forse per togliersi la ruggine, molto meno come training alle curve ben più ampie della pista…

E il grande giorno, finalmente, arriva. Appuntamento alle 8.30 a Castelletto. Là mi aspettano il circuito, la tuta in pelle (che noleggio non avendone una mia), l’incontro con quella pletora di invidiatissimi tester/piloti/commentatori della passione più bella del mondo, e naturalmente l’eccezionale richiamo al divertimento. Mi alzo felice come solo da bambino il giorno di Natale precedendo la sveglia di un’ora secca, e mi ritrovo sul posto con un’ora e mezza di anticipo quando ancora tutto langue. Giungono le prime persone dello staff: qualche battuta, un saluto, e poi fuori le moto d’ordinanza: alcune Harley XR 1200 con scarico Termignoni e kit pedane rialzate, un paio di Brutale da leccarsi i baffi e una splendida MV F4. L’ordine non è casuale: le prime sono destinate ai tester impegnati con i neofiti, le seconde al corso avanzato e la F4 niente meno che ai PRO. Arrivano anche i primi allievi, che già scruto con una certa diffidenza per cercare di capire se trattasi di manici incalliti o di turisti come più o meno mi sento interiormente. La maggior parte vanta tuta in pelle di proprietà. Le moto della concorrenza, ancorché non supermotard, non sono però temibili GSXXXXR, ZXXR, EVO SSSSP, bensì prevalentemente jap di media cilindrata. Spicca un’impeccabile Multistrada 1200 con destriero in tinta, rivelatosi però più tardi poco incline a esporre al suolo cotanta livrea…


Si comincia con le lezioni teoriche. I temi sono casco, tuta, gomme, sospensioni, sicurezza, traumatologia, comportamento in pista. Le lezioni sono ben fatte, ma più di tutto apprezzo il clima scherzoso e cameratesco che si instaura ben presto, complice l’affiatamento tra i componenti del nostro dream team. Non riesco a non pensare che costoro si divertano in continuazione, anche - sì ! - durante il lavoro. Il tempo però passa, e inizio a diventare insofferente alle domande dei soliti secchioni che tirano in lungo le lezioni. Ho voglia, più di tutto, di montare in sella, dare gas, e cominciare l’esplorazione del fantastico mondo della pista. Finalmente, dopo un paio di ore, giunge l’agognato “rompete le righe !”.
Usciamo all’aperto, a gruppi di 4/5 allievi per istruttore, sgonfiamo le gomme al punto giusto, e accendiamo la musica… dei motori si intende! Al mattino gireremo con l’istruttore sempre in testa al gruppo, avvicendandoci ai suoi scarichi per meglio coglierne i movimenti in sella e naturalmente le traiettorie. Di pomeriggio invece prenderemo a turno la testa del gruppo, seguiti dall’istruttore, così da dargli al termine della sessione sani argomenti di correzione e/o incitamento.

Si parte! Come segugi dietro ad una preda succulenta, ci mettiamo alla ruota del nostro istruttore, sua maestà Roberto Locatelli. Il numero 1 circondato da alloro che campeggia sulla sua tuta dinnanzi a noi, con tanto di scritta 2000 World Champion, è semplicemente irresistibile. Si inizia trotterellando. Il Loca enfatizza in staccata gli spostamenti sulla sella, a mostrarci il corretto trasferimento di peso verso l’interno curva e il gioco di piedi sulle pedane. Nello stesso tempo, voltandosi ripetutamente verso di noi, controlla che seguiamo fedelmente le sue traiettorie. Il ritmo progressivamente aumenta, e il divertimento anche. Spaziare da un cordolo all’altro su un asfalto perfetto, dare gas senza ritegno in uscita di curva, staccare e buttare il corpo all’interno mirando la ruota di chi precede…. indescrivibilmente bello, anche se il ritmo rimane ancora ben lungi da quello che il contesto suggerirebbe. Io, per esempio, tradito dalla foga e dalla velocità di ingresso in curva del leggerissimo Kappa, entro decisamente troppo forte con la sensazione spavalda di poter girare attorno a chi mi precede, salvo poi rimanere irrimediabilmente indietro in uscita, quando la corda è troppo lontana e mi manca lo spazio necessario per invertire rapidamente la piega e buttarmi nella curva successiva. C’è poi una curva maledetta che mi viene decisamente male, che richiede di staccare forte a moto piegata prima di imboccare un rampino verso destra, una di quelle cosucce da cui su strada mi tengo spesso alla larga. Infine qualche scalata sbagliata, col rapporto troppo lungo in ingresso curva… e metri inutilmente persi in uscita.

In pausa pranzo c’è tempo per chiaccherare, scambiarsi impressioni e fare un po’ di amicizia con i compagni di avventura. Io non mi lascio sfuggire l’occasione di parlare – o meglio sarebbe dire, intervistare in adorazione – alcuni componenti dello staff. Monopolizzo per una buona decina di minuti Carlo Luzzi, ingegnere di pista di un certo Casey Stoner… Partendo dall’esperienza comune degli studi di ingegneria si va naturalmente a parare a quel mondo affascinante che è la MotoGP. Resto meravigliato a udire dei loro 65° di inclinazione, tanti da non lasciare nemmeno più posto al famoso ginocchio a terra, dello spettacolare ed innato traction control che Casey vanta nel suo polso destro, dell’uso del freno posteriore in uscita di curva, per non parlare di quell’aneddoto che vuole Casey essersi accorto dopo soli due giri che gli era stato montato un cerchio con rigidità del 2 % soltanto superiore a quello precedente...

