Genesio Bevilacqua: "La Ducati di Checa non è ufficiale"

Genesio Bevilacqua: "La Ducati di Checa non è ufficiale"
Carlo Baldi
Genesio Bevilacqua, titolare del team Althea in un'intervista esclusiva si leva qualche sassolino dalla scarpa, anche se alla fine non può nascondere il suo amore per le rosse di Borgo Panigale | C. Baldi
11 marzo 2011


Visitando la fiera Motodays di Roma, abbiamo incontrato Genesio Bevilacqua e non ci siamo fatti scappare l’occasione di una bella chiacchierata con il vulcanico imprenditore di Civita Castellana, titolare del team Althea e reduce dalle due trionfali gare di Phillip Island. Genesio è un grande appassionato di moto e di corse, con un trascorso come pilota in vari campionati nazionali. Chi ha la fortuna di visitare la sede della sua azienda, l’Althea Ceramiche, potrà ammirare una delle più incredibili collezioni di moto da corsa esistenti al mondo (leggi l'articolo) che assieme al suo team, rappresenta il simbolo più evidente della sua grande passione per le corse motociclistiche. Dopo essere stato uno dei proprietari del team Hannspree Honda Althea, nel 2010 Genesio ha deciso di mettersi in proprio e di costituire un team in grado di lottare ai vertici della Superbike utilizzando moto Ducati e rinsaldando in questo modo un rapporto che da anni lo lega alla casa di Borgo Panigale, dalla quale Bevilacqua ha acquistato alcune delle moto che hanno fatto la storia della casa italiana e del motociclismo. Il resto è ben noto a tutti. Carlos Checa conquista il terzo posto nella classifica piloti nell’anno del debutto, con tre vittorie e quattro secondi posti e con due sfortunate gare a Salt Lake City che avrebbero potuto invece dare un'impronta diversa al mondiale. Nel 2011 un inizio col botto, grazie a due vittorie ottenute in modo netto dopo che nelle prove il pilota spagnolo era andato vicino al giro veloce di Casey Stoner nella gara della MotoGP del 2010.
Sono bastate poche domande per farci capire che Genesio aveva molte cose da raccontarci e che forse voleva togliersi qualche sassolino dalla scarpa, anche se alla fine non ha potuto nascondere il suo amore per le rosse di Borgo Panigale.


L'intervista


Qui di seguito vi riportiamo per intero l’intervista che ci ha concesso nei padiglioni del Motodays.


Sono passate alcune settimane ma l’eco delle vostre vittorie in Australia non è ancora spenta. Una grande soddisfazione.

«Si una grande soddisfazione per Carlos e per tutti i ragazzi della nostra squadra. Abbiamo dimostrato che con la 1198 si può ancora vincere e vincere bene».


Non siete l’unico team che utilizza le 1198 e tra l’altro le moto del team ufficiale Ducati Xerox 2010 sono state acquistate dal team Effenbert Liberty Racing. Svelaci quale è stato il segreto del trionfo di Phillip Island?
«La nostra squadra è composta da professionisti di primordine e il nostro metodo di lavoro è programmato sul lungo termine. Tutti i tecnici che lavorano nella mia squadra hanno il compito e l’obiettivo di ottimizzare le risorse a loro disposizione per ottenere il massimo risultato possibile, ognuno nel proprio settore. Non dobbiamo poi dimenticare che il terminale del nostro lavoro si chiama Carlos Checa, un pilota dalla grande esperienza e professionalità che ha rappresentato per me una grande sfida rivelatasi vincente. Io ho creduto e puntato forte su di lui, quando erano invece in molti a considerarlo un pilota sul viale del tramonto. Dopo due anni difficili, nei quali aveva ottenuto solo due vittorie (entrambe a Salt Lake City nel 2008) molti lo davano per bollito. Ma Carlos è un pilota che io seguivo da molti anni e che secondo la mia esperienza aveva le caratteristiche di guida adatte ad una Ducati Superbike. Ho quindi investito su di lui tutte le mie risorse e mi sono preso il rischio di far esordire un ragazzo di 37 anni su di una moto che nessuno pensava fosse adatta a lui. Una sfida vinta anche grazie al rapporto che è nato tra Checa e tutta la nostra squadra. I miei ragazzi hanno fatto sentire Carlos a suo agio, al centro del nostro lavoro e del nostro ambizioso progetto. Da parte sua lo spagnolo è entrato subito in sintonia perfetta con un team dove tutti sono sempre motivati a dare il massimo, dal pilota all’autista di uno dei nostri camion. Forse qualcuno pensa che i nostri risultati siano il frutto di una buona disponibilità economica e di un poco di fortuna, mentre vi garantisco che alle spalle abbiamo tanto lavoro ed investimenti mirati».


