Ride in the USA. Mexico!

Ride in the USA. Mexico!
Pietro Ambrosioni
  • di Pietro Ambrosioni
Sono entrato in Messico alle 6.45 di sabato mattina e alle 14.30 ero già in coda al confine per rientrare in USA. Questa mia prima esperienza in Baja California è durata dunque meno di 8 ore… ed è per questo che sabato prossimo ci tornerò
  • Pietro Ambrosioni
  • di Pietro Ambrosioni
27 aprile 2016

Chiariamo subito una cosa: sono entrato in Messico alle 6.45 di sabato mattina, e alle 14.30 ero già in coda al confine per rientrare in USA. Questa mia prima esperienza in Baja California è durata dunque meno di 8 ore… ed è per questo che sabato prossimo ci tornerò. Più a sud e per una gara più lunga che ci costringerà a pernottare nel deserto.
Non mi spaccio dunque per un intenditore, anzi, scrivo queste righe per condividere con voi la mia prima esperienza in Messico e la mia prima gara “Baja style”.

Erano anni che volevo farlo, ma, come per ogni cosa, c’è bisogno della spinta finale per alzare il fondoschiena e fare in modo che i sogni si trasformino in realtà. Come dicevo settimana scorsa, l’invito da parte del mio amico Robert Nantista ha messo in movimento il volano che mi ha prima spinto a finire il restauro della mia XR250, e poi guidare per tre ore da Los Angeles fino a Tecate per schierarmi al via della mia prima “Carrera”.
Il nostro gruppo al confine era composto da Robert, sua figlia Alessandra e Cyril, un amico francese che da sempre vive a San Diego, anche lui malato di Baja.

Messico, arrivo

L’ingresso in Messico è del tutto indolore, appena vedono le moto sono tutti sorridenti, e alla fine l'unico controllo che fanno è verificare che i documenti corrispondano al numero di telaio. Per entrare in Messico ci vuole anche un’assicurazione temporanea per il pick-up (si fa online e costa $25) ma nessuno me l’ha chiesta.
Una volta “dentro”, ci si trova proiettati in un mondo che sembra lontano non solo miglia, ma anni da quanto lasciato dietro. È il fascino del Messico e di tutti i paesi latini: casette in stile coloniale, cartelloni colorati stinti dal sole, profumo di cibo e alberi in fiore, musica a manetta che esce da ogni finestra (si, alle 7 del mattino).

La prima sosta è per fare colazione: un burrito che, come da copione, ci mette mezz’ora ad arrivare, ma è il migliore che abbia mai assaggiato (probabilmente sono io che sono sovra agitato come una ragazzina prima del concerto dei Take That). Da li si prende la statale 2 in direzione Mexicali, e dopo poche miglia arriviamo a Rancho Villareal, sede della gara di oggi.

Con Robert al via
Con Robert al via

Il tracciato da 5 miglia parte su una pista di motocross, ma passa subito ad una serie di rettilinei sabbiosi prima di arrampicarsi su tre diverse colline, e concludersi con un altro infinito rettilineo di gobbe sabbiose. C’è pure il classico ponte sotto l’autostrada, come in qualsiasi videogame di gare in stile Baja!
All'iscrizione non vogliono sentir ragioni e mi ammettono gratuitamente: sono il concorrente 816 nella classe 40+: mi danno due adesivi col numero (uno per tabella davanti e uno per il fianchetto sinistro) e un adesivo che contiene il trigger per il transponder. Quello lo devo attaccare dietro la tabella anteriore.

Il briefing piloti è veloce e bilingue, spagnolo e inglese. Il tracciato è tutto segnato e ci sono i marshall, dunque non dovrei perdermi, ma per essere sicuro mi prendo dietro il GPS e ci registro le coordinate dove ho parcheggiato il mio pick-up.

