Ride in the USA: Brother Moto e la burocrazia cieca

Ride in the USA: Brother Moto e la burocrazia cieca
Pietro Ambrosioni
  • di Pietro Ambrosioni
Dal Sud Africa il nostro Ambrosioni ci racconta... dell'evoluzione della vicenda del Social Workshop di Atlanta
  • Pietro Ambrosioni
  • di Pietro Ambrosioni
26 agosto 2015

Questa settimana vi scrivo dal Sudafrica dove sto facendo un bel giro in moto, di cui però vi parlerò settimana prossima perché oggi è stato il primo giorno in moto e a parte qualche bel drittone sulla sabbia rossa non ho ancora molto altro da segnalare. Vi parlo invece di una vicenda che mi ha fatto capire definitivamente che tutto il mondo è paese.

Ve la ricordate la storia di Brother Moto, il motoclub/negozio di Atlanta che avevo presentato qualche settimana fa? Un concetto nuovo per una città che si sta pian piano ricavando uno spazio interessante sulla mappa motociclistica americana (ad Atlanta si trova anche la Triumph USA e recentemente ci si sono trasferite le sedi di Suzuki e Yamaha America). Beh, i due giovani proprietari stanno recentemente passando attraverso un inferno burocratico che rischia di costringerli a gettare la spugna. Forse sto esagerando, ma potrebbero essere costretti a trasferirsi rinunciando ad una sede spettacolare in una zona perfetta per il loro business model.

Anzi, proprio a proposito di business model, Brother Moto sta riscuotendo molto successo tra i motociclisti della capitale della Georgia, e forse questo da fastidio a qualche concorrente… ma per una volta non voglio fare della dietrologia.

Veniamo ai fatti: Brother Moto si trova in una zona che si chiama EAV, ovvero East Atlanta Village. Poco più di un crocevia “fighetto” incastonato in uno dei peggiori ghetti di Atlanta, EAV in pochi anni si è trasformato da quartiere di spaccio a polo alternativo, con diversi atelier di artisti e locali di musica progressive. Questa trasformazione non è passata inosservata agli speculatori edilizi che recentemente hanno cavalcato l’onda della gentrification e tutta la zona, invasa da uno sciame di hipster, ha visto i prezzi schizzare alle stelle: tutto è quadruplicato, dal boccale di birra al metro quadro in affitto.

Il comune di Atlanta a sua volta ha colto a palla al balzo ed ha emesso una serie di regolamenti che determinano la destinazione d’uso ammissibile per l’intera zona, che ora accetta solo retail, ristorazione e uso residenziale, ovvero le tre categorie che prevedono la maggior tassazioneI ragazzi di Brother Moto ovviamente sapevano bene di tutto questo, e per essere sicuri hanno ottenuto i permessi necessari con largo anticipo, prima ancora di dare la prima mano di bianco al negozio.

Ora però la città di Atlanta ha improvvisamente (e “misteriosamente”) cambiato idea e ha determinato che il tipo di business di Brother Moto non è compatibile con lo zoning di EAV. Se ben ricordate Brother Moto è innanzi tutto un club dove i soci possono lavorare sulle proprie moto, e a questo aggiunge una parte negozio e ora anche un piccolo bar/caffè. L’area officina non è in effetti un servizio di officina vero e proprio (dove porti la moto rotta e la ritiri riparata, per intendersi): i tre ponti di lavoro sono utilizzabili solo dai soci per lavorare sulle proprie moto. Il costo di utilizzo di ponti e attrezzi vari è coperto dalla tessera d’iscrizione annuale.

Di punto in bianco però la città di Atlanta ha deciso di dimenticare il discorso motoclub, negozio e bar per concentrarsi sul fatto che Brother Moto “sembra” un’officina e dunque non può mantenere la propria sede all’interno del quartiere di EAV. Purtroppo non ci sono molte vie d’uscita: o la città torna sui suoi passi ed interpreta Brother Moto nel modo giusto, o la sua sede dovrà cambiare, con un impatto devastante visto che il negozio è mirato in modo chirurgico a stuzzicare le fantasie motociclistiche della clientela hipster.

Sinceramente mi dispiacerebbe molto vedere un simile progetto sminuito dalla cieca (ma siamo proprio sicuri che non sia pilotata?) burocrazia: Brother Moto mi è piaciuto sin dal primo momento in cui ci ho messo piede e credo che possa essere un fantastico crogiolo dove creare una nuova generazione di motociclisti.

I proprietari del negozio non stano certo a guardare e stanno lottando su tutti i fronti. Oltre a mettersi in mano ad un legale hanno anche lanciato una petizione che può essere sottoscritta online e che ha già raggiunto più di 40mila firme. Spero davvero che tutto si risolva per il meglio e che il rullo tritatutto della burocrazia non l’abbia vinta anche questa volta!

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