Qual’é il tuo rapporto con Ducati?
«I miei rapporti con Ducati sono sempre stati ottimi e sono serviti a farci avere a volte un occhio di riguardo da parte della casa di Borgo Panigale. Però ci tengo a sottolineare come noi siamo stati fin dall’inizio un team privato. Inoltre non dimentichiamo che lo scorso anno la mia struttura ha rappresentato un avversario in più per quella che era la squadra ufficiale della Casa italiana. I nostri risultati non sono mai derivati da mezzi ufficiali o particolarmente supportati dalla Ducati, ma sono frutto del nostro lavoro, dei nostri sforzi e dall’abilità di un pilota che abbiamo saputo rigenerare. Le moto che abbiamo utilizzato lo scorso anno erano del 2008, aggiornate con il dispositivo elettronico ride by wire che però rappresenta un aiuto solo per quei piloti che lo sanno sfruttare. Purtroppo nel caso di Byrne, ad esempio, si rivelò un ostacolo e visto che il pilota inglese non riuscì mai a trarne profitto, decidemmo di toglierlo dalle sue moto».


Lo scorso anno la vittoria di Checa a Phillip Island in gara due fece scalpore. Un team

Bevilacqua sul podio di Phillip Island con Checa
Bevilacqua sul podio di Phillip Island con Checa

 privato che riusciva a sconfiggere gli ufficiali. Quest’anno il vostro doppio successo è invece apparso quasi normale, visto che in molti vi considerano un team ufficiale.
«La vittoria di Carlos a Phillip Island è stata schiacciante, ma rispetto allo scorso anno l’unica differenza è data dal fatto che non siamo più una squadra che debutta nel mondiale Superbike e di conseguenza ora disponiamo di molti dati che ci aiutano a determinare in poco tempo la migliore messa a punto per la nostra 1198. Tecnicamente parlando, quest’anno disponiamo di una sospensione anteriore Ohlins più evoluta ed è una cosa importante per un pilota come Checa, che guida molto sull’avantreno. A parte questo, la moto che ha dominato le prime due gare del 2011 non ha niente in più rispetto a quella dello scorso anno. La stessa Ducati ha spesso chiarito che i team privati dispongono dello stesso materiale e si differenziano solo per alcuni particolari che sono però a disposizione di tutti. Chiunque può acquistare i materiali che noi stiamo utilizzando sulla nostra moto 2011. Quest’anno poi sono scese in campo forze nuove, con notevoli possibilità economiche. Il team Effenbert Liberty Racing ad esempio ha acquistato le moto ufficiali 2010, quelle utilizzate lo scorso anno da Haga e Fabrizio. Però a Phillip Island abbiamo vinto noi e questo non fa che confermare quanto ho detto prima : vince la squadra migliore, quella che dispone dei migliori tecnici, uomini che sanno lavorare gomito a gomito in perfetta sintonia, senza mai creare dannosi conflitti. Vince la squadra che ha il pilota migliore e che lo mette in condizione di far bene e di esprimere tutte le sue qualità. Carlos è uno di noi. Vive con noi, con la squadra, e per me è un amico. Viene spesso a trovarmi a casa e devo dire che abbiamo la stessa passione, la stessa voglia di vincere. Io, Checa e tutti i ragazzi del team Althea inseguiamo un sogno. Il sogno di vincere e di riuscire nell’impresa di prevalere sulle squadre ufficiali, sui team che hanno alle loro spalle intere aziende e forze di gran lunga superiori alle nostre.
Una bella sfida. Una sfida che ci esalta e ci porta a dare il massimo».


