Un ricordo del padre di Max Biaggi

Un ricordo del padre di Max Biaggi
Moreno Pisto
Pietro Biaggi è stato vicino come mentore, amico, consigliere e soprattutto padre, a uno dei più grandi talenti della storia del motociclismo. Qui raccontiamo dei retroscena che svelano un po' di più chi era Pietro, e qual era il rapporto che lo legava a suo figlio Max
20 maggio 2019

Ogni tanto ci penso, e ogni volta che ci penso sorrido. La storia è questa: la rivista Riders era appena nata, anno 2007, e per farla crescere e farne parlare avevamo bisogno di servizi a effetto: quindi, prima che la stagione di MotoGP cominciasse, ci venne in mente di riunire tutti i padri dei più bravi piloti italiani allo stesso tavolo, per farli parlare dei figli e far emergere aneddoti, rivalità, retroscena.

Contattammo i padri di Melandri, di De Angelis, Dovizioso, Capirossi e quello di Biaggi. Graziano Rossi, con furbizia, non volle partecipare: aveva probabilmente intuito che dal pranzo sarebbero uscite polemiche e cose che avrebbero messo in imbarazzo i propri figli. Proprio per questo, conoscendo la diffidenza di Max Biaggi, mai mi sarei aspettato che Pietro Biaggi rispondesse subito di sì alla mia richiesta, accettando senza esitazione l'invito già dalla prima telefonata. 

Il ritrovo fu in un ristorante di Forlì. Pietro Biaggi arrivò da Roma in treno. Me lo aspettavo diffidente, fu al contrario immediatamente cordiale, simpatico, ironico. Voleva un bene incredibile al figlio, ma quanto fosse incredibile questo bene non lo sapremo mai, lo sanno solo i diretti interessati, Pietro e Max, che da quando Max era piccolo si sono ritrovati da soli, loro due e la sorella di Max, senza la madre, coltivando una unione che non possiamo nemmeno lontanamente immaginare. 

Quando ci sedemmo per il pranzo con tutti i presenti, lasciai il registratore acceso al centro del tavolo. Non avvertii nessuno che avrei registrato ogni parola, anche se era chiaro per tutti che eravamo lì per fare un servizio che poi sarebbe stato pubblicato.

Naturalmente il vino e i piatti tipici romagnoli aiutarono a far perdere qualsiasi inibizione ai padri, che straparlarono di qualsiasi argomento.

Quando l'intervista fu pubblicata scoppiò il caos. I genitori che reagirono con più veemenza furono quelli di Melandri e di De Angelis. Il padre di Melandri, che aveva rivelato come suo figlio avesse già capito dal minuto uno che la sua prima stagione in Ducati sarebbe stata un fallimento, addirittura mi minacciò di salire a Milano per prendermi a coltellate (cosa che per fortuna poi non ha mai fatto...).

Pietro Biaggi invece se la rise dalla prima all'ultima riga. Il ricordo di quel pranzo che mi fa ridere è che, riascoltando la sbobinatura della registrazione prima di scrivere l'articolo, mi fermai su una domanda che proprio Pietro Biaggi rivolse al cameriere. Immaginate la scena: nel registratore c'erano una serie di voci che si accavallavano, tutti - essendo in Romagna - avevano ordinato lo squacquerone, il noto formaggio fresco e cremoso della zona, e nel delirio della gente che parlava e che gridava, si levò una voce, la sua voce, che urlò: "Ahò, ma che cazzo è sto squacquerone?". Sentendo la registrazione cominciai a ridere e ripensandoci mi succede ancora oggi.

Questo aneddoto ho provato a raccontarlo a varie persone, ma senza sentire il suo tono di voce così naturale, così romanesco, l'effetto non potrà mai essere lo stesso. A me fece ridere per la spontaneità di Pietro e per il fatto che lui non avesse mai sentito o assaggiato lo squacquerone, che già di per sé è una parola comica, figuratevi se pronunciata in romano stretto.

Mesi dopo, Max Biaggi fu il protagonista di una copertina. Io e Max passammo due giorni insieme a Montecarlo, Principato di Monaco. Max fu disponibilissimo, nonostante le domande piuttosto aggressive. Max rispose a tutte le accuse e a tutti i gossip che circolavano sul suo conto. Quell'intervista uscì in versione integrale, Max Biaggi la lesse solo dopo l'uscita in edicola e si arrabbiò molto, tutt'oggi non mi saluta, perché sicuramente - se l'avesse letta prima della stampa - avrebbe fatto cambiare molte frasi. Oggi di questo mi dispiace, io ero molto giovane, e negli anni successivi ho preso l'abitudine di mandare l'intervista ai diretti interessati, per segnalarmi eventuali errori prima della pubblicazione (cosa che comunque, in alcuni casi, non ha evitato polemiche). 

Quando rividi Pietro in qualche circuito, dopo questo episodio, da parte sua mi aspettavo freddezza e distanza. Lui in realtà sdrammatizzava sempre con qualche sua battuta, sempre in romanesco. E raccontava che non si era mai abituato a vedere Max correre, perché Max aveva cominciato tardi, a 19 anni, e lui continuava ad avere paura. Adesso Pietro non c'è più e Max ha scritto un post commovente, vero: "Tu per me ci sei stato sempre" si legge in una riga. 

Nell'intervista che gli feci, Max di suo padre disse: «Andavo alle corse con la Fiat Uno celeste di mio padre col carrello e la moto sopra. Era troppo stretta per potercisi cambiare, poi faceva un freddo... Nei primi anni mi guardavo intorno e già vedevo gente col camper, con i motorhome. Io sono partito dal niente. Dal niente. Mi ricordo che nella Sport Production dominavo con 20 secondi di vantaggio.

Ti racconto questa: il vincitore di una gara aveva diritto a un treno di gomme della Pirelli. Io vinsi, così dopo la gara andammo al camion Pirelli e il padre di un pilota, ignorando che fosse il premio, cominciò a urlare: “Vedi, Biaggi è veloce perché gli danno delle gomme speciali”. Si formò un gruppetto di curiosi e il responsabile della Pirelli chiamò mio padre, gli fece aprire il bagagliaio dell’auto, prese le gomme che c’erano dentro e disse a quel signore: “Queste sono le gomme con cui corre Biaggi. Io le do a lei e vediamo se suo figlio fa una corsa altrettanto buona”. Questo se le prese e andò via. La gara successiva ho vinto con i soliti 15-20 secondi di distacco. E il figlio di quello lì fece la sua solita gara. Vedi: già all’inizio della mia carriera mi accorsi che era un mondo pieno d’invidia».

In questo mondo pieno d'invidia Pietro è sempre stato accanto a Max. Se si potesse tornare indietro, quell'intervista a Max gliel'avrei fatta leggere prima, e avrei discusso con lui sulle modifiche. Ma questo non conta.

Questo è un personalissimo modo per esprimere le mie condoglianze a Max, dirgli che Moto.it è accanto a lui in questo momento, e dirgli pure che suo padre deve essere soddisfatto. Perché è stato vicino come mentore, amico, consigliere, padre, a uno dei più grandi talenti della storia del motociclismo di tutti i tempi.