Subito prima del via mi accorgo che ho sbagliato a passare il cavo del decompressore, e quando il manubrio è tutto chiuso si alza la valvola e il motore si spegne. Robert me lo scollega in fretta e furia (in effetti su una 250 il decompressore è inutile) e assieme andiamo ad allinearci. Si parte uno alla volta ogni 20 secondi, e in men che non si dica mi trovo dietro alla bandiera verde. Pronti, via, e già sono in crisi perché la XRina non da il meglio di sé sulla pista da Cross.
Robert mi passa subito, e come lui quasi tutti gli altri. Dopo la pista passo sulle gobbe di sabbia per circa un chilometro e poi attacco la prima salita: la gara è di 90 minuti più un giro, ma io dopo sette minuti sono già stravolto. Il caldo è opprimente e la polvere mi secca la gola, meno male ho il Camelbak. Faccio la prima salita in debito di ossigeno e dopo poco non sento più le braccia: il sentiero è sabbioso, e a bassa velocità la moto va da tutte le parti… cosa non bella quando devi passare tra enormi sassi e scansare canali scavati dall’acqua chissà quanti mesi fa. Alla fine della prima collina, dopo la discesa, mi fermo un attimo per chiedermi se sia il caso di continuare.

La verità è che mi sto divertendo come un matto, per cui, appena mi sembra di sentire di nuovo le dita delle mani, rimetto in moto e via... La seconda salita è ancora peggio della prima, e il fatto di essere già stanco non aiuta. Mi fermo in cima con la scusa di fare qualche foto, e dopo un attimo i primi mi passano di nuovo: eh già, io non sono nemmeno a metà del primo giro e loro sono già al terzo! Comunque il posto è da favola, e le foto escono magnifiche. Riprendo sul tratto in discesa dove a turno lascio passare gli altri concorrenti che via via mi raggiungono, e mangio altra polvere. Alla fine della discesa sono talmente stanco che sbaglio strada, e Giovany (l’organizzatore) mi deve inseguire con il suo quad per rimettermi nella giusta direzione. La terza collina è meravigliosa: non così estrema come le prime due, mi godo il paesaggio, anche se rischio un paio di cappottoni sul primo tratto in discesa sulle rocce.

 

La XRina si comporta benissimo: si arrampica come una capretta e in discesa resta ben bilanciata anche se la sella è molto scivolosa e delle volte mi crea problemi

La XRina si comporta benissimo: si arrampica come una capretta, e in discesa resta ben bilanciata anche se la sella è molto scivolosa, e delle volte mi crea problemi. Alla fine del tratto roccioso (la chiamano la cascata anche se l’acqua, qui, credo non l’abbiano mai vista) mi fermo per riprendere fiato e fare altre foto. Dovrei essere quasi alla fine del primo giro, ma non vedo niente attorno. Faccio altre foto ai primi e a Robert (che sta dominando la classe 50+ sulla sua Husqvarnona 300 2t), poi riparto per l’ultimo tratto. Una lunga discesa abbastanza tecnica, che sfocia in un infinito sandwash da fare a tutto gas. La sabbia è molto profonda e “mangia” cavalli, per cui la mia XR250R non tiene più della terza e senza sufficiente velocità sbacchetta da tutte le parti: ma io godo comunque, mi sembra di essere nel film “Dust to Glory”! Passo sotto il ponte dell’autostrada, e dopo circa un altro chilometro arrivo al via. Sto per lanciarmi (si fa per dire) di nuovo sul campo da cross quando una vocina mi dice “dai che per oggi è abbastanza”, e in quel lo stesso momento mi accorgo di non aver più niente da dare fisicamente. Decido quindi per una ritirata onorevole: dopo un solo giro, ma con il morale alle stelle e la soddisfazione di non aver dato nemmeno una facciata (ma un paio di urla di terrore le ho tirate, lo ammetto).

Mi metto a fare altre foto, mentre Robert vince la categoria 50+ e Cyril vince la 40+ sulla sua Beta 300 2t. Purtroppo non avremo tempo di ritirare i trofei, perché oltre una certa ora la coda al confine per rientrare in USA diventa infinita. Carichiamo dunque le moto in tutta fretta, e partiamo per tornare verso Tecate, dove comunque ci aspetta una coda di 50 minuti. Non esattamente breve, ma ho sentito storie dell’orrore a Tijuana, con code da 4 a 5 ore. Per me l’attesa non è drammatica, perché non essendo mai stato qui mi godo il teatrino di venditori ambulanti, questuanti e cani randagi, che letteralmente assalta le macchine ferme in attesa.