Parlando di energie e di investimenti, ci puoi dire quanto hai investito nel team Althea in questi due anni ?
«Lo scorso anno grazie ai nostri sponsor abbiamo raccolto e speso un budget vicino ai tre milioni di euro, verificabili dal bilancio della nostra squadra corse. Quest’anno con un solo pilota la cifra è scesa a circa due milioni. Cifre importanti, ma basse se paragonate ai cinque/sei milioni che investiva Ducati, o agli otto/nove di Aprilia o addirittura ai dodici di BMW. Questi importi rendono l’idea di come un team privato si debba adattare alle proprie risorse e debba lavorare al meglio se vuole offrire il massimo possibile ad un pilota che è abituato da sempre a disporre di moto ufficiali e altamente competitive. Rispetto alle squadre ufficiali noi non abbiamo potuto provare molto quest’inverno. Va detto che non avevamo molto di nuovo da provare, ma il nostro budget non ci consente comunque di andare a provare in Malesia o in Australia. Abbiamo potuto svolgere due sole sessioni di test, cercando di sfruttarle al massimo per arrivare poi a Phillip Island pronti a dare il massimo. E così è stato».


Sono comunque cifre importanti che richiedono molto lavoro e impegno per essere raccolte. Ma alla luce di questo impegno, tuo e della tua squadra, non vi ha dato fastidio che da più parti la vostra doppia vittoria in Australia sia stata interpretata come una vittoria della Ducati che invece, come sappiamo, ha da tempo deciso di non impegnarsi più ufficialmente in Superbike?
«Per quanto riguarda la presenza di Ducati nella nostra squadra, come in quella degli altri team che utilizzano le rosse di Borgo Panigale, ribadisco che il nostro rapporto con Ducati, pur improntato alla massima collaborazione, è quello di una mera fornitura commerciale. Noi chiediamo ed acquistiamo dalla Ducati materiale per le nostre moto. Nella nostra squadra lavorano due ingegneri Ducati, ma succede lo stesso anche nel team Liberty. Che alcuni media abbiano assegnato alla Ducati il merito delle vittorie di Carlos, da una parte ci inorgoglisce, però siamo consapevoli di aver fatto al meglio il nostro lavoro e con molta modestia. Ci dispiacerebbe quindi se il pubblico e i tifosi della Superbike pensassero dell’esistenza di una nostra integrazione con Ducati che invece non esiste. Noi abbiamo molto rispetto per l’azienda di Borgo Panigale e li ringraziamo per quanto ci forniscono a pagamento».

 

Ci puoi spiegare il ruolo dell’ingener Marinelli all’interno della tua squadra?

Noi siamo un team privato e se conquistiamo dei risultati lo dobbiamo solo al nostro lavoro

«L’ingener Marinelli è il nostro tramite commerciale con la Ducati. A lui facciamo le nostre richieste ed i nostri ordinativi, ma di sicuro non ha nessun ruolo all’interno della mia squadra . E’ sempre il benvenuto nel nostro box, ma le nostre decisioni sono prese in assoluta autonomia e senza nessun vincolo nei confronti di Ducati. Marinelli visita il nostro box come visita anche quelli degli altri team Ducati impegnati in Superbike. Ho visto su Moto Sprint una vignetta del simpatico Matitaccia che riporta dell’esistenza di un tunnel segreto che collega il nostro reparto corse allo stabilimento Ducati e attraverso il quale dovremmo ricevere sottobanco parti speciali o chissà cos’altro. Apprezzo l’ironia del disegno, ma questo può creare dei malintesi e dare un'immagine sbagliata della nostra squadra. Noi siamo un team privato e se conquistiamo dei risultati lo dobbiamo solo al nostro lavoro, al lavoro di tutti i componenti del team Althea che riescono ad ottenere il massimo dall’ottimo materiale che acquistiamo da Ducati».


Da cosa deriva la decisione di schierare un solo pilota nel 2011?
«Lo scorso anno abbiamo fatto un grosso sforzo economico ed organizzativo per schierare Byrne al fianco di Checa. Purtroppo i risultati non sono stati soddisfacenti e l’investimento economico non ha dato i risultati sperati. A differenza dei team ufficiali che possono schierare qualche pilota giovane dandogli il tempo necessario per crescere, oppure rischiare una seconda guida anche se magari non ha le credenziali giuste, noi privati dobbiamo relazionarci con i nostri sponsor e dobbiamo portare loro dei risultati in sintonia con i loro investimenti. Inoltre l’attuale panorama dei piloti della Superbike non permette l’ingaggio dei piloti veramente competitivi. I top riders, in grado di fare la differenza, sono già sotto contratto con altre squadre e non sono al momento disponibili. Ecco perché abbiamo preferito concentrare i nostri sforzi su di un pilota solo, ma estremamente affidabile, come Carlos Checa».


