Fabrizio Meoni. Castiglion Fiorentino

Fabrizio Meoni. Castiglion Fiorentino
Piero Batini
  • di Piero Batini
Una riunione spontanea e commovente per inaugurare insieme il monumento che Castiglion Fiorentino, la famiglia e gli amici hanno voluto dedicare al pilota e all’uomo che ha lasciato un segno indelebile
  • Piero Batini
  • di Piero Batini
15 maggio 2017

Castiglion Fiorentino, 14 Maggio 2017. Il legame con le persone scomparse è una faccenda molto personale. Io la vivo in solitaria emotività, un loop introspettivo che non si risolve e che, tra gli altri effetti, mi tiene lontano dalle cerimonie. Quando ho saputo che a Castiglion Fiorentino si inaugurava il monumento a Fabrizio Meoni non ho avuto esitazioni.

Ho capito dopo cosa succede: la forza di un Uomo eccezionale è qualcosa che neanche la scomparsa riesce a fermare. Non è attrazione, non è una reazione, è la continuazione di qualcosa.

Questo è successo a una moltitudine eterogenea di amici, conoscenti, tifosi e appassionati. Poche parole, più gesti e segnali. Occhiate felici e occhi tristi, anche gli stessi prima e dopo, e di nuovo. Ci siamo ritrovati tutti lì, nella sua città, attorno all’occasione che restituisce una strada e una piazza al pilota e amico scomparso l’11 gennaio 2005, durante l’undicesima tappa della Dakar. Con alcuni non ci si vedeva da anni, o magari ci si era visti solo lì, in quel teatro dello sport appassionante e a volte crudele, che era stato un palcoscenico di indescrivibile felicità nel 2001, di incredula ripetizione un anno dopo, e più tardi una landa desolata di dolore pazzesco.

Sono venuti da lontano, da tutte le parti del mondo e da altri mondi. Piloti, manager, meccanici, giornalisti, amministratori, religiosi. Atleti, persone. Tutti con un punto in comune con il Campione ma richiamati ora da un momento, da una circostanza che troppe volte è formale e che, al contrario e in questa particolarissima e altrettanto indimenticabile occasione di matrice pura, è un’impronta. Di amicizia. Di legame.

Siamo andati lì, a Castiglion Fiorentino con l’anima leggera, per stare un momento, un attimo soltanto vicini a Elena, la moglie, a Gioele e Chiara che non avevo più visto, i figli, richiamati dal pretesto dell’ammirazione del monumento di bronzo su cui Lucio Minigrilli ha lavorato per due anni riuscendo a ricreare una somiglianza, a generare un’impressionante emozione di autenticità.

Ho gioito, felice di sentire tanta amicizia, così tanto contagioso affetto, la devozione di un mare di gente perfettamente in sintonia. Accade solo nei momenti veri a gente esigente sulla verità e intransigente sulla bellezza dell’essere veri.

Del resto siamo venuti, ci siamo riuniti lì per incontrare il ricordo del più bravo di tutti, di un Uomo vero.

Sono ripartito con il cuore gonfio, commosso dal ricordo, dalla tragedia, dalla persistente mancanza di Fabrizio Meoni.

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