Storie di concessionari: Triumph Sicilia

Storie di concessionari: Triumph Sicilia
Antonio Privitera
  • di Antonio Privitera
Salirono, perché dalla Sicilia viaggiare verso il continente si dice “salire”, a Milano su due automobili . Erano in tre ma decisero che due macchine era meglio...
  • Antonio Privitera
  • di Antonio Privitera
25 ottobre 2013


Salirono, perché dalla Sicilia viaggiare verso il continente si dice “salire”, a Milano su due automobili . Erano in tre ma decisero che due macchine era meglio, nel caso in cui Carlo Talamo avesse trattenuto uno di loro in ostaggio.

Lo incontrarono in un ristorante che inneggiava ad un attempato suino, dove il geniale importatore Triumph era di casa, nel 1993: in quel momento il mercato premiava le custom e le sportive giapponesi – tutte a carburatori - che invecchiavano dopo due anni. Talamo aveva una passione onesta e intransigente, e non fu semplice; ma fu anche grazie alla sua capacità di vedere lontano, riconoscendo passione autentica e capacità imprenditoriali, che Michele, Alfredo e Fabio alla fine di una serrata trattativa ottennero il mandato e nacque quella che oggi è l’organizzazione per la vendita e l’assistenza Triumph in Sicilia.

Alfredo ha in seguito ceduto la mano permettendo l’ingresso nella compagine sociale del tecnico Salvo Messina (che oggi è un solidissimo punto di riferimento per l’assistenza delle motociclette inglesi), completata da Michele Bruno di Belmonte e Fabio Milicucci.

Bel personaggio, Michele: durante l’adolescenza, mentre il padre tagliava il traguardo di una Targa Florio e un’altra storica competizione motoristica siciliana veniva intitolata al nonno - la “Coppa Belmonte” –, dava una mano in officina e in magazzino nella concessionaria di famiglia. Ma nel 1987 volta pagina: decide coraggiosamente di affrancarsi dalla guida paterna creando inizialmente una concessionaria di automobili di prestigio ma in Sicilia muta il clima sociale e ne riduce il mercato a numeri sempre più piccoli e meno entusiasmanti.

È a quel punto che Michele, Fabio e Alfredo fanno un gesto che oggi non si usa quasi più: alzano la cornetta e chiamano Carlo Talamo, da lì in avanti inizia l’avventura in Triumph.
 

Ottenuto il mandato, i tre soci individuano i locali per Triumph Catania – in tempi recenti diventata Triumph Sicilia- in un immobile appena fuori il centro pulsante della città in una via apparentemente poco indicata per un’attività commerciale: una via senza uscita, esattamente come l’entusiasmo che li porta a rischiare del proprio guidati da una passione verso le moto che non dà scampo ed è, appunto, senza via d’uscita. Oggi il giardinetto antistante la concessionaria, all’epoca abbandonato a se stesso e rifugio di tossicodipendenti, accoglie i clienti e gli amici che desiderano passare anche solo per un saluto o un caffè. Non si capita per caso da Triumph Sicilia, bisogna volerlo. Non è in un punto dove il perditempo di turno magari passeggia, s’incapriccia, entra per curiosità e fa le solite domande: quanto costa, prendete la permuta, grazie e a(mai più)rivederci. Michele mi rivela che i colleghi concessionari li prendono un po’ in giro per il loro stare in disparte e ai margini dal caos cittadino ma è una scelta tanto inusuale quanto desiderata e pagante. Fuori dal centro, fuori dalle consuetudini e dagli equilibrismi catanesi, si sta meglio. Del resto, se arrivi lì non sei un motociclista occasionale, sai già quello che vuoi e trovi Patrizia Tanasi (l’insostituibile punto di riferimento per le vendite e la cura del cliente, nonché ideatrice di accattivanti special) pronta ad ascoltare le tue esigenze e a proporti un test ride perché, prima di venderle, le moto vogliono farle provare. In centro città forse non è sempre così.


Patrizia e Michele sono legati da una longeva amicizia cementata dalla forte fiducia reciproca e sostengono che le moto vanno indossate come un vestito, bisogna sentirsele addosso, goderne della guida e della vista come di un bell’indumento si gusta la comodità e la congenialità al proprio stile. Anche fosse solo una T-shirt: ognuno di noi ha l’abito giusto per sé e la moto giusta per tutti non esiste; meno male, direi. Dal loro punto di vista se dovessero tracciare un paio di profili dei Triumphisti siciliani verrebbe fuori che il motociclista della costa est (Catania) è in genere giovane e smanettone, mentre quello della costa opposta (Palermo) è mediamente più amante delle moto classiche e con qualche anno in più sulla patente. Ma la differenza è più effimera di quanto si possa pensare, mi confidano i due amici: Triumph Sicilia desidera coccolare tutti i propri clienti, “motociclisti prima di tutto” puntualizza Michele, ai quali dedica iniziative, raduni, happy hour in giardino e incontri; le vendite delle moto inglesi reggono bene così come i numeri dell’immatricolato sia locale che nazionale dimostrano, soprattutto adesso che in tempi di vacche magre loro e pochi altri sono quelli che resistono meglio alle difficoltà della crisi economica: di questo e della notevole continuità aziendale Michele e Patrizia sono giustamente orgogliosi.

Scendiamo al piano inferiore per una visita in officina dove trovo tanta passione, un gran bell’odore di olio motore misto a benzina appena scaraffata e uno di quei disordini così organizzati ed efficienti da trasmettere immediatamente l’idea che qui si fa sul serio, evidentemente non mi trovo nel solito luogo dove l’attività principale è cambiare olio e filtro: sembra quasi un club o una sala gestazionale per la nascita di special, invece è anche il riferimento per l’assistenza isolana delle Triumph. Vorrei stare di più però qui si lavora sodo e la mia presenza, per quanto tollerata o gradita, temo possa diventare invadente. Cerco di andarmene, poi mi guardo intorno e trovo facce sorridenti, clienti con i caffè in mano, Michele che scherza con Giacomo e con tutto il personale della concessionaria, sento un’atmosfera rilassata e mi viene quasi voglia di comprare una T100 e portarla qui, giusto per godere anch’io dello stesso fascino che fa un po’ Ace Cafè, un po’ famiglia allargata, un po’ fai come cavolo ti pare. Intanto mi metto comodo, poi vediamo.

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