E a proposito di giovani da quest’anno il team Althea è impegnato anche nella Superstock 1000 FIM Cup con Giuliano e Baroni.
«La scelta di partecipare alla Stock 1000 è la risposta a chi ci accusa di aver puntato solo su di un pilota maturo, senza offrire una possibilità ai più giovani. Al contrario la nostra intenzione è quella di aiutare i giovani piloti italiani. Al momento il panorama nazionale non offre molti talenti, ma il progetto Stock 1000 di Althea punta a far fare ai giovani quelle esperienze internazionali importanti che li possono aiutare a maturare e a crescere. Per il 2011 la nostra scelta è caduta su Lorenzo Baroni e Davide Giugliano. Baroni è un talento ancora inespresso. Ha fatto qualche stagione nella GP125 e qualche buona prestazione in Stock, ma non ha trovato una squadra che gli abbia dato la continuità necessaria per migliorarsi. Mi piacerebbe lavorare con lui per qualche anno. Giugliano è un pilota sanguigno, con le stesse possibilità di Baroni, ma con una diversa esperienza passata, maturata in giovane età prima in Supersport e successivamente in Stock 1000. In passato ha avuto alcuni problemi anche caratteriali e la sua esuberanza e la sua giovane età non gli hanno consentito di ottenere quei risultati che il suo talento invece gli consentirebbe. Lavoreremo per dare ad entrambi una struttura e un bagaglio tecnico importanti. Li seguiremo molto da vicino, per dar loro un impronta professionale che potrebbe portare a ottimi risultati».
 

Il campionato è appena iniziato. Cosa ti aspetti da questo mondiale Superbike 2011?
«Lo scorso anno ha vinto il pilota migliore, quello che ha potuto disporre di un team e di un mezzo straordinari. Biaggi è sempre andato a punti e dopo un inizio un po' in sordina ha saputo imporsi e sfruttare infortuni e debolezze degli altri piloti. Senza nulla togliere a Biaggi, se noi fossimo stati un poco più fortunati non solo a Salt Lake City, ma anche a Valencia e al Nurburgring, dove non abbiamo raccolto punti, avremmo potuto lottare per il titolo. Lo scorso anno eravamo quindi già a un ottimo livello e quest’anno di conseguenza puntiamo a una maggior costanza di rendimento. Se avremo un pizzico di fortuna in più potremo lottare per il titolo. Abbiamo un potenziale maggiore e una maggior esperienza. Inoltre Carlos è ancora più determinato e conosce bene il nostro e il suo potenziale. Certo il fatto di essere un team privato e con una moto che non avrà nessuno sviluppo, ci penalizza rispetto alle squadre ufficiali che invece non smetteranno certo di lavorare sulle loro moto. Inoltre come sappiamo il bicilindrico è svantaggiato su alcune piste dove la potenza e la velocità di punta sono molto importanti. Cercheremo di sopperire a questi svantaggi con il nostro lavoro e con la classe e l’esperienza di Checa».


In attesa che nel 2012 arrivi la nuova Ducati 1200.
«So ben poco della nuova Ducati Superbike. Come tutti i nuovi progetti avrà bisogno di un periodo di sviluppo e sarà certamente diversa dalle Ducati attuali, soprattutto nella parte ciclistica. Se decideremo di restare con Ducati saremo pronti a investire del tempo nello sviluppo della nuova moto. Dipenderà dai nostri sponsor e da come Ducati considererà la mia squadra. Se avremo un supporto maggiore e il mezzo si dimostrerà competitivo noi siamo disposti ad accettare il rischio e le problematiche che una nuova moto comporta. Personalmente io credo molto in un prodotto realizzato da un team competente come quello Ducati, composto da valenti tecnici e dall’ing. Preziosi. Essere Ducatista per me è una cosa naturale. Credo nelle missioni, anche in quelle più difficili, e so che se si affrontano con il cuore e con la passione si possono raggiungere gli obiettivi desiderati. Certo bisognerà lavorare duro ma se Ducati ci vorrà noi ci saremo».