MotoGP, Valentino Rossi: "Nel 2006 ho buttato via ciò che nel 2015 mi è stato rubato"

MotoGP, Valentino Rossi: "Nel 2006 ho buttato via ciò che nel 2015 mi è stato rubato"
  • di Emanuele Pieroni
Se avesse smesso all'apice della carriera si sarebbe perso tanti momenti che, invece, è contento di aver vissuto. Valentino Rossi risponde così a chi continua a chiedergli di dire basta e, in una lunga intervista, racconta le sue sensazioni, i suoi miti e, soprattutto, il suo presente, ripercorrendo una storia che dura nel mondiale da oltre un quarto di secolo
  • di Emanuele Pieroni
23 aprile 2021

Il rammarico vero è uno e uno solo. E non c’entra niente il non aver deciso di smettere prima, quando era ancora all’apice della carriera: Valentino Rossi lo ha spiegato in una intervista rilasciata alla Gazzetta in cui ha ripercorso il suo quarto di secolo da pilota del mondiale, con la solita leggerezza, ma anche dicendo senza mezzi termini quello che pensa. “Valencia 2006 – ha detto proprio nella risposta più emblematica su quale è il suo rammarico - Lì ho buttato via un Mondiale che avrei potuto vincere e sarebbero stati 10 comunque, anche dopo il furto del 2015”. Quindici anni dal vero grande rimpianto e poco più di cinque dalla stagione che proprio non gli riesce di metabolizzare. E poi il passato, fatto di mamma Stefania che comprava i giornali, di Graziano che li leggeva solo quando si parlava di lui o di Valentino e del 46 che, invece, colleziona ancora le tante interviste rilasciate negli anni.

Uno sportivo che ha segnato la storia delle corse in moto, ma anche dello sport più in generale, con un mito italiano che, però, spicca su tutti: “Alberto Tomba – ha affermato Vale – Potrei dire anche Roberto Baggio, Luca Cadalora, Loris Capirossi, ma Alberto Tomba forse ha fatto la differenza più di tutti. Nelle moto, invece, mi sarebbe piaciuto confrontarmi in pista con Agostini, con Hailwood e, ovviamente, con Schwantz”. Aneddoti, celebrazioni, ricordi che, però, sono solo il pezzo lunghissimo di una storia che continua. Anche contro l’opinione di tanti.

“Mi fa strano che certa gente non lo capisca, forse il mio modo di pensare è diverso – ha aggiunto il nove volte campione del mondo - A me piace come mi sento. Mi piace quella sensazione lì. So benissimo che alla fine il tempo l’avrà vinta, purtroppo per tutti è così, ma provo con tutte le mie forze a rendergliela il più difficile possibile, ecco. E questo è il solo motivo per cui ancora corro”. Il tempo arriverà, anche se lui si sente un ragazzino e non lo nasconde, pur ammettendo che la misura degli anni che passano la individua in ciò che gli sta intorno: “Io non mi sento assolutamente vecchio. Però vedere Graziano e la Stefania con i capelli bianchi fa effetto. Vorrei che rimanessero giovani per sempre anche loro”.

La famiglia, Tavullia, gli affetti. Valentino Rossi è uno che ha sempre amato circondarsi di pochi pur stando a proprio agio in mezzo a tutti ed è per questo, probabilmente, che in Petronas dice di trovarsi benissimo, anche se le cose non stanno andando nel migliore dei modi: “In Petronas si sta molto bene, c’è una bellissima atmosfera, tanti ragazzi giovani, un team ruspante. È figo star qui. La mattina provo gusto ad entrare nel box, ci sono persone che danno l’anima". Un ambiente che gli piace, l’ossessione di vincere che non è pressante e la certezza che smettere prima avrebbe significato perdersi momenti di gioia autentica. “Quello che perdi smettendo di fare quel che ti piace di più – ha spiegato Valentino Rossi - è più di quello che guadagni nello smettere quando sei all’apice della carriera. E comunque non sai mai se è veramente finita: nel 2013, al ritorno in Yamaha, per tutti ero già finito. Invece, se non mi avessero rubato il Mondiale, nel 2015 ne avrei vinto un altro, sarebbe stato il decimo e avrebbe allungato la mia vita sportiva da vincente addirittura di 6 anni. Ovvio, non voglio arrivare 12° o 16°. E se avessi voluto smettere all’apice avrei dovuto farlo qualche anno fa. Ma io ci credo, ci voglio provare”.

Il futuro, almeno per il momento, può quindi aspettare, anche se un paio di scenari per il domani sono già fissati: un documentario sulla scia di Last Dance e la VR46. “Ho fatto tante cose per primo, che sono diventate un insegnamento per tanti piloti di adesso – ha concluso - Mi piacerebbe moltissimo raccontare la mia mia storia in un documentario. Abbiamo immagini, anche private, mai viste: una serie come Last Dance sarebbe proprio figo”.