Marciamo paralleli all’infame muro che divide Messico e USA: di la è uno sfregio al paesaggio, ma da questa parte lo hanno messo subito al loro servizio, dipingendoci decine di insegne pubblicitarie.
Al momento di rientrare in USA mi spiace di dover già lasciare il Messico dopo poche ore, ma ormai il “Baja Bug” ha punto anche me, e sono infetto: sto già pensando di trasferirmi a San Diego per poter essere più vicino al confine!

 

L' intervista a Giovany Escobar (CEO di Puerta MX Racing)  


«Mio padre ha iniziato a organizzare gare di Motocross a fine Anni Settanta assieme a un gruppo di amici. Il tracciato era all’interno di una proprietà chiamata Puerta Ranch, e da qui arriva il nome del club.

Il gruppo continuò ad organizzare gare per circa 5 anni, ma poi il ranch venne venduto e fu la fine di un capitolo. Il ranch su cui siamo oggi è invece di proprietà di un cugino di mio padre, che lo ha però dato in affitto alla MDR Racing, un club americano che organizza gare di auto nel deserto. Quando il cugino di mio padre è morto, nel 1999, mio zio, che faceva già parte dell’organizzazione delle gare di auto, ci ha chiesto di occuparci della sezione dedicata alle moto, così il Puerta MX Racing è risorto».

Come vi distinguete dagli altri promoter in Baja California?

«La maggior parte degli altri club organizza gare per auto, moto e quad, in puro stile “Baja”. Quindi rettilinei infiniti di gobbe sulla sabbia e gas a manetta. Noi ci siamo specializzati in gare sui single trail, ovvero sentieri singoli dove possono transitare solo le moto, più tecnici e più lenti».

Parlami del vostro Campionato

«Attualmente abbiamo 5 o 6 gare ed è il massimo che riusciamo ad organizzare senza che diventi un lavoro a tempo pieno. Vogliamo divertirci, prova ne sia che mio padre, dopo aver lavorato tutta settimana per preparare il tracciato, corre ancora nella categoria 50+. Il bello è che adesso la gente viene da noi e ci offre i loro ranch dove andare a disegnare il tracciato, quindi abbiamo il supporto di tutta la comunità di Tecate.
La cosa interessante è che le prime 2 o 3 gare le organizziamo sempre su terreni collinosi e con molti sentieri tecnici. Le ultime due gare sono però d’estate e fa troppo caldo per stare sui sentieri, dunque ci spostiamo sui sandwash (le tipiche infinite tagliafuoco che si vedono nei filmati della Baja 1000 - nda), perché serve un minimo di velocità per arieggiare uomini e mezzi e non andare in ebollizione!».

Qui non siamo negli USA, dove sono paranoici riguardo la sicurezza, ma lo stesso hai messo assieme un team affiatato di professionisti che ti seguono ogni anno

«Sì, oggi per esempio su un giro di circa 5 miglia abbiamo 10 persone piazzate nei punti strategici e tutti hanno la radio e sono in moto. Per darti un’idea, il nostro amico Willy, un pilota locale di Tecate, oggi è caduto e si è infortunato ad un piede: lo abbiamo raggiunto sulle rocce in meno di cinque minuti e in meno di un quarto d’ora era già qui caricato in ambulanza».

Contate di espandervi ulteriormente?

«Come dicevo, questo è il livello al quale ancora ti diverti e non è un lavoro a tempo pieno. Ci vuole tempo per preparare il tracciato, ed anche soldi per tutte le infrastrutture, come ad esempio il camion dell’acqua, la struttura d’arrivo e il trailer della Direzione Gara. No, non vogliamo crescere ulteriormente, ci va bene così».

Quanti partecipanti avete in media alle gare?

«Oggi è il numero minimo di moto che abbiamo avuto negli ultimi tre anni: erano solo 30, mentre di solito ne abbiamo tra le 50 e le 60. Ma c’era una gara poco lontano da qui, e sono già avanti nel loro campionato, quindi molti piloti hanno scelto di correre là per fare punti. Qui invece era la seconda gara del nostro campionato, dunque la gente ha fatto delle scelte. Poi ci sono i Minicross e i Quad: oggi abbiamo 15 ragazzini nel Minicross, su un tracciato ridotto, poi correranno circa 30 Quad, ma solo sul tracciato Baja e ovviamente non sui sentieri, dove non riuscirebbero a passare».

 

 

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