Si torna sulla terra con i nostri turni del pomeriggio. E’ la volta di mettersi alla guida del plotoncino, con Loca alle calcagna. Nel primo turno davanti a tutti cerco naturalmente di strafare, piego tanto, ma sbaglio ancora traiettorie e rapporti al cambio. Terminato il turno il Loca non esiterà ad aggiungere che sono rigido come un manico di scopa, il c… rimane ancora troppo sopra la sella, e il busto è maledettamente centrale rispetto alla moto. Certo rimango un po’ male, ma non riesco a non pensare che mentre inseguivo il migliore del nostro gruppetto, su Hornet 600, vedevo sistematicamente ad ogni curva le sue pedane incendiare di scintille l’asfalto, ed io gli stavo dietro. Finalmente, per una volta nella vita, mi sembrava di poter dire come ogni buon tester che si rispetti: “le pedane sfregano troppo presto!”

Serviva però ancora un passo in più: dovevo rimediare ai difettacci rilevati dal Loca, e soprattutto dovevo battezzare quella maledetta saponetta! Inutile girarci intorno: il vero trofeo, purché alla prima in pista, non può che essere quella maledetta abrasione. Mentre gli altri sorseggiavano una bibita rinfrescante colgo al volo l’occasione di un invito al ballo di un signore che fa Guido Meda all’anagrafe, e che già conosco al di fuori dell’evento. E’ libero da allievi e si mette a tirare… Quella maledetta Harley nera si sdraia sull’asfalto ad ogni curva ed impietosamente guadagna metri su metri. Troppo bello però avere uno che va forte dinnanzi a te: è uno spettacolo per gli occhi ma anche un incentivo formidabile. Di tanto in tanto rallenta per aspettarmi, ed ogni volta che riparte capisco che posso osare di più. Le Dragon Supercorsa sono commoventi nel grip, i cavalli della mia Kappa fanno loro il solletico, e al termine del ballo, screpolate fino all’ultimo millimetro di battistrada, finalmente ringraziano…

Finalmente, dopo una giornata spesa su quel breve tracciato, gli automatismi funzionano a meraviglia: cambio e traiettorie sono perfettamente memorizzati e posso concentrarmi esclusivamente sulla velocità


Ultimo atto. I turni ufficiali in pista con gli istruttori sono finiti. Si può girare liberamente. Prima di entrare in pista accetto con gioia ed estrema lusinga la proposta di Carlo di darmi una regolata alle sospensioni, le mitiche WP pluriregorabili. Carlo gioca con i registri forzando sulle sospensioni all’anteriore e al posteriore per verificarne la risposta, si alza e si abbassa ripetutamente sulla moto e sulle viti di regolazione mentre io assisto con curiosità. Ultimamente rimane scoraggiato dall’ineliminabile morbidezza di fondo, ma si sa… quando si è abituati a una certa Honda HRC. Entro quindi in pista: è semi-vuota, poiché a causa della stanchezza molti hanno già dato forfait. La Kappa ruggisce di piacere e mi butto a fionda nelle curve. Finalmente, dopo una giornata spesa su quel breve tracciato, gli automatismi funzionano a meraviglia: cambio e traiettorie sono perfettamente memorizzati e posso concentrarmi esclusivamente sulla velocità. Ed al secondo giro, in un lungo curvone a sinistra, inaspettatamente avverto una strana resistenza ad accentuare la piega: è fatta! Il ginocchio è a terra, e così sarà ripetutamente nei giri successivi in quella curva e in un altro paio di punti del circuito. E’ fenomenale la sensazione di velocità e padronanza del mezzo che si prova dopo avere speso una giornata su quelle poche curve, e non da ultimo assaporo anche il sadico piacere di superare la maggior parte dei compagni di giornata. Ma proprio nel mezzo di quell’estasi motociclistica, un rombo mi sorprende alle spalle in piega piena. E’ Simone Corsi sull’MV, che mi supera all’esterno (!!) beffandosi di quelle che poco prima mi sembravano prodezze. Il vaso però è colmo di soddisfazione e posso serenamente lasciare la pista godendomi qualche pacca sulle spalle e qualche complimento dagli amici di corsidiguida.it.

Carissimi appassionati, mi sono accinto a scrivere questo pezzo non per fare pubblicità, ma semplicemente per condividere con voi la gioia di un sogno motociclistico che si concretizza. E proprio come si suole spesso dire, la prima volta non si scorda mai… Quel debutto rimane nella mia memoria con un sapore di unicità forse irrepetibile, ma si tratta in fondo di un sogno alla portata di molti di noi. Vi invito a pensarci, perché si tratta di divertimento vero ma soprattutto di divertimento sicuro. Mai e poi mai potrei pensare di affrontare un percorso stradale con altrettanta baldanza e divertimento. E anche una pista tortuosa e non molto veloce come Castelletto può dare piena soddisfazione ai vostri pruriti se avete una moto agile, scattante e non troppo strapotente. Come diceva la pubblicità di un celebre mobilificio del biellese: “Provare per credere!”


Marco